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Il Tar sulla durata eccessiva del Daspo

L'estensione temporale dell'interdizione inflitta deve essere adeguatamente motivata dal Questore. La sentenza del Tar Reggio Calabria


Avv. Francesco Pandolfi - In tema di divieto di accedere a stadi o impianti sportivi dove si svolgono manifestazioni sportive calcistiche, la sez. 1 del Tar Reggio Calabria (sentenza n. 482/2019) segnala che il provvedimento adottato dal questore per vietare all'interessato l'accesso agli impianti sportivi, deve avere un'adeguata motivazione in ordine alla durata della misura preventiva.

Daspo per 3 anni

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Nel caso specifico oggetto della lite gestita dal Tar Reggio Calabria e definita con la precitata sentenza, il questore aveva comminato il Daspo della durata di tre anni; con imposizione al ricorrente del divieto di recarsi in luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive calcistiche e l'obbligo di recarsi presso il comando di stazione dei carabinieri ogniqualvolta fosse stata impegnata una certa squadra calcistica in cui egli, all'epoca, militava.
Il lancio di una bottiglietta d'acqua all'indirizzo dei tifosi di casa (in un contesto più generale connotato da agitazioni varie e atteggiamenti violenti con disordini sugli spalti), era stato il pretesto per il provvedimento.

Il ragionamento dei giudici

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Vediamo ora perché i magistrati hanno ritenuto di accogliere parzialmente il ricorso della parte privata.
Il ricorso è stato in parte accolto per la sproporzione della misura adottata, oltre che per la genericità delle prescrizioni imposte con il provvedimento questorile.
Qui ci soffermiamo sul solo aspetto della durata della misura.

La durata della misura preventiva

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In pratica, l'irrogazione di 3 anni di durata del Daspo è stato visto dai giudici come una cautela eccessiva e sproporzionata per una persona non recidiva: soprattutto non hanno convinto le parole utilizzate dal questore, ritenute troppo generiche e che qui si citano espressamente per praticità espositiva: "in quanto appare congrua in relazione alla gravità della fattispecie di reato", quindi senza spiegare se la bottiglietta d'acqua lanciata fosse piena o vuota o, in ogni caso, effettivamente pericolosa o contundente, tale da giustificare un divieto di accedere alle manifestazioni sportive così esteso.
In conclusione, il ricorso è stato parzialmente accolto e il ministero condannato a pagare una parte delle spese di lite.

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Data: 07/03/2020 15:30:00
Autore: Francesco Pandolfi