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Decreto Lockdown Italia: misure di contenimento e inasprimento delle sanzioni

Riflessioni sulle misure di contenimento del Covid-19, il riparto di competenze e l'apparato sanzionatorio nell'ultimo d.l. n. 19/2020, decreto Lockdown Italia


Avv. Antonio Sette - Il d.l. 25/3/2020 n. 19 (pubblicato in pari data), nelle dichiarate intenzioni del Governo, anche al fine di superare la situazione di confusione e incertezza normativa generatasi a seguito dell'emanazione frenetica, convulsa e priva di qualsivoglia coordinamento (quantomeno a livello di testi adottati) di provvedimenti amministrativi da parti degli organi statali (DPCM e OM), regionali (Ordinanze Presidenti Regioni) e locali (Ordinanze Sindaci) ha le seguenti finalità:
a) Individuare le misure di contenimento e di gestione dell'emergenza epidemiologica COVID-19 (art. 1);
b) fissare in maniera certa il riparto di competenza nell'adozione dei provvedimenti di natura amministrativa (DPCM, ordinanze ministeriali, DPGR, ordinanze sindacali) "pro futuro" (art. 2, comma 1) ovvero in situazioni di urgenza (art. 2, comma 2 e art. 3, comma 1);
c) disciplinare la fase transitoria (art. 2, comma 3);
d) ridefinire l'apparato sanzionatorio (art. 4).

Il decreto 19/2020

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L'intervento si è reso ancor più necessario in quanto i provvedimenti emanati dalle varie autorità competenti (statali, regionali e locali), in un contesto normativo dai confini incerti, aveva inciso anche su diritti di rango costituzionale, quali il diritto di libera circolazione (art. 16 Cost.) e il diritto di riunione (art. 17 Cost.), il diritto di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), con qualche dubbio circa l'effettivo rispetto della riserva di legge rinforzata a cui è sottoposta la libertà di circolazione atteso quanto previsto dal richiamato art. 16 Cost secondo cui "ogni cittadino può circolare ….. liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza".
Su tale aspetto deve evidenziarsi sin d'ora che il D.L. in esame nelle premesse ha espressamente richiamato l'art. 16 della Costituzione ("Visto l' articolo 16 della Costituzione, che consente limitazioni della libertà di circolazione per ragioni sanitarie"), anche se non può omettersi di evidenziare che la Costituzione contempla esclusivamente la possibilità di prevedere "limitazioni" alla libertà di circolazione non facendo riferimento ad ipotesi in cui la stessa possa essere del tutto sospesa e vietata.

Le misure di contenimento

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L'art. 1 del D.L. fissa il principio per cui le misure (una o più di quelle di cui all'elenco che per le ragioni che vedremo deve ritenersi tassativo) adottabili devono essere ispirate a principi di proporzionalità spazio-temporali e cioè
a) da un lato strettamente connesse "al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso";
b) dall'altro la richiamata proporzionalità e adeguatezza deve rinvenirsi nella durata delle dette misure che comunque non può essere superiore a 30 giorni, pur nella previsione che le stesse siano "reiterabili e modificabili anche più volte" fino al termine (31/7/2020) dello stato di emergenza sanitaria dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 con possibilità di modularne l'applicazione in aumento ovvero in diminuzione secondo l'andamento epidemiologico del predetto virus.
L'adeguatezza e proporzionalità declinata nella maniera flessibile sopra evidenziata dovrebbe consentire di ottenere un soddisfacente bilanciamento tra
a) l'esigenza di tutela del fondamentale diritto (art. 32 Cost.) dell'individuo alla salute (con la conseguente necessità di adottare le misure più pronte e tempestive possibili nel contrasto al rischio sanitario);

b) l'esigenza della minore compressione possibile dei diritti costituzionali dei cittadini sacrificati ed incisi più o meno significativamente dalle misure di contenimento previste.
Da ultimo deve evidenziarsi che, al fine di rispettare il principio di legalità (e i correlati principi di tassatività e determinatezza delle fattispecie incriminatrici) di cui all'art. 25 Cost e di cui all'art. 1 della legge 24/11/1981 n. 689, l'elenco delle misure adottabili di cui all'art. 1, comma 2, deve ritenersi tassativo non essendo più prevista la possibilità di adottare misure di contenimento ulteriori rispetto a quelle di cui al richiamato elenco (la possibilità precedentemente prevista dall'art. 3 dell'abrogato d.l. 23/2/2020 n.6 convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 5 marzo 2020, n. 13 presentava evidenti profili di incostituzionalità, specie se si osserva che nel regime previgente l'inosservanza delle misure costituiva illecito penale ex art. 650 c.p.).

Competenza attuazione misure contenimento

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L'art. 2 prevede espressamente che l'unica autorità competente ad emanare le misure di contenimento aventi efficacia sull'intero territorio nazionale sia il Presidente del Consiglio dei Ministri (con uno o più DPCM), su proposta del Ministro della Salute, sentiti i Ministri e le autorità regionali individuati dalla norma sulla base dell'estensione territoriale delle misure adottate, nonché su proposta del Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Allo scopo di evitare la frenetica ed ipertrofica produzione (sviluppatasi nel periodo dal 22 febbraio al 25 marzo) di ordinanze adottate dai Presidenti delle Regioni e financo da parte dei Sindaci, il più delle volte destinata a disciplinare fenomeni non necessariamente legati a specifiche situazioni del territorio regionale (o comunale) di riferimento e nemmeno caratterizzati da necessità ed urgenza (ulteriore rispetto a quella nazionale), l'art. 2, comma 1, secondo periodo, prevede che anche i provvedimenti destinati ad avere efficacia solo su un territorio regionale (o su parte di esso) ovvero in più regioni sia adottato dal Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta dei Presidenti delle Regioni interessate.
Tale ultima previsione, motivata dalla necessità di garantire un coordinamento delle misure in sede statale (attesa la rilevanza nazionale ed internazionale dell'epidemia legata alla diffusione del virus COVID-19) e dalla necessità di costituire un corpus normativo unico ed uniforme più facilmente intellegibile sia dai destinatari delle misure sia dai soggetti deputati ad effettuare i controlli sull'osservanza delle stesse, costituisce una significativa deroga (che trova ampia e giustificata motivazione in relazione alla peculiarità e alla specificità dell'emergenza sanitaria da fronteggiare) rispetto al riparto delle competenze in vigore in caso di emergenze sanitarie ovvero in materia di sanità pubblica quale quello individuato dall'art. 32 della legge 23/12/1978 n. 833, dall'art. 117 del d.lgs. 31/3/1998 n. 112 e dall'art. 50, comma 5, del d.lgs. 18/8/2000 n. 267.
In tutti i casi i provvedimenti dovranno essere adottati, sentito il parere del Comitato tecnico scientifico di cui all' ordinanza del Capo del dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630, ai fini della valutazione dell'adeguatezza e della proporzionalità delle misure disposte; a tal proposito, anche al fine di valutare la legittimità dei provvedimenti adottati, di norma, incidenti su diritti di rango costituzionale, si ritiene che il parere dell'organo tecnico debba essere reso palese quantomeno per relationem e conseguentemente reso accessibile al fine di valutare, anche in sede giurisdizionale, la legittimità degli stessi con particolare riferimento al bilanciamento (adeguato e proporzionato) dei vari diritti di rango costituzionale tutelati ovvero incisi dalle misure adottate, tenendo conto dell'efficacia e dell'estensione spazio-temporale delle stesse.

Misure attuative urgenti sino all'adozione dei DPCM

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L'art. 2, comma 2, ha espressamente previsto che, in attesa dell'adozione dei DPCM che daranno concreta e specifica attuazione alle misure di cui all'art. 1, comma 2, ove si verifichino situazioni di "estrema necessità ed urgenza" sopravvenute rispetto alla data del 25/3/2020, l'adozione di concrete misure attuative di quelle di cui all'art. 1, comma 2, con efficacia ed estensione riferita all'intero territorio nazionale è demandata al Ministro della Salute ai sensi dell'art. 32 della legge 23/12/1978 n. 833.
I provvedimenti del Ministro della Salute, aventi la forma di ordinanza, avranno un'efficacia limitata nel tempo fino all'adozione dei DPCM di cui all'art. 2, comma 1, in cui, peraltro, non è previsto un termine entro cui dovranno essere adottati (verosimilmente entro il 3/4/2020 data in cui cesseranno di avere efficacia le misure attualmente vigenti).
L'art. 3, comma 1, ha espressamente previsto che, in attesa dell'adozione dei DPCM che daranno concreta e specifica attuazione alle misure di cui all'art. 1, comma 2, ove si verifichino situazioni di "aggravamento del rischio sanitario" in uno specifico territorio regionale ovvero in parte di esso sopravvenute rispetto alla data del 25/4/2020, i Presidenti delle Regioni, ai sensi di quanto previsto dall'art. 117 del d.lgs. n. 112/1998 e dell'art. 32 della legge 23/12/1978 n. 833, potranno introdurre "misure ulteriormente restrittive" rispetto a quelle vigenti, purché si tratti misure di cui all'elenco tassativo di cui all'art. 1, comma 2, riferibili esclusivamente all' "ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l'economia nazionale".
A tal proposito deve evidenziarsi che, specie in riferimento ad alcune misure risulta abbastanza difficoltosa una precisa classificazione e distinzione tra quelle di competenza statale e quelle di competenze regionale; alla luce di ciò appare prudente ritenere che non saranno adottabili nell'esercizio del potere di cui al richiamato art. 3, comma 1, misure che incidano su diritti costituzionali (specie se la loro limitazione sia soggetta a riserva di legge) come si ritiene di poter anche dedurre dalla espressa esclusione tra le misure adottabili di quelle che incidano sulle attività produttive e di quelle aventi rilevanza strategica per l'economia nazionale.
Deve ritenersi, pertanto, che i Presidenti delle Regioni non potranno adottare provvedimenti che dispongano chiusura di attività produttive (fabbriche, stabilimenti industriali e artigianali, professionali) comprese nell'allegato 1 del DPCM del 22/3/2020, come sostituito dall'allegato 1 del decreto del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) del 25 marzo 2020, in vigore dal 26 marzo; deve ritenersi, inoltre, che i Presidenti delle Regioni non possano disporre chiusure di esercizi commerciali (ulteriori rispetto a quelle di cui ai dpcm dell'11/3/2020), neanche limitatamente ad alcune giornate anche festive, ma possano limitarsi ad incidere sugli orari di apertura degli stessi.
I provvedimenti dei Presidenti delle Regioni, aventi la forma di ordinanza, avranno un'efficacia limitata nel tempo fino all'adozione dei DPCM che dovranno essere emessi ai sensi dell'art. 2, comma 1, in cui, peraltro, non è previsto un termine entro cui dovranno essere adottati.

Deve ritenersi che anche nei casi di "estrema urgenza" ovvero di "aggravamento del rischio sanitario" i provvedimenti, pur se caratterizzati da un'efficacia limitata nel tempo, debbano essere adottati previa assunzione del parere dell'organo tecnico reso palese ed accessibile al fine di valutare, anche in sede giurisdizionale, la legittimità degli stessi con particolare riferimento al bilanciamento (adeguato e proporzionato) dei vari diritti di rango costituzionale tutelati ovvero incisi dalle misure adottate, tenendo conto dell'efficacia e dell'estensione spazio-temporale delle stesse.
L'art. 3, comma 2, riprendendo quanto previsto dall'art. 35 del D.L. 2/3/2020 n. 9, prevede che il potere dei Sindaci, quali ufficiali di Governo, di adottare ordinanze (che prevedano misure ulteriormente restrittive rispetto a quelle statali o regionali) contingibili e urgenti ex art. 50, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 non possa essere esercitato in contrasto con le norme statali e deve limitarsi esclusivamente all'ambito di competenze locali (ad es. potranno agire, adeguatamente motivando, sugli orari delle attività commerciali consentite, ma non potranno in alcun modo disporne la chiusura), senza alcuna possibilità di incidere in materia di attività produttive e di attività aventi rilevanza strategica per l'economia nazionale.

Disciplina transitoria

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L'art. 2, comma 3, disciplina, nei tre periodi di cui si compone, sia l'efficacia degli atti precedentemente adottati che l'efficacia delle misure vigenti verosimilmente allo scopo di garantire il tempo necessario all'adozione dei DPCM previsti al primo comma dello stesso art. 2:
a) "Sono fatti salvi gli effetti prodotti e gli atti adottati sulla base dei decreti e delle ordinanze emanati ai sensi del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, ovvero ai sensi dell'articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833".
b) "Continuano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure già adottate con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati in data 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 2020 e 22 marzo 2020 per come ancora vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto."
c) "Le altre misure, ancora vigenti alla stessa data continuano ad applicarsi nel limite di ulteriori dieci giorni".

Il primo periodo, in considerazione dell'intervenuta abrogazione del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020 n. 13, ha fatto salvi gli effetti prodotti e gli atti adottati sulla base dei decreti e delle ordinanze emanati ai sensi del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, ovvero ai sensi dell'articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Deve ritenersi che per "atti adottati" si debba fare riferimento a tutti i provvedimenti amministrativi (DPCM, ordinanze ministeriali, ordinanze emanate dai Presidenti delle Regioni e dai Sindaci), ivi compresi quelli la cui efficacia sia cessata (espressamente o implicitamente) a seguito dei provvedimenti successivi; alla luce di ciò la previsione normativa si dovrebbe interpretare nel senso che sono fatti salvi gli atti adottati e gli effetti dagli stessi prodotti.
Il secondo periodo prevede che continuino ad applicarsi le misure contenute nei DPCM espressamente indicati che conservano efficacia sino al 3 aprile 2020 ai sensi dell'art. 2 del DPCM del 22/3/2020 (verosimilmente in attesa dell'adozione dei nuovi DPCM emanati in virtù dell'art. 2, comma 1, dello stesso D.L. n. 19/2020).
Il terzo periodo dispone che "le altre misure" ancora vigenti alla data del 25/3/2020 si applicano al massimo per ulteriori 10 giorni (4/4/2020) determinando un incomprensibile disallineamento in relazione ai termini di efficacia delle norme vigenti alla data del 25/3/2020.
In assenza di specifica indicazione deve ritenersi che le altre misure siano quelle adottate dalle altre autorità competenti sulla base del contesto normativo di riferimento precedente all'entrata in vigore del D.L. (Ministeri, Presidenti Regione e Sindaci), anche se tale lettura comporta non pochi problemi di compatibilità - con conseguente difficoltà di individuazione della misura di contenimento in concreto applicabile - tra quelle contenute nei DPCM (aventi efficacia sull'intero territorio nazionale) e quelle (difformi se non contrastanti dalle prime) contenute nei provvedimenti regionali o locali, specie se si osserva che in diversi casi la parte motivazionale dei provvedimenti non evidenzia in alcun modo (salva l'adozione di mere clausole di stile) la specificità (differenziata rispetto a quella nazionale) della situazione regionale o locale che costituisca allo stesso tempo motivazione e giustificazione della diversa misura adottata (quasi sempre più restrittiva e in alcuni casi nemmeno prevista dall'art. 1 del D.L. 23/2/2020 n.6 e, pertanto, priva della necessaria copertura legislativa in termini di tassatività e determinatezza).
Tali considerazioni perplesse assumono ancor maggior peso se si osserva che l'inosservanza delle misure adottate (sulla base di provvedimenti regionali o locali) è alla base di diverse contestazioni dell'illecito penale di cui all'art. 650 c.p. ora depenalizzato ai sensi dell'art. 4, comma 8, del D.L. 19/2020.

Apparato sanzionatorio e controlli

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L'inosservanza delle adottate misure di contenimento che, precedentemente costituiva illecito penale ex art. 650 c.p., viene "depenalizzata" dall'art. 4, comma 1, del D.L. n.19/2020 il quale prevede espressamente che salvo che il fatto non costituisca un reato, "il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all'articolo 1, comma 2, individuate e applicate con i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, ovvero dell'articolo 3, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall'articolo 650 del codice penale …. Se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l'utilizzo di un veicolo le sanzioni sono aumentate fino a un terzo".
Preliminarmente deve rilevarsi che, pur in assenza di uno specifico rinvio, debba ritenersi sanzionato in via amministrativa anche il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all'art. 2, comma 3 (secondo e terzo periodo) ad oggi vigenti sino all'adozione dei nuovi DPCM che dovranno essere emanati in attuazione del D.L. n. 19/2020, ferme restando le perplessità circa la legittimità delle contestazioni aventi ad oggetto il mancato rispetto di misure adottate in sede regionale e locale che dovessero risultare non legittimamente adottate per violazione dei principi di tassatività ed indeterminatezza ovvero in difformità, se non in contrasto, con le misure statali.
In relazione all' aumento fino a un terzo della sanzione nel caso in cui la violazione sia realizzata mediante un veicolo deve rilevarsi che per veicoli, ai sensi dell'art. 46 del nuovo codice della strada (D.Lgs. 30/04/1992, n. 285) si intendono tutte le macchine, di qualsiasi specie, che circolano sulle strade guidate dall'uomo; la sanzione è raddoppiata in caso di reiterata violazione della medesima misura di contenimento (art. 4, comma 5, d.l. n. 19/2020).
La specifica violazione del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus (art. 1, comma 2, lett. e), costituisce reato ai sensi dell'art. 260 del Testo unico delle leggi sanitarie, come modificato, sotto il profilo sanzionatorio, dal comma 7 dello stesso art. 4 del d.l. n. 19/2020, salvo che il fatto non costituisca il reato di epidemia colposa di cui all'art. 452 c.p. ovvero più grave reato.
Nel caso di violazioni, espressamente indicate al comma 2 dell'art. 4, legate all'esercizio di attività commerciali e di impresa, il Prefetto in sede di irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria dovrà applicare anche la sanzione accessoria della chiusura dell'esercizio ovvero dell'attività per un periodo da 5 a 30 giorni.
L'autorità procedente (forze di polizia) può disporre la chiusura provvisoria dell'attività o dell'esercizio, ove necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, per una durata non superiore a 5 giorni; tale periodo di chiusura provvisoria viene scomputato dalla corrispondente sanzione accessoria definitivamente irrogata in sede di sua esecuzione.
L'efficacia afflittiva della sanzione accessoria della chiusura provvisoria è ulteriormente rafforzata dalla previsione (art. 4, comma 5) della sua applicazione nella misura massima in caso di reiterazione della violazione.

L'art. 4, comma 3, disciplina il procedimento di accertamento delle violazioni e di irrogazione delle sanzioni facendo espresso rinvio alla legge 24/11/1981 n. 689; a tal proposito non può non ribadirsi che anche in materia di violazioni e sanzioni amministrative vige il principio di legalità secondo cui "Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione.
Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati".
In concreto le norme procedimentali applicabili sono quelle di cui agli artt. 14 e successivi di cui alla legge n. 689/81, fatta eccezione per quanto previsto diversamente nello stesso art. 4 del D.L. n. 19/2020, tra cui merita segnalare sin d'ora quanto previsto in relazione alle modalità di pagamento in misura ridotta per le quali l'art. 4, comma 3, rinvia espressamente a quelle di cui all'art. 202 del codice della strada. A tal proposito deve evidenziarsi che, a seguito della contestazione immediata della violazione con conseguente redazione del verbale di accertamento da parte delle forze di polizia intervenute, il trasgressore può pagare la sanzione irrogata ridotta del 30 per cento se il pagamento è effettuato entro cinque giorni dalla contestazione ovvero, ai sensi di quanto previsto dall'art. 108, comma 2, del D.L. 17/3/2020 n. 18, in via del tutto eccezionale e transitoria, fino al 31 maggio 2020, entro 30 giorni dalla contestazione o notificazione della violazione.
Nel caso in cui, trascorso il periodo a disposizione del trasgressore per effettuare il pagamento in misura ridotta lo stesso non vi abbia provveduto, il funzionario o l'agente che ha accertato la violazione, salvo che ricorra un'ipotesi di connessione con reato, deve presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni al Prefetto per le violazioni relative a misure di contenimento previste da provvedimenti di organi statali ovvero al Presidente della Regione nel caso di violazioni di misure di contenimento previste da provvedimenti regionali (art. 4, comma 3, d.l. n. 19/2020).
I termini del procedimento sono fissati dall'art. 17 della legge n. 689/81 che prevede la possibilità per il destinatario dell'accertamento di inviare entro 30 giorni dalla contestazione osservazioni all'autorità competente ad irrogare la sanzione; il termine di cui sopra deve intendersi sospeso dalla data della contestazione sino al 15/4/2020, ai sensi dell'art. 103 del D.L. 17/03/2020, n. 18.
Avverso il provvedimento finale (ordinanza-ingiunzione) che irroga la sanzione è possibile proporre opposizione dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria (Giudice di pace) ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.
L'art. 4, comma 8, del D.L. n. 19/2020 sancisce che l'intervenuta depenalizzazione riguarda anche le violazioni di misure di contenimento commesse anteriormente al 25/3/2020 prevedendo per tali casi che la sanzione irrogabile sia ridotta alla metà della misura minima prevista dall'art. 4, comma 1 (in concreto € 200); deve ritenersi applicabile anche in tal caso il pagamento in misura ridotta del 30 % entro i termini sopra evidenziati decorrenti nel caso di specie dalla notificazione degli estremi della violazione a cura dell'autorità competente ad irrogare la sanzione (Prefetto o Presidente della Regione) che dovrà avvenire, ai sensi dell'art. 14, comma 2, della legge n. 689/81, entro novanta giorni dall'accertamento (termine da intendersi sospeso dalla data dell'accertamento sino al 15/4/2020, ai sensi dell'art. 103 del D.L. 17/03/2020, n. 18).

Al fine di disciplinare le modalità di gestione dell'intervenuta depenalizzazione, l'ultimo periodo dell'art. 4, comma 8, rinvia all'art. 102 D.Lgs. 30/12/1999, n. 507 in base al quale l'autorità giudiziaria (il pubblico ministero nel caso in cui l'azione penale non sia stata ancora esercitata) entro novanta giorni dal 25/3/2020 (data di entrata in vigore del D.L. n. 19/2020), dispone la trasmissione all'autorità amministrativa competente (Prefetto o Presidente della Regione) degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi, salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa alla medesima data.
Nel caso in cui il procedimento penale ex art. 650 c.p. sia stato già iscritto nel registro delle notizie di reato il P.M. disporrà apposita annotazione della trasmissione ovvero se il reato risulta estinto per qualunque causa il pubblico ministero richiederà l'archiviazione a norma del codice di procedura penale; la richiesta ed il decreto del giudice che la accoglie potranno avere ad oggetto anche elenchi cumulativi di procedimenti.

*Avvocato del foro di Udine – info@avvocatosette.it

Data: 29/03/2020 18:00:00
Autore: ANTONIO SETTE