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Lotta al caporalato: cosa prevede il piano triennale

Approvato presso il Ministero del Lavoro il piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato. Ecco cosa prevede


di Annamaria Villafrate - Approvato presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali il Piano Triennale 2020-2022 di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato (sotto allegato).

Approvato piano triennale lotta al caporalato

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Il Piano è frutto di un impegno che ha coinvolto diversi attori istituzionali sia a livello centrale che decentrato, ma soprattutto i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore agricolo. Obiettivo primario "prevenire e contrastare il fenomeno dello sfruttamento lavorativo in agricoltura, includendovi il caporalato e il lavoro forzato, attraverso la realizzazione di azioni prioritarie di prevenzione e contrasto." Soddisfatta la Ministra per le Politiche agricole, Teresa Bellanova, che mette in evidenza però la necessità d'intervenire al più presto sul decreto flussi, così come la Ministra Catalfo, che evidenzia la qualità del piano, risultato di un importante lavoro di squadra.

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Vediamo quindi cosa prevede il piano, quali risorse si intendono impiegare per realizzarlo e i dati del fenomeno dello sfruttamento lavorativo in agricoltura.

Cosa prevede il piano

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Il piano prevede azioni d'intervento articolate in tre step: analisi, interventi emergenziali e un'azione di sistema che a sua volta è strutturata su 4 assi prioritari:

Per ogni asse sono previste 10 azioni d'intervento, di cui le prime sette di natura preventiva, che si possono così riassumere:

I dati del fenomeno

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Un piano che prende in via dall'analisi dei dati raccolti e da cui emerge che, nel corso degli anni, il lavoro agricolo ha visto diminuire i lavori agricoli italiani a fronte dell'incremento di quelli stranieri. L'11,4% dei lavoratori agricoli oggi infatti proviene soprattutto da paesi extra UE, che risiedono regolarmente in Italia. Il 6,5% invece arrivano dai Paesi UE e il restante 82% sono lavoratori italiani. Per quanto riguarda invece le donne impiegate nell'agricoltura, oggi sono soprattutto pakistane, indiane e senegalesi. Ragioni per le quali la Direzione Generale dell'Immigrazione e delle politiche d'integrazione ha impegnato 88 milioni di euro per gli interventi contro lo sfruttamento lavorativo.

Dai dati emerge che, a livello territoriale, le regioni con il maggior numero di impiegati agricoli sono: Sicilia, Calabria, Puglia, Campania ed Emilia Romagna. Il tipo di contratto più utilizzato è quello a tempo determinato, stante la stagionalità del settore. Il dato che sconcerta maggiormente però è che il settore agricolo è quello che presenta il tasso più elevato di lavoro irregolare.

Il reclutamento avviene al di fuori dei circuiti legali di assunzione e i lavoratori sono costretti ad accettare condizioni lavorative prive di qualsiasi forma tutela previdenziale e sanitaria. Collegato al fenomeno dello sfruttamento da parte dei "caporali" c'è anche il business del trasporto coattivo a pagamento dei lavoratori. La gestione e l'infiltrazione delle organizzazioni mafiose nella filiera agroalimentare il Italia muove un giro di affari di oltre 5 miliardi di euro all'anno.

Risorse per il piano

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Per l'attuazione di questo progetto si prevede il ricorso integrato dei Fondi Europei e di quelli nazionali, regionali e locali. Alcune risorse sono già state identificate, altre richiedono una mappatura di quelle disponibili su vari livelli, per fornire gli elementi necessari alla programmazione congiunta delle iniziative, che ricadono sulle iniziative prioritarie del piano. In questo modo sarà possibile procedere alla pianificazione strategica delle misure preventive e di contrasto dello sfruttamento lavorativo in agricoltura, creando contemporaneamente le necessarie sinergie tra le iniziative nazionali e locali.

Data: 29/02/2020 11:00:00
Autore: Annamaria Villafrate