La presupposizione quale "condizione inespressa"
Avv. Iacopo Brotini - Sebbene di creazione prettamente dottrinale e giurisprudenziale, in quanto non disciplinata da alcuna norma di legge, la presupposizione rappresenta egualmente un istituto giuridico di notevole rilevanza.
- Cos'è la presupposizione
- Quando ricorre la presupposizione
- Il fondamento dell'istituto e la posizione della giurisprudenza
- I rimedi esperibili
- Un dibattito ancora aperto
Cos'è la presupposizione
La figura in commento è stata elaborata al fine specifico di apprestare un efficace rimedio a fronte del verificarsi di alcuni sviluppi anomali - di natura per lo più fattuale - che vanno ad influire sull'assetto dei rapporti in essere tra le parti di un contratto, consentendo di addivenire allo scioglimento del vincolo negoziale.
Segnatamente, la presupposizione rileva in quanto strumento in grado di far emergere i motivi che hanno determinato la conclusione del negozio (pertanto ricollegandosi al noto concetto di causa in concreto).
Quando ricorre la presupposizione
La fattispecie cui si attaglia l'istituto in discorso è relativamente lineare.
Molto spesso accade che le parti di un contratto predispongano il regolamento negoziale fondando le loro reciproche valutazioni (di ordine economico, giuridico, di interesse non patrimoniale, di opportunità…) su determinati presupposti, i quali tuttavia ben possono o non verificarsi ovvero verificarsi in maniera nettamente divergente dalle aspettative.
In particolare, ricorre la presupposizione laddove le parti pur non avendo fatto espressa menzione nel regolamento contrattuale circa la situazione di fatto e/o di diritto (presupposta, per l'appunto), la ritengono pacificamente quale elemento determinante ed imprescindibile ai fini della conclusione del negozio e della sua successiva esecuzione.
Un esempio
Un semplice esempio potrà certo contribuire a chiarire il concetto.
Si pensi al caso in cui Tizio, al fine di assistere al passaggio del corteo organizzato in occasione della festa di paese, stipuli con Caio un contratto di locazione avente ad oggetto il balcone di casa di quest'ultimo; balcone che si affaccia proprio sulla via principale ove dopo pochi giorni sfilerà il corteo.
Il contratto viene stipulato senza fare alcun espresso riferimento alla manifestazione, anche se è pacifico ed implicito per entrambe le parti che la finalità (la causa concreta del negozio) è proprio quella di consentire a Tizio di assistere al passaggio del corteo beneficiando di una posizione e di una vista privilegiate.
Ebbene, cosa accade se il giorno in cui avrebbe dovuto aver luogo la festa questa, per qualche ragione, non viene tenuta?
Analogo problema si pone, ad esempio, a fronte della compravendita di un terreno che i contraenti presupponevano edificabile (senza dunque fare alcun espresso riferimento nel contratto a tale circostanza) e che poi si scopre essere ad esclusiva destinazione agricola.
La questione diviene pertanto quella di stabilire se il mutamento ovvero il mancato verificarsi della situazione (solo) presupposta dai contraenti nella predisposizione dell'assetto negoziale ma implicitamente determinante e fondante la relativa stipulazione possa o meno - e in che modo - assumere rilevanza al fine di ottenere lo scioglimento del vincolo.
Appare infatti chiaro che, tornando ai due esempi offerti, Tizio non avrà alcun interesse ad usufruire del balcone e dunque a pagare il canone pattuito con Caio a fronte dell'annullamento della manifestazione paesana; allo stesso modo l'acquirente del terreno che si presupponeva edificabile non sarà più disposto a pagare il prezzo convenuto con l'alienante, dal momento che ivi non potrà più edificare (il prezzo di un terreno a destinazione agricola è notoriamente più basso).
Il fondamento dell'istituto e la posizione della giurisprudenza
I rimedi esperibili
Delineati i contorni dell'istituto nei termini anzidetti (sui quali ad oggi non vi sono particolari contrasti), il problema più delicato concerne l'individuazione dello specifico rimedio utilizzabile dalla parte a fronte del venir meno della circostanza presupposta.
Sul punto le proposte formulate da dottrina e giurisprudenza sono variegate e tutte tendenti a ricondurre la presupposizione all'interno di un paradigma normativo già esistente.
Alcuni, facendo riferimento alla clausola condizionale e al relativo regime, assumono che il negozio divenga inefficace; altri, pur invocando l'inefficacia, richiamano la figura della c.d. causa in concreto, ovvero la finalità pratica del contratto isolatamente considerato (cfr. Cass., Civ. Sez., VI - Lavoro, 04/09/2014, n. 18715, ove la presupposizione viene ad essa espressamente equiparata); altri ancora individuano il rimedio nell'istituto dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione ex art. 1463 c.c.
La Corte di Cassazione ha altresì ritenuto in varie pronunce che, in presenza di una situazione di fatto presupposta e avente carattere imprescindibile nell'economia negoziale, le parti avrebbero diritto di recedere dal contratto a fronte del suo mancato verificarsi (cfr. Cass., Civ. Sez., III, 25/05/2007, n. 12235).
L'impostazione attuale sembra tuttavia essere propensa per l'applicabilità del rimedio della risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta di cui all'art. 1467 c.c., considerato idoneo strumento di controllo delle sopravvenienze in punto di fatto rispetto all'assetto di interessi tracciato in origine dalle parti (cfr. Cass., Civ. Sez., I, 05/05/2010, n. 10899).
Data: 31/03/2020 17:00:00Autore: Iacopo Brotini