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Curriculum vitae falso: nessun risarcimento per il licenziamento

Niente risarcimento per chi partecipa a una selezione, dichiarando titoli inesistenti, e poi viene licenziato dopo l'assunzione


di Annamaria Villafrate - Attenti a mentire sul curriculum vitae. Chi ha superato una selezione, esibendo titoli inesistenti non può avere diritto neanche al risarcimento del danno in caso di licenziamento, nonostante il recesso dell'azienda sia invalido. Queste le conclusioni del Tribunale di Trapani, nella sentenza n. 522/2019 (sotto allegata), rigettando la richiesta di un dipendente che ha partecipato ad una selezione per direttore generale in mancanza dei requisiti specifici richiesti.

Licenziamento e ricorso del lavoratore

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Un soggetto ricorre al Tribunale esponendo di aver preso parte a una selezione finalizzata al reperimento di un Direttore generale, pubblicizzata su un sito internet in cui venivano indicati nel dettaglio tutti i requisiti per prendervi parte. Di avere quindi sottoscritto apposita autocertificazione attestante il possesso dei requisiti richiesti e di essere infine risultato vittorioso, tanto che veniva assunto con contratto a tempo determinato per la durata di tre anni.

Dopo quasi due mesi dall'assunzione però riceveva comunicazione da parte della società datrice che era stato avviato un procedimento finalizzato ad annullare d'ufficio la delibera consigliare che aveva disposto l'assunzione perché, dai controlli effettuati era emerso che in realtà il soggetto aveva conseguito una laurea in lingue, che non rientrava tra i titoli richiesti per partecipare alla selezione finalizzata all'assunzione. Il neo assunto impugna quindi il recesso datoriale chiedendo inizialmente il risarcimento del lucro cessante, ovvero la retribuzione che avrebbe percepito durante tutta la durata del rapporto) e il danno emergente, consistenti nelle spese di trasloco, oltre al risarcimento per danno all'immagine. Nella successiva memoria integrativa però il ricorrente espone di rinunciare alla domanda di ristoro per lesione dell'interesse negativo, ma non a quelle relative al danno dell'interesse positivo.

Il recesso datoriale è un atto di licenziamento

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Il Tribunale di Trapani qualifica preliminarmente il recesso datoriale come un vero e proprio atto di licenziamento, ma nel momento in cui si pronuncia sulle richieste risarcitorie avanzate dal lavoratore chiarisce che in caso di recesso illegittimo da un contratto a tempo determinato, non si può applicare la tutela reintegratoria, ma ci si deve rifare ai criteri risarcitori civilistici.

Il lavoratore in sostanza può chiedere il risarcimento del lucro cessante da identificarsi con le retribuzioni che avrebbe percepito fino alla scadenza del contratto. Tale tutela però non opera automaticamente. Occorre infatti verificare se effettivamente si è verificato un danno nella sfera patrimoniale del lavoratore. In questo caso la questione dirimente è che il lavoratore era stato assunto, ma era previsto un periodo di prova di sei mesi, concluso il quale la società era libera di recedere da contratto di lavoro. Si ritiene pertanto che nel patrimonio del lavoratore si sarebbe comunque verificata una perdita economica scaturente però dall'esercizio del potere di recesso collegato al patto di prova, insindacabile da parte del giudice.

Niente risarcimento per il lavoratore che viola i doveri di correttezza e buona fede

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La questione centrale del presente giudizio è quindi quella relativa alla esistenza o meno di un danno ingiusto prodottosi nella sfera giuridica del ricorrente a causa del licenziamento della società.

Come già chiarito, in caso di recesso datoriale da un contratto a tempo determinato deve farsi applicazione delle tutele civilistiche, compresa quella dell'art 1227 c.c. il quale dispone che "se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza."

Occorre chiarire a questo punto, alla luce di quanto appena detto che il danno lamentato dal lavoratore è scaturito dalla partecipazione alla selezione, pur nella consapevolezza di non avere i titoli richiesti. Non rileva che il lavoratore non abbia dichiarato il falso nell'autocertificazione inviata. Egli sapeva di non poter prendere parte alla selezione, per cui non poteva riporre nessun affidamento, neppure temporaneo, sull'esito positivo della gara. Egli quindi non può avanzare alcuna pretesa risarcitoria perché il danno di cui si lamenta è scaturito dalla violazione delle norme civilistiche poste a tutela della buona fede e della correttezza nella fase delle trattative contrattuali.

Leggi anche:

- Il licenziamento

- Il contratto a tempo determinato

- Curriculum vitae: guida e fac-simile

Data: 16/11/2019 14:00:00
Autore: Annamaria Villafrate