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Permesso donazione sangue non effettuata: quando è reato

Per la Cassazione, chi usa i permessi retribuiti per donare il sangue producendo certificati medici falsi, ma poi non va all'Asl commette i reati di truffa e falsità materiale


di Annamaria Villafrate - Va condannato per truffa e falso materiale chi usa i permessi retribuiti con la scusa di dover donare il sangue, ma poi produce al datore di lavoro certificati medici falsi e non va all'Asl per effettuare la donazione. Questo quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 3439/2020 (sotto allegata) che, a parte un errore materiale da correggere nel provvedimento del giudice d'appello, per il resto conferma tutto, disponendo l'irrevocabilità del giudizio di responsabilità del pervenuto per gli addebiti a suo carico.

Truffa e falsità materiale in certificati amministrativi

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La Corte d'Appello, in parziale riforma della sentenza del Gup e accogliendo l'impugnazione del Procuratore, dichiara l'imputato colpevole anche del reato di falsità materiale in certificati amministrativi ai sensi dell'art. 477 e 482 c.p, determinando la pena in un anno e sei mesi di reclusione e 500 euro di multa.

L'imputato, dipendente della Sovraintendenza per i beni architettonici, paesaggistici e storico artistici è accusato di aver fruito dei permessi retribuiti in diverse giornate lavorative durante le quali avrebbe dovuto donare il sangue presso la Asl, attestate da certificazioni, risultate false, rilasciate da due sanitari.

Il ricorso in Cassazione

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Il difensore dell'imputato ricorre in Cassazione lamentando:

Truffa e falso materiale per chi usa i permessi per donare il sangue ma poi non lo fa

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La Corte di Cassazione con sentenza n. 3439/2020 dispone la correzione dell'errore materiale rilevato, rigetta le doglianze residue, conferma in parte la decisione impugnata e ne dispone quindi solo l'annullamento parziale.

Analizzando i primi tre motivi del ricorso con i quali si contesta il difetto di determinazioni relative ai reati di truffa aggravata e sostituzione di persone la Corte ne rileva la totale infondatezza.

La Corte territoriale, in relazione al reato di truffa ha negato le carenze probatorie lamentate con l'impugnazione per quanto riguarda le donazioni di sangue dell'imputato presso l'Avis. Le doglianze dell'imputato sono risultate generiche e gli approfondimenti istruttori sono stati ritenuti superflui visto che il reo ha prodotto al proprio datore di lavoro certificati medici materialmente falsi attestanti le donazioni di sangue presso la Asl.

La difesa inoltre non ha sollevato alcun gravame in ordine al reato di sostituzione di persona per cui gli Ermellini ritengono che la sentenza d'appello non fosse tenuta a rendere motivazione alcuna alla propria decisione sul punto.

Per quanto riguarda il dispositivo della sentenza, la corte precisa che i giudici, facendo ricorso alla particella aggiuntiva "anche" riferita al delitto ex art. 477/482 cod. pen", hanno inteso chiaramente estendere la responsabilità dell'imputato al delitto di falso, affiancandola così agli altri addebiti contestati.

Accogliendo la doglianza del difensore dell'imputato, la Corte ritiene che in ogni caso è vero che il giudice d'appello ha omesso di confermare le statuizioni residue adottate dal Tribunale, dopo la parziale riforma della decisione. In questo modo è incorso in un mero errore materiale che si può correggere applicando la procedura prevista dall'art 130 c.p.p perché di fatto non incide sul contenuto della pronuncia, tenendo conto di quanto illustrato in motivazione e del tenore implicito del dispositivo.

Per quanto riguarda infine la contestazione relativa alla determinazione della pena la Cassazione ne rileva i vizi esponendo le modalità di calcolo che il giudice dell'impugnazione avrebbe dovuto eseguire.

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Data: 29/01/2020 15:00:00
Autore: Annamaria Villafrate