La mediazione transnazionale
di Laura Bianchi - La mediazione è una pratica che riguarda semplicemente vicende che si svolgono entro i confini nazionali? Sarebbe ingenuo pensare che riguardi soltanto liti di condominio. In realtà, il panorama dei metodi di risoluzione delle controversie, specialmente in ambito internazionale, è vastissimo.
In esso emerge il ruolo, anche storico, dell'arbitrato che, nel diritto commerciale, è alla base della lex mercatoria ma, come accade per la mediazione comune rispetto al processo, la mediazione internazionale presenta rispetto all'arbitrato notevoli vantaggi in termini di costi e di formalità.
- 1. La mediazione e il diritto processuale
- 2. Riforma diritto internazionale privato: riconoscimento sentenze straniere
- 3. La normativa comunitaria: riconoscimento delle sentenze straniere
- 4. La convenzione di Singapore
La mediazione e il diritto processuale
La mediazione è un istituto del diritto processuale civile, introdotto nell'ordinamento italiano con il Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 28. È condizione preliminare di procedibilità in materia di diritti reali, locazione, successioni ereditarie, affitto di azienda, divisione, condominio, comodato, patti di famiglia, diffamazione a mezzo stampa.
Può essere volontariamente esperita dalle parti anche in materia di contratti ed obbligazioni, purché si tratti di diritti disponibili.
È una figura del diritto processuale, ossia del sistema delle norme che sono strumentali rispetto al diritto sostanziale, perché finalizzate a realizzare, attraverso l'attività delle parti e del mediatore, un assetto di posizioni di reciproco vantaggio[1].
Nella attività civile e commerciale contemporanea sono frequenti gli scambi, i contatti e le interazioni di tipo internazionale.
Quando i rapporti giuridici fra le parti di un procedimento presentano elementi di estraneità rispetto all'ordinamento statale, si entra nell'ambito del diritto internazionale privato, branca del diritto interno che individua quali siano le norme di diritto applicabili.
Il diritto internazionale pubblico ha per soggetti gli Stati nei loro rapporti esterni (e in questo contesto la parola mediazione ha un'accezione ed una portata ben diverse); il diritto internazionale privato riguarda invece situazioni giuridiche e soggetti collegati a più ordinamenti giuridici statali. È il caso delle imprese multinazionali, degli istituti bancari, dei migranti come dei consumatori, delle compravendite internazionali, delle successioni all'estero, dei matrimoni fra persone con diversa nazionalità, delle adozioni, ecc. ecc.
Riforma diritto internazionale privato: riconoscimento sentenze straniere
La disciplina italiana fondamentale in questo settore è contenuta nella legge 31 maggio 1995, n. 218 "Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato".
Essa determina l'ambito della giurisdizione italiana, pone i criteri per l'individuazione del diritto applicabile a fatti e rapporti che presentano elementi di estraneità rispetto all'ordinamento italiano e disciplina l'efficacia delle sentenze e degli atti stranieri (art. 1).
La legge 218/95 consente il richiamo alle normative di altri Stati poiché dispone il rinvio ad esse se queste accettano il rinvio o rimandano alla legge italiana, fatte salve le norme imperative di ordine pubblico. Lo scopo di questa norma è assicurare, nei limiti del possibile, l'uniformità e la continuità della vita giuridica dei privati.
La riforma del 1995 ha consentito il riconoscimento delle sentenze straniere (artt. 64-65), abolendo il procedimento di delibazione di cui all'(ex) art.796 cpc. I provvedimenti giudiziari pronunciati all'estero sono riconosciuti provenienti da un giudice competente, se non sono stati violati i diritti essenziali della difesa e le parti si sono regolarmente costituite, se la sentenza è passata in giudicato e non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato e, soprattutto, se quando non produca effetti contrari all'ordine pubblico (art.64).[2]
Questo vale anche per i procedimenti di volontaria giurisdizione e le ADR (risoluzioni alternative delle controversie), rendendo possibile la Mediazione Civile e Commerciale Internazionale per tutte le vertenze che possano dare effetto all'autonomia negoziale delle parti (art. 66).
La normativa comunitaria: riconoscimento delle sentenze straniere
La giurisdizione italiana può, inoltre, sussistere anche in base ai criteri stabiliti dalla Convenzione di Bruxelles del 1968 e successive modificazioni,[3] portate dal regolamento (CE) n. 44/2001, conseguenza del processo di "comunitarizzazione" del diritto internazionale privato e processuale avvenuto con il trattato di Amsterdam.
Il Regolamento 44/2001 si applica alla materia civile e commerciale, inquadrandosi nel sistema di diritto internazionale privato comunitario, completato dai Regolamenti "Roma I" e "Roma II", in materia, rispettivamente, di obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali. Dal suo ambito di applicazione sono esplicitamente escluse: lo stato e la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i testamenti e le successioni, i fallimenti, i concordati e procedure affini, la sicurezza sociale e l'arbitrato.
Ora è stato innovato dal Regolamento (UE) n.1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.
Esso riporta la definitiva abolizione delle procedure necessarie affinché la decisione giudiziale, resa dall'autorità giudiziaria di uno Stato membro, diventi esecutiva in un altro Stato membro.
Al fine di rendere affettiva la circolazione delle persone e delle sentenze e sviluppare la cooperazione giudiziaria fra gli Stati membri, la normativa si applica quando il convenuto abbia il proprio domicilio (se persona fisica) o la propria sede (se persona giuridica) in un Paese contraente.
La normativa comunitaria è ormai copiosa: va ricordata la Direttiva 2013/11/EU del Parlamento e del Consiglio sulle ADR del 21 maggio 2013 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (Direttiva sull'ADR per i consumatori). Essa mira a che i "consumatori traggano vantaggio dall'accesso a mezzi facili, efficaci, rapidi ed a basso costo per risolvere le controversie nazionali e transfrontaliere derivanti da contratti di vendita o di servizi, in modo da rafforzare la loro fiducia nel mercato. Tale accesso dovrebbe valere sia per le operazioni online che per quelle offline, soprattutto se i consumatori acquistano oltre confine" (punto 4).
Il successivo Regolamento (UE) N. 524/2013 del Parlamento e del Consiglio del 21 maggio 2013 è relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori, considerati come principali soggetti del mercato interno. Disporre quindi di mezzi di facile utilizzo ed a basso costo per la risoluzione delle controversie ha il fine di aumentare la fiducia dei consumatori e dei professionisti nel "mercato unico digitale".
La Direttiva 2008/52/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale, si è prefissa l'obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel quale sia garantita la libera circolazione delle persone. Le misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile necessarie al corretto funzionamento del mercato interno devono agevolare un miglior accesso alla giustizia ed istituire procedure extragiudiziali ed alternative.
Il tema delle Alternative Dispute Resolutions, canali di composizione stragiudiziale delle liti, legato all'attività delle autorità dei settori della privacy, trasporti, telecomunicazioni, concorrenza, assicurazioni, energia e rifiuti… ha la sua base giuridica nella Direttiva consumatori 2013/11/UE[4]. Per permettere agli utenti di comporre i propri contenziosi l'Unione Europea ha una piattaforma per mezzo della quale la controversia viene affidata all'organismo competente.
La convenzione di Singapore
Nella prassi del commercio internazionale, il principale mezzo di soluzione delle controversie è l'arbitrato. Il ricorso al giudice interno riveste carattere secondario, per evitare paralisi delle attività delle imprese coinvolte in contenziosi complessi e incerti (il c.d. multi-state litigation).
La mediazione internazionale è, rispetto ad esso, un procedimento contenuto nei tempi e nei costi, poiché si fa sempre riferimento alle tabelle dei compensi previste dal Ministero di Giustizia e perché il verbale è titolo esecutivo anche per la iscrizione di ipoteca giudiziale.
Il procedimento di mediazione è esente da imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura; è esente dall'imposta di registro entro il limite di valore di 50.000,00 euro ed è dovuta per la parte eccedente. In caso di successo della mediazione, è riconosciuto alle parti un credito d'imposta fino ad euro cinquecento; in caso contrario il credito d'imposta è ridotto alla metà.
Sono escluse dalla mediazione le materie riguardanti il diritto penale, tributario, fiscale, doganale, contabile, amministrativo, o nei giudizi per i quali sia previsto l'intervento di un giudice, o qualora siano coinvolti status personali e diritti della personalità.
Dato però che il procedimento è caratterizzato da riservatezza e informalità, in cui le parti sono trattate in maniera "equiprossima" dal facilitatore, costruendo la soluzione della controversia[5], esiste una sorta di favor mediationis in molti settori, dalla tutela dei consumatori in ambito commerciale alla sottrazione di minori in quello familiare.
Nella Mediazione Civile e Commerciale Internazionale è previsto l'intervento di un Mediatore Civile e Commerciale esperto in mediazione culturale e lingue straniere moderne, un professionista imparziale, che ha competenze linguistiche e culturali per portare le parti alla composizione della lite fuori di un'aula di tribunale, annullando le barriere culturali fra le parti stesse.
Sul presupposto di queste esigenze, esistono fin dal 1980 Regole conciliative UNCITRAL[6], per creare un sistema procedurale cui le parti possano volontariamente richiamarsi quando intendono disciplinare l'attività di un terzo che interviene per aiutarle a raggiungere una transazione. Nel corso della cinquantunesima sessione di UNICITRAL, a giugno 2018, sono state approvate le bozze finali per una Convenzione sull'applicazione delle disposizioni in materia di mediazione, diventata la Convenzione di Singapore, del 7 agosto 2019[7].
Questa riconosce «il valore per il commercio internazionale della mediazione come metodo per la risoluzione di controversie commerciali in cui le parti in lite chiedono a una terza persona o a terze persone di assisterle nel loro tentativo di risolvere la controversia in via amichevole» e «che la mediazione è sempre più utilizzata nella pratica commerciale internazionale e domestica come alternativa al contenzioso giudizi», permettendo di conservare i rapporti commerciali, e sollevando gli Stati dalle spese per l'amministrazione della giustizia.
La convinzione alla base del trattato è che l'istituzione di una norma-quadro per gli accordi internazionali risultanti da un metodo di risoluzione delle controversie non aggiudicativo, in cui un facilitatore, che non prende decisioni, ma conduce le parti a trovare una soluzione soddisfacente, spesso risolvendo problemi di comunicazione, possa contribuire allo sviluppo di armoniose relazioni economiche internazionali.
[1] Si tratta di una procedura "non aggiudicativa" ossia non di un giudizio instaurato davanti ad un giudice, che terzo super partes per definizione rispetto ad attore e convenuto, opera valutazioni di merito in base al diritto vigente.
[2] Cfr. Cass. 1163/2013, Cass. 1769/ 1999, Cass. 6978/2006.
[3] Bruxelles, 27 settembre 1968, resa esecutiva con la legge 21 giugno 1971, n. 804 - concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale
[4] Recepita in Italia con il D.lgs. 130/2015.
[5] anche modificandone l'oggetto ed il valore, perché la corrispondenza fra chiesto e pronunciato, non è essenziale.
[6] Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale.
[7] Convenzione delle Nazioni Unite sugli accordi internazionali di transazione risultanti dalla mediazione.
Data: 03/02/2020 15:00:00Autore: LAURA BIANCHI