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Ostacolo all'esercizio di funzioni di vigilanza

Il reato di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza ex art. 2638 c.c. è punito con la reclusione da 1 a 4 anni


Cos'è il reato di ostacolo all'esercizio di funzioni di vigilanza

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Il reato di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza è contemplato dall'articolo 2638 del codice civile, che punisce con la reclusione da uno a quattro anni:

Se la società ha titoli quotati in mercati regolamentati italiani o UE o diffusi tra il pubblico in misura rilevante la pena è raddoppiata.

Ostacolo all'esercizio delle funzioni e false comunicazioni sociali

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Un reato affine a quello in commento, ma da tenere ben distinto, è quello di false comunicazioni sociali, che pure trova la sua disciplina nel codice civile, all'articolo 2621.

Procediamo, quindi, ad analizzarne analogie e differenze:

Le norme a confronto

Art. 2638 c.c. - Ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza

Art. 2621 c.c. - False comunicazioni sociali

1. Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza, o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali nelle comunicazioni alle predette autorità previste in base alla legge, al fine di ostacolare l'esercizio delle funzioni di vigilanza, espongono fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza ovvero, allo stesso fine, occultano con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte fatti che avrebbero dovuto comunicare, concernenti la situazione medesima, sono puniti con la reclusione da uno a quattro anni. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

2. Sono puniti con la stessa pena gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società, o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali, in qualsiasi forma, anche omettendo le comunicazioni dovute alle predette autorità, "consapevolmente" ne ostacolano le funzioni.

3. La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

3-bis. Agli effetti della legge penale, le autorità e le funzioni di risoluzione di cui al decreto di recepimento della direttiva 2014/59/UE sono equiparate alle autorità e alle funzioni di vigilanza.

1. Fuori dai casi previsti dall'art. 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, "consapevolmente" espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni.

2. La stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

Art. 2621-bis c.c. - Fatti di lieve entità

1. Salvo che costituiscano più grave reato, si applica la pena da sei mesi a tre anni di reclusione se i fatti di cui all'articolo 2621 sono di lieve entità, tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta.

2. Salvo che costituiscano più grave reato, si applica la stessa pena di cui al comma precedente quando i fatti di cui all'articolo 2621 riguardano società che non superano i limiti indicati dal secondo comma dell'articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. In tale caso, il delitto è procedibile a querela della società, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale.

Il bene giuridico protetto

Art. 2638 c.c. - Ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza

Art. 2621 c.c. - False comunicazioni sociali

Funzione di pubblica vigilanza, o meglio, la correttezza nei rapporti tra ente controllato ed ente controllante, finalizzata a consentire la piena legittimità ed efficacia dell'attività di controllo. La norma è posta a tutela di un bene che è strumentale (la funzione) alla salvaguardia del bene giuridico finale, ossia il regolare funzionamento del mercato. Non è richiesta l'idoneità della "falsa informazione" ad ingannare l'autorità pubblica di vigilanza o a ledere il bene finale: rileva esclusivamente l'orientamento finalistico della stessa ad ostacolare la funzione dell'ente a ciò preposto.

La trasparenza, o la fiducia dei terzi nella veridicità delle rappresentazioni contenute nelle comunicazioni sociali. Si tratta di un delitto di pericolo concreto, di conseguenza non necessita il verificarsi di un danno per i creditori o i soci.

Soggetti attivi

Art. 2638 c.c. - Ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza

Art. 2621 c.c. - False comunicazioni sociali

Amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori di società o enti e altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza (reato proprio). Per "altri soggetti" dovrebbero intendersi le persone che non svolgono la propria funzione all'interno dell'ente.

Amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori; si tratta quindi di reato proprio.

La disposizione di cui all'art. 2639 c.c. opera un'estensione delle qualifiche soggettive, includendo nel novero dei soggetti attivi sia coloro che svolgono le stesse funzioni rivestite dai soggetti di volta in volta individuati dal precetto penale (anche se diversamente qualificate), sia il c.d. responsabile di fatto ossia il soggetto che, in assenza di formale investitura, esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione richiamata dalla fattispecie (tale disposizione si applica ad entrambi gli articoli).

Elemento soggettivo

Art. 2638 c.c. - Ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza

Art. 2621 c.c. - False comunicazioni sociali

Le due norme previste al primo comma (esporre fatti materiali non rispondenti al vero e occultare con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte, fatti che avrebbero dovuto comunicare) sono caratterizzate dal dolo specifico rappresentato dal fine di ostacolare l'esercizio delle funzioni di vigilanza. Si tratta di reati di pericolo concreto.

La norma di cui al secondo comma è invece un reato di danno, consistente nell'evento naturalistico dell'ostacolo[5]. Si può escludere che questo delitto possa realizzarsi a titolo di dolo eventuale considerato l'utilizzo dell'avverbio "consapevolmente".

Da notare che mentre nel primo comma si parla di fatti che si sarebbero dovuti comunicare, nel secondo comma si parla di comunicazioni dovute (si ritiene, tuttavia, che i fatti siano espressione di un obbligo di comunicazione a carico del soggetto sottoposto a vigilanza).

Si tratta del dolo specifico caratterizzato dal fine di procurare per sé o per altri un ingiusto profitto. Rispetto alla norma precedente al Legge 27 maggio 2015 n. 69, sparisce il riferimento all'intenzione di ingannare i soci o il pubblico. L'uso dell'avverbio consapevolmente nella condotta di "esporre" e il riferimento al modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore per le "omissioni", esclude la configurabilità del delitto a titolo di dolo eventuale.

Anche nelle false comunicazioni sociali si parla sia di fatti che di comunicazioni.

Elemento oggettivo

Art. 2638 c.c. - Ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza

Art. 2621 c.c. - False comunicazioni sociali

La condotta di cui al primo comma è una fattispecie di pericolo concreto che può consistere, alternativamente,

a) nell'esporre fatti materiali non rispondenti al vero sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza,

b) nell'occultare con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte, fatti che avrebbero dovuto comunicare.

Si tratta di condotte attive.

La condotta di cui al secondo comma si tratteggia come un reato a forma libera che consiste nell'ostacolare "consapevolmente" le funzioni di vigilanza (con condotte sia attive, sia omissive visto il tenore letterale utilizzato: "anche omettendo le comunicazioni dovute"). Da notare che non vi è alcun riferimento acché le "comunicazioni" siano inerenti alle condizioni economiche, patrimoniali o finanziarie della società o dei soggetti. Non appartengono alla nozione di ostacolo i caratteri di insuperabilità (Cass. n. 49362/2012).

Il riferimento alle comunicazioni previste in base alla legge è stato interpretato nel senso che vi rientrano anche le comunicazioni prescritte in via "regolamentare" o in via "particolare" dalle autorità pubbliche di vigilanza.

La condotta può consistere, alternativamente, nel "consapevolmente": a) esporre fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero) nell'omettere fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad "indurre altri in errore". Rispetto all'art. 2638, notiamo che l'art. 2621 non fa riferimento, parlando dell'esposizione dei fatti materiali non rispondenti al vero, alle valutazioni, mentre richiede l'idoneità concreta ad indurre altri in errore. Va detto che le "false valutazioni nei giudizi estimativi delle poste di bilancio" sono penalmente rilevanti sia ai fini dell'art. 2638 sia ai fini dell'art. 2621 c.c. (nonostante l'inciso non sia più inserito in quest'ultimo articolo a seguito della legge 69/2015). Inoltre, cosa ben più importante, i fatti di cui parla l'art. 2621 c.c. ossia quelli esposti od omessi nel bilancio, devono essere rilevanti. Ciò significa che il reato di cui all'art. 2638 può integrarsi anche se i fatti esposti in bilancio non raggiungano questa soglia, per quanto indefinita. L'utilizzo dell'avverbio "consapevolmente" in entrambe le disposizioni indica la volontà del legislatore di escludere che i reati possano configurarsi a titolo di dolo eventuale.

Soggetti passivi

Art. 2638 c.c. - Ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza

Art. 2621 c.c. - False comunicazioni sociali

Autorità pubbliche di vigilanza quali la Banca d'Italia, Consob, Ivass, Co.Vi.So.C., Bce, Federazione Trentina della cooperazione ecc. Deve trattarsi di autorità di matrice pubblicistica, in particolare si ritiene che la norma riguardi tutte le autorità pubbliche di vigilanza operanti nel nostro ordinamento giuridico (Cass. n. 44234/2005).

I destinatari delle comunicazioni, gli "ingannabili" cioè i soci o il pubblico.

Consumazione

Art. 2638 c.c. - Ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza

Art. 2621 c.c. - False comunicazioni sociali

Il delitto di cui all'art. 2638 c.c., comma 1, è un reato di mera condotta (di pericolo) integrato sia dall'esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero sia dal ricorso a mezzi fraudolenti volti ad occultare all'organo di vigilanza l'esistenza di fatti rilevanti per la situazione economica, patrimoniale finanziaria della società, che si consuma nel momento in cui viene posta in essere una delle condotte alternative previste dalla menzionata disposizione normativa. La data di consumazione del reato, da cui decorre il termine di prescrizione, non è quella dell'accertamento del fatto, ma quella della ricezione della comunicazione da parte dell'autorità di vigilanza. Con riguardo al luogo di consumazione, parte della dottrina ha affermato che per entrambe le fattispecie è da individuarsi laddove ha sede la persona giuridica sottoposta all'attività di vigilanza; con riferimento all'ipotesi delle false comunicazioni, il reato si consuma mediante la trasmissione dell'informazione ingannevole diretta all'autorità, e questa dovrebbe intendersi effettuata nella sede giuridica del soggetto sottoposto a vigilanza.

Il delitto previsto dall'art. 2638 c.c., comma 2, invece, è un delitto di evento, per la cui consumazione è necessario che si sia verificato un effettivo e rilevante ostacolo alle funzioni di vigilanza degli organi a ciò preposti, quale conseguenza di una condotta che può assumere qualsiasi forma, anche quella consistente nella omissione delle comunicazioni, dovute alle predette autorità, e quindi si protrae per tutto il tempo in cui le comunicazioni, pur potendo ancora essere utilmente effettuate, continuano ad essere omesse (reato eventualmente permanente). Il luogo di consumazione è quello in cui l'attività di controllo doveva essere effettuata.

Si tratta di reato istantaneo che si consuma nel momento e nel luogo in cui il bilancio, le relazioni o le altre comunicazioni sociali sono portate a conoscenza dei destinatari. Nel caso di comunicazioni orali, l'illecito si consuma nel momento della dichiarazione e nel luogo in cui questa è stata diffusa; nel caso di comunicazioni scritte, l'illecito si consuma nel momento e nel luogo in cui tali dichiarazioni sono poste nella disponibilità dei soci e del pubblico secondo le modalità prescritte dalla legge. In particolare, nel caso di bilancio, il reato si perfeziona nel luogo in cui si riunisce l'assemblea ed il bilancio viene illustrato ai soci e si consuma nel momento del deposito dello stesso presso la sede sociale. Si può parlare di reato eventualmente permanente, qualora il bilancio, una volta depositato e fintanto che rimane a disposizione dei terzi, è in grado di continuare ad ingannare i fruitori della comunicazione.

Prescrizione

Art. 2638 c.c. - Ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza

Art. 2621 c.c. - False comunicazioni sociali

Essa è di 6 anni in base all'art. 157 del c.p., aumentabile fino a 7 anni e 6 mesi in caso di interruzione ex art. 160 del c.p.

Essa è di 6 anni in base all'art. 157 del c.p., aumentabile fino a 7 anni e 6 mesi in caso di interruzione ex art. 160 del c.p.

Tentativo

Art. 2638 c.c. - Ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza

Art. 2621 c.c. - False comunicazioni sociali

Bisogna distinguere: nel caso di cui al primo comma, trattandosi di reato di pericolo in cui la soglia penale di consumazione e punibilità è anticipata non sembra possibile il tentativo, mentre nel secondo comma, essendo previsto un reato di danno, è più facile ipotizzare il tentativo qualora l'evento non si verifichi.

Si tratta di un reato di pericolo concreto che non necessita per la sua consumazione del verificarsi di un danno per i creditori o i soci. Teoricamente il tentativo è possibile se l'azione non si compie.


Procedibilità

Art. 2638 c.c. - Ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza

Art. 2621 c.c. - False comunicazioni sociali

D'ufficio.

D'ufficio.

La giurisprudenza sul reato di ostacolo all'esercizio di funzioni di vigilanza

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Sul reato di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, la giurisprudenza della Corte di cassazione si è pronunciata in diverse occasioni. Riportiamo qui di seguito le sentenze più significative:

Cassazione n. 29377/2019

L'evento del reato previsto dall'art. 2638, comma secondo, cod. civ. può essere integrato, oltre che dall'impedimento "in toto" dell'esercizio della funzione di vigilanza, dall'effettivo e rilevante ostacolo frapposto al dispiegarsi della funzione, con comportamenti di qualsiasi forma, comunque tali da determinare difficoltà di considerevole spessore o un significativo rallentamento - e non il mero ritardo - dell'attività di controllo (In motivazione, la Corte ha richiamato la necessità di fornire della disposizione in esame un'interpretazione conforme al canone costituzionale di offensività e sistematicamente coerente con le previsioni degli artt. 187-quindecies del D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 e 306 del D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209).

Cassazione n. 42778/2017

Integra il reato di cui all'art. 2638 cod. civ. la condotta dell'amministratore di un istituto di credito il quale, attraverso l'artificiosa rappresentazione nel patrimonio di vigilanza di elementi positivi fittizi, costituiti da azioni ed obbligazioni acquistate da terzi con finanziamenti erogati in loro favore dallo stesso istituto creditizio, senza che tale circostanza venisse resa nota agli organi di vigilanza, abbia in tal modo occultato l'effettiva situazione economica della banca amministrata e determinato un effettivo e rilevante ostacolo alle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (Fattispecie in tema di concorso formale tra le ipotesi previste dal primo e dal secondo comma dell'art. 2638 cod. civ.).

Cassazione n. 6884/2015

Il delitto di cui al primo comma dell'art. 2638 cod. civ. è un reato di mera condotta, integrato sia dall'omessa comunicazione di informazioni dovute che dal ricorso a mezzi fraudolenti volti ad occultare l'esistenza di fatti rilevanti per la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, mentre il reato previsto dal secondo comma è un delitto di evento, che richiede la verificazione di un effettivo e rilevante ostacolo alla funzione di vigilanza, quale conseguenza di una condotta che può assumere qualsiasi forma, tra cui anche la mera omessa comunicazione di informazioni dovute; ne consegue che tra le due fattispecie è configurabile un concorso formale ex art. 81, comma primo, cod. pen., qualora la condotta illecita si concretizzi nella omessa comunicazione alle autorità di vigilanza di informazioni dovute (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto integrato il concorso formale tra i reati previsti dai primi due commi dell'art. 2638 cod. civ. nella condotta dei legali rappresentanti di una società cooperativa che avevano omesso di indicare nei bilanci societari una fideiussione rilasciata in favore di altra società, altresì omettendo di darne comunicazione al competente organo di revisione).

Cassazione n. 10108/2014

Integra il delitto di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza la dolosa omissione, da parte del presidente di una società di calcio professionistica di fornire informazioni obbligatorie alla Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC), posto che a questa è riconosciuta la titolarità di un potere ispettivo e di controllo di rilevanza pubblicistica attinente alla regolarità della gestione delle società professionistiche di calcio.

Data: 07/04/2020 12:00:00
Autore: Giovanni Tringali