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Il diritto sostanziale prima delle relazioni familiari disfunzionali

L'autrice scandaglia le dinamiche intrafamiliari mostrando come l'osservanza del diritto sostanziale sia in grado di preservarne funzionalità e fecondità


Si ricorre sempre più spesso alle aule giudiziarie, in sede civile e in sede penale, per risolvere le disfunzioni familiari. Si dimentica, invece, di conoscere la tutela del diritto sostanziale (sia statale sia internazionale) in materia relazionale che consente una forma di coscientizzazione personale, di solidarietà in senso lato (come previsto nell'art. 2 Costituzione) e soprattutto di prevenzione.

Casi di violenze alle donne, conflitti di coppia, scelte sentimentali sbagliate, dinamiche sfasate di coppia, stili educativi inadeguati affondano le loro radici nelle dipendenze affettive generate dalle famiglie d'origine con padre violento e madre sottoposta, padre assente e madre oppressa e opprimente, padre anaffettivo e madre ossessiva e possessiva e altre situazioni simili. Così i figli crescono sentendosi in colpa, ritenendosi la causa della disarmonia genitoriale e familiare e sviluppano un atteggiamento servile, succube nei confronti del genitore debole per colmare il vuoto che ha dentro sino a un'inversione di ruoli. I genitori dovrebbero attenersi alle indicazioni degli articoli 147 e 315 bis comma 1 cod. civ. (in particolare l'obbligo di assistere moralmente i figli) e art. 6 comma 2 legge 184/1983 sull'adozione, come modificata dalla legge 149/2001 ("I coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare", potendo ritenere tutti i figli una forma di adozione dalla vita), non solo come obblighi giuridici ma anche come orientamenti per non nuocere alla sfera sentimentale e sessuale dei figli e allo sviluppo della loro personalità. Si chiede ai genitori che siano "idonei" ("idoneo", letteralmente "proprio) e "capaci" ("capace", letteralmente "che può contenere"): idoneo è colui che ha le qualità e i requisiti necessari per svolgere dei compiti, per esercitare una funzione.

La genitorialità può essere considerata un lavoro, un'attività o una funzione che concorre al progresso materiale e spirituale della società (mutuando le locuzioni dell'art. 4 Costituzione). Prima di diventare genitori e nel diventare genitori bisognerebbe fare non un "percorso di consapevolezza" (concetto abusato), con o senza esperti, ma con coraggio e coerenza un esame a ritroso sui propri tasti dolenti e nodi irrisolti per capire se si è pronti a caricarsi della responsabilità del figlio (art. 316 cod. civ. rubricato "Responsabilità genitoriale") e non a caricare o scaricare su di lui quello che non va o non si è avuto. La genitorialità dovrebbe essere espressione di adultità dell'essere e maturità dell'amare. La psicologa e psicoterapeuta Luisa Fossati spiega: "La dipendenza affettiva ha origini nella storia di vita personale […]. Generalmente si tratta di persone che hanno appreso fin da piccole che l'amore è possibile solo con il sacrificio di sé. Un esempio tipico è un genitore alcolista con un bambino che si prende cura del genitore stesso sperando che, aiutandolo bene e mettendo da parte i suoi bisogni, il genitore un giorno ci sarà per lui. Se prendiamo come punto di riferimento il modello degli stili di attaccamento di Bowlby, possiamo dire che le persone dipendenti affettive spesso hanno avuto un attaccamento insicuro-ambivalente: il caregiver era presente ma, a causa delle sue fragilità, poteva garantire una presenza emotiva intermittente. La persona, in una fase molto precoce del suo sviluppo, ha vissuto quindi il dramma del conflitto tra il bisogno di una considerazione positiva di sé da un lato e il bisogno di accettazione da parte del genitore dall'altro. In altre parole, ha imparato presto che, per poter essere amata, doveva mettere da parte aspetti di sé e attendere che il genitore, una volta "aggiustato", fosse disponibile. Raramente, però, la speranza si realizza e quello che nel lungo periodo viene sperimentato è la disperazione del non sentirsi visti e amati, associata a un misto di attesa e speranza. Si comprende, quindi, da dove nasca l'ambivalenza: da un genitore che non c'è ma che si spera possa diventare un giorno recettivo e attento"[1]. Un'indicazione basilare è quella contenuta nel Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia ove si legge che il fanciullo deve crescere "in un'atmosfera di felicità, amore e comprensione". L'amore è il moto verso l'altro (etimologicamente "desiderio, passione"), la comprensione è prendere insieme, contenere in sé, quindi è un riconoscere l'esistenza di un altro, infine la felicità è fecondità, produzione, è una fuoriuscita. I figli sono vettore di vita e non l'asse della propria vita: "[…] ogni fanciullo ha un diritto innato alla vita" (art. 6 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia) e non esiste il contrario, ovvero il diritto ad avere un figlio.

La scrittrice francese Irène Némirovsky scriveva in un suo romanzo: "Il tono è lo stesso di quando lui aveva dodici anni, sebbene adesso ne avesse ventiquattro; ciò nonostante, quella voce affettuosa e autoritaria aveva un tale potere su di lui che le obbediva ancora"[2]. Le madri devono trasmettere ai figli, specialmente ai maschi, un amore "misurato" ("misura" letteralmente implica il confronto tra due grandezze e ha la stessa origine etimologica di "mensa", altra componente importante in una relazione affettiva) che non sia morboso, "incestuoso", "castrante" o cagionante dipendenza affettiva. Il fanciullo ha diritto di conservare la propria identità, nome e relazioni familiari (dall'art. 8 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia): una armoniosa maturazione dell'identità, un nome che non sia ridicolo o un nomignolo che non lo segni per tutta la vita, un nome proprio e scelto con amore (e non massificato e spersonalizzante come «amore» o peggio «amo'»), sane relazioni familiari. "Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti" (art. 315 bis comma 2 cod. civ.). "Crescere" (dalla stessa radice di "creare") è "andare formandosi" ed è proprio la dimensione esistenziale ed essenziale dell'essere figlio.

Osvaldo Poli, psicologo e psicoterapeuta, ricorda: "Le rondini hanno un metodo infallibile per insegnare ai loro piccoli a lasciare il nido e volare: non portano loro il cibo per tre giorni. Non si sono mai viste rondini incapaci di volare". Essere genitori è dare la vita e dare alla vita senza deficienze affettive né dipendenze, senza forzature né egoismi, tra cui la "sindrome del nido vuoto". Il legislatore richiama per tre volte nel codice civile (artt. 147, 315 bis comma 1 e 316 comma 1) le capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni dei figli di cui i genitori devono tener conto.

Anche il pedagogista Daniele Novara richiama: "Quando la relazione da educativa rischia di diventare morbosa la sensazione di emergenza si fa molto alta. Non ne vale la pena. Mantenere la giusta distanza consente ai figli di costruire un loro legittimo e creativo spazio di libertà". I bambini devono respirare amore e nell'amore, ma non rimanerne invischiati, asfissiati, soffocati (dall'ipercura alla dipendenza affettiva). "[…] il fanciullo per il pieno ed armonioso sviluppo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare, in un'atmosfera di felicità, amore e comprensione" (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia): "ambiente" e "atmosfera", qualcosa che circonda, lambisce il bambino ma senza opprimerlo. "[…] ogni fanciullo ha diritto alla salute; ogni fanciullo deve poter godere di un ambiente non inquinato, di un alloggio salubre e di un'alimentazione sana" (art. 8.30 Carta europea dei diritti del fanciullo, 1992): il primo ambiente non inquinato (privo anche del cosiddetto "inquinamento psichico") che deve fornire un alloggio salubre e un'alimentazione sana è la famiglia (disposizioni già formulate nella Carta dei Diritti del fanciullo al gioco e al lavoro, 1967). La famiglia è disciplinata, nella Costituzione, sotto il Titolo II "Rapporti etico-sociali", agli articoli 29-31, dopo la disciplina dei "Rapporti civili" e prima della salute, perché dovrebbe essere una "roccaforte", luogo privilegiato di espressione ed esercizio delle libertà inviolabili (libertà personale, libertà di domicilio e libertà di comunicazione, artt. 13-15) e culla della salute (art. 32).

Saper parlare a bambini e ragazzi, specialmente nei momenti più delicati (per esempio in caso di crisi di coppia), senza fuggire mai dai problemi è quello che dovrebbero recuperare e fare genitori e educatori, capaci di essere veri adulti aventi cura e responsabilità delle persone più giovani loro affidate dalla vita e nella vita. Per promuovere veri adulti, aventi cura e responsabilità, occorrerebbe sviluppare la medicina preventiva, l'educazione dei genitori e l'informazione ed i servizi in materia di pianificazione familiare (art. 24 lettera f Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia), interpretando "pianificazione familiare" non solo come controllo delle gravidanze ma come progettazione della famiglia dalla formazione della coppia in poi. Prima di concepire la famiglia bisognerebbe avere la stessa concezione di coppia.

"Coppia", da "copula", unione, legame, come l'accogliere in un ampio abbraccio: quello che dovrebbe essere il senso di protezione dell'amore e non mettersi in ginocchio ai piedi di qualcuno o tenerlo avvinto a sé senza farlo respirare. Bisogna fare attenzione a non confondere o tramutare l'amore con la dipendenza affettiva che si manifesta sempre più spesso nella coppia o in famiglia. Quando due persone sono entrate in comunicazione, l'una continua a dimorare nella vita dell'altra anche nel silenzio e nella distanza. Quando con qualcuno si può stare in silenzio, si è raggiunto il massimo della sintonia e si eleva una sinfonia e la distanza diventa nuova speranza. Nella coppia ci vuole pure la giusta distanza che non è allontanamento dall'altro, ma rispetto della sfera più intima dell'altro e rientra nell'obbligo coniugale reciproco all'assistenza morale di cui all'art. 143 comma 2 cod. civ.. Così il sodalizio di una coppia. "Ci si innamora così, cercando nella persona amata il punto a nessuno rivelato, che è dato in dono solo a chi scruta, ascolta con amore. Ci si innamora da vicino, ma non troppo, ci si innamora da un angolo acuto un poco in disparte in una stanza, presso una tavolata, seduto su un gradino mentre gli altri ballano" (lo scrittore Erri De Luca in "Tu, mio"). Amare è stabilire la giusta distanza che non sia né indifferenza né dipendenza: è questa la differenza. Per ristabilire quest'equilibrio, talvolta è necessario ricorrere alla terapia di coppia o ad altri interventi professionali. "Equilibrio", "peso uguale", che implica l'obbligo reciproco coniugale alla collaborazione nell'interesse della famiglia (art. 143 comma 2 cod. civ.) che diviene l'ago della bilancia.

La coppia deve costituire e costituirsi in un adeguato linguaggio o codice d'amore (e non di amoreggiamento o dipendenza affettiva), perché vi sia una vera comunicazione, anche in caso di crisi o rottura della coppia, e non reciproco annientamento o una forma di possessività o violenza latente. "Parlavamo nella sola maniera che avevamo imparato. Mai con calma, mai, con febbre invece, due che si erano aizzati in amore, estraendosi le lacrime bollenti. Restava nel fiato il denso di abbracci che non si erano potuti saziare. Perché con uno scarto di violenza e pena ci eravamo staccati a viva forza" (da "In alto a sinistra" di Erri De Luca). Linguaggio d'amore necessario altresì per intendere e intendersi sull'obbligo coniugale reciproco alla fedeltà (art. 143 comma 2 cod. civ.).

"Quanto sono ignoranti coloro che suppongono che l'amore nasca da una lunga vicinanza, da un'ininterrotta compagnia! Il vero amore è figlio di un'intesa spirituale, e se quella intesa non viene raggiunta in un solo momento, non arriverà mai - né dopo un anno né dopo un secolo" (da "Ali spezzate" di Kahlil Gibran): ai primi sentori bisogna evitare ogni dipendenza affettiva o comunque una relazione disfunzionale (es. coppia simbiotica, ossia "coppia fusa e confusa"), anche per gli effetti patogeni che si possono avere nei confronti dei bambini. Il vero amore è la sublimazione dell'altrui imperfezione che completa la propria imperfezione. L'amore è la perfezione dell'emozione. L'amore, come le altre esperienze piacevoli, stimola la produzione delle endorfine, i cosiddetti ormoni del benessere, che giovano alla salute. "La salute è creata e vissuta dalle persone all'interno degli ambienti organizzativi della vita quotidiana: dove si studia, si lavora, si gioca e si ama. La salute è creata prendendosi cura di se stessi e degli altri, essendo capaci di prendere decisioni e di avere il controllo sulle diverse circostanze della vita" (dal paragrafo "Entrare nel futuro" della Carta di Ottawa per la promozione della salute, 1986).

Così inteso, il diritto - nato per regolare i rapporti umani - ha un valore pedagogico e socio-ecologico nelle relazioni fondamentali, sempre più fragili e conflittuali, quelle relazioni alla base dello sviluppo umano. "Bambini e giovani uomini e donne sono agenti critici del cambiamento e troveranno nei nuovi obiettivi una piattaforma per incanalare le loro infinite potenzialità per l'attivismo verso la creazione di un mondo migliore" (dal n. 51 dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, Risoluzione adottata dall'Assemblea Generale il 25 settembre 2015).


[1] L. Fossati nel corso online "Lavorare con la coppia" a cura del Centro HT-HumanTrainer

[2] I. Némirovsky in "I doni della vita"

Data: 02/02/2020 15:00:00
Autore: Margherita Marzario