Divorzio: no al cognome del marito solo perché noto
di Annamaria Villafrate - La legge dispone come regola generale che dopo il divorzio la moglie perda il cognome del marito. Solo se il matrimonio ha fine per decesso del coniuge la vedova può conservarne il cognome. Per questo la Cassazione con l'ordinanza n. 3454/2020 (sotto allegata) respinge il ricorso della ex moglie, con cui lamenta il mancato riconoscimento in primo grado e in appello del diritto a conservare il cognome del marito dopo il divorzio. Gli Ermellini condividendo il percorso logico giuridico e la motivazione della Corte d'Appello rilevano come in effetti nel caso di specie non esiste un interesse meritevole di tutela per riconoscere alla moglie e alla figlia della coppia la possibilità di conservare il cognome dell'ex marito e del papà. Il fatto che costui sia una persona nota non le pone infatti in una condizione di privilegio rispetto a tutte le altre ex mogli e figlie di coppie divorziate.
- Negato il diritto a conservare il cognome del marito
- La conservazione del cognome richiede un interesse "straordinario"?
- Non si può conservare il cognome dell'ex solo perché è una persona nota
Negato il diritto a conservare il cognome del marito
La Corte d'appello conferma la decisione del giudice di primo grado che ha respinto la domanda avanzata dalla moglie di poter conservare dopo il divorzio il cognome del marito.
La conservazione del cognome richiede un interesse "straordinario"?
Contro la decisione del giudice d'Appello la ex moglie ricorre in Cassazione. Con il primo motivo in particolare la donna precisa di aver avanzato domanda di conservazione del cognome del marito nell'interesse proprio, ma anche della figlia. Rileva poi come la norma che prevede il diritto di conservare il cognome del marito non richiede, ai fini del riconoscimento, un interesse "straordinario" come invece sostenuto dal giudice dell'impugnazione, bastando un interesse meritevole di tutela. La donna evidenzia in particolare l'interesse proprio e della figlia alla conservazione del cognome dell'ex marito, per ragioni d'identità sociale e di vita di relazione.
La Corte non avrebbe considerato inoltre il fatto che la donna nei 23 anni di relazione, 7 di fidanzamento e 16 di matrimonio era ed è conosciuta nell'ambiente sociale e amicale solo in quanto collegata alla figura del marito. La donna lamenta inoltre come la Corte, sostenendo l'esigenza di un interesse straordinario alla conservazione del cognome ne abbia negato la conservazione anche alla figlia, che a causa di questa decisione potrebbe subire gravi ripercussioni in ambito scolastico.
Non si può conservare il cognome dell'ex solo perché è una persona nota
La Cassazione ritiene infondato il motivo del ricorso perché, come previsto dall'art. 143 bis del codice civile, la moglie può conservare il cognome del marito, aggiunto al proprio in seguito alle nozze, anche durante lo stato vedovile, fino a che non passi a nuove nozze. Solo se il matrimonio giunge al termine per il decesso del marito quindi la moglie può conservare il cognome del marito. Principio confermato anche dall'art. 5, co. 3 della legge n. 898/1970 il quale dispone che: "Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela."
Il nostro ordinamento privilegia la coincidenza dello status con la denominazione personale, la possibilità di conservare il cognome del marito è quindi da considerarsi un'ipotesi straordinaria affidata a una valutazione discrezionale del giudice, che non può accogliere tale richiesta solo perché si desidera conservare un'identità familiare, che in realtà si conclude con il divorzio. Occorre inoltre tenere conto che il titolare del cognome può avere un interesse contrario, per la volontà di ricostruire un nuovo nucleo familiare.
La decisione della corte d'appello è immune da vizi, il giudice si è semplicemente attenuto ai principi suddetti, ritenendo inesistente un interesse "davvero meritevole di tutela". Il fatto che il marito fosse una persona nota non rileva, così come non rileva la durata del rapporto. Stesse conclusioni per quanto riguarda la figlia, in relazione alla quale la madre non ha allegato un interesse straordinario alla conservazione del cognome. La situazione della figlia è del tutto simile a quella di tutti i figli di divorziati.
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Data: 15/02/2020 06:00:00Autore: Annamaria Villafrate