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Il tradimento della moglie non giustifica il tentato omicidio

La Cassazione nega l'attenuante della provocazione per il reato del tentato omicidio commesso dal marito nei confronti della moglie che l'aveva tradito


di Annamaria Villafrate - Con la sentenza n. 4373/2020 (sotto allegata) la Cassazione dichiara inammissibili e manifestamente infondati i motivi del ricorso sollevati da un imputato, condannato in primo grado e in appello per il reato di tentato omicidio, maltrattamenti e minacce gravi ai danni della moglie, sequestro dei figli e minaccia grave rivolta al nuovo compagno della donna. Respinta la doglianza con cui il marito violento si è lamentato del mancato riconoscimento dell'attenuante della provocazione, da individuarsi, a suo dire, nella relazione extraconiugale della moglie.

Reato di tentato omicidio

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La Corte d'Appello conferma la sentenza del giudice di primo grado che, al termine del giudizio abbreviato, ha condannato l'imputato alla pena di 8 anni e 8 mesi di reclusione per il reato di tentato omicidio ai danni della moglie, sequestro di persona, maltrattamenti in famiglia e minaccia grave nei confronti del compagno della moglie. La Corte ha rilevato la sussistenza del tentato omicidio in quanto dalle prove è emerso che l'uomo ha trascinato la moglie per i capelli fino alla stanza da bagno, le ha rovesciato acido muriatico sul volto e sul capo, ha tentato di farle ingerire la sostanza tossica contenuta nella bottiglia quindi, dopo aver preso un coltello, l'ha attinta al volto, agli zigomi e alle palpebre.

Tentativo di omicidio interrotto dai vicini, ai quali i figli della coppia avevano nel frattempo aperto la porta di casa. All'imputato sono state riconosciute le aggravanti della premeditazione, il fatto di aver agito in presenza dei figli minori e con crudeltà. La Corte ha ritenuto provato anche il delitto di sequestro per avere l'imputato portato i figli in Svizzera, il reato di maltrattamenti verso la moglie e quello di minacce gravi rivolte alla donna. Ha infine escluso il riconoscimento delle attenuanti generiche e della provocazione, ritenendo adeguata la pena inflitta.

Relazione extraconiugale e attenuante della provocazione

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L'imputato ricorre in Cassazione lamentando diversi motivi di doglianza. Con il primo contesta la sussistenza del reato di tentato omicidio. Il comportamento infatti era solo finalizzato a spaventare la moglie per punirla e indurla a interrompere la relazione extraconiugale. Con il secondo contesta il riconoscimento dell'aggravante della premeditazione e della crudeltà. L'imputato dichiara di aver agito con dolo d'impeto per interrompere la relazione extraconiugale della moglie e di aver usato violenza per spaventarla e punirla per la sua condotta.

Con il terzo contesta la mancata concessione delle attenuanti generiche e con il quanto il mancato riconoscimento nello specifico dell'attenuante della provocazione. Per l'imputato infatti la sua reazione è il frutto di una carica di esasperazione accumulata a causa della relazione extraconiugale della moglie, che è esplosa in occasione del suo rientro in casa, dopo aver preso atto che il rapporto era ancora in essere. Con il quinto deduce l'onerosità eccessiva del trattamento sanzionatorio. Con separato atto a ministero di altro difensore l'imputato contesta anche la sussistenza del tentativo di reato, con il secondo la premeditazione e con il terzo il sequestro di persona addebitatogli.

L'infedeltà della moglie non integra provocazione al tentato omicidio

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La Cassazione, con sentenza n. 4373/2020 dichiara il ricorso dell'imputato inammissibile ritenendo le doglianze manifestamente infondate.

Sul motivo con cui l'imputato contesta il mancato riconoscimento dell'attenuante della provocazione la Cassazione fa presente che la Corte sul punto ha preso una decisione immune da vizi. Essa infatti ha spiegato che "la condotta aveva tratto scaturigine da un contesto di maltrattamenti già in atto verso K.V., che era impossibilitata a separarsi dall'uomo stante la ferma e minacciosa opposizione di costui. (…) Correttamente ha ritenuto il Giudice di merito che l'azione indotta dall'ira derivasse, piuttosto, dal fatto che la donna aveva disatteso la condotta padronale e costrittiva dell'uomo, che pretendeva di affermare valori contrari ai principi di parità e di dignità."

Giustamente la Corte d'appello "ha escluso l'invocata provocazione, non potendo configurarsi essa attenuante allorquando il fatto che si assume ingiusto sia ritenuto tale dal solo agente e non sia, piuttosto, apprezzabile con i medesimi crismi nella valutazione generalizzata. L'aver, pertanto, ammesso di amare un altro uomo e l'essersi trovata K.V. nell'impossibilità di interrompere la convivenza coniugale, proprio per l'atteggiamento padronale e costrittivo dell'uomo, non può integrare a favore del marito l'elemento strutturale della circostanza attenuante della provocazione, avendo inciso l'atteggiamento (questo ingiusto) di costui sul diritto personale della donna di non continuare una convivenza matrimoniale, essendo venuta meno l'affectio maritalis."

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Data: 19/04/2020 11:00:00
Autore: Annamaria Villafrate