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Reati contro la P.A. e divieto detenzione armi

Lo status di indagato per reati che non implicano l'uso di armi o condotte violente, non incide necessariamente sull'affidabilità della persona


Avv. Francesco Pandolfi - Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale torna sulla delicata questione che riguarda l'indagato per reati contro la pubblica amministrazione come, ad esempio, abuso d'ufficio, corruzione e peculato, il tutto in relazione alla revoca della licenza di porto di pistola con divieto di detenzione armi.
Lo fa con la sentenza n. 1386/20 della Terza Sezione, pubblicata in data 25.02.2020.

Fatta un'opportuna opera di traduzione e sintesi dell'articolata pronuncia, il contenuto centrale della stessa può essere spiegato come segue.

Lo status di indagato

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In sostanza: la semplice pendenza dello status di indagato in cui versi l'interessato, per reati contro la P.A. e che non implicano ne' l'uso delle armi ne' condotte violente, non diventa in automatico un fattore ostativo per le stesse, tale da condizionare al negativo la decisione del Prefetto.
Ciò in considerazione, da un lato, della natura personale delle autorizzazioni di polizia e, dall'altro, della condotta della persona interessata (pregressa ed attuale), rispetto alla quale la stessa amministrazione pecca nel caso in cui non adduca addebiti o negligenze specifiche.
Pertanto, in quadro come questo, l'affidabilità della persona rispetto alle armi non può dirsi per forza intaccata.

La tesi del Ministero dell'Interno è respinta

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Ecco il motivo per il quale il Supremo Consesso ha respinto l'appello proposto dal Ministero dell'Interno per chiedere la riforma della sentenza di primo grado, dove il Tar aveva accolto il ricorso per motivi aggiunti annullando un ennesimo decreto prefettizio con il quale era stata respinta l'istanza di riesame del provvedimento impugnato all'inizio.

In pratica

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In estrema sintesi, la causa ha avuto un epilogo favorevole alla parte privata e negativo per la parte pubblica in quanto è stata rilevata in giudizio una evidente carenza nella motivazione del provvedimento amministrativo impugnato con l'iniziale ricorso al Tar.
Il Consiglio di Stato ha infatti chiarito che tale provvedimento è risultato privo di una soddisfacente valutazione sull'affidabilità della persona interessata e sull'esistenza di rischi di abuso dell'arma che, per quanto estesi all'ambito familiare, devono pur sempre essere reali e concreti, oltre che oggettivamente apprezzabili.
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Data: 27/02/2020 15:00:00
Autore: Francesco Pandolfi