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Violenze in famiglia ai tempi del Coronavirus

La tutela delle vittime di violenza al tempo del Covid-19: riflessioni su come conciliare l'emergenza generale con quella particolare


Avv. Matteo Santini e Dott.ssa Elena Bonamin - La presente trattazione intende qualificarsi quale contributo volto a prospettare, senza alcuna pretesa di completezza, taluni dei profili problematici inerenti le modalità di attivazione degli strumenti di tutela, a favore di quei soggetti più deboli, che a causa delle restrizioni imposte per contrastare l'emergenza sanitaria del Covid-19, si trovano a dover fronteggiare, quotidianamente, situazioni di violenza o di disagio anche all'interno di contesti domestici o familiari.

Lockdown Italia e pericolo violenze

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Le limitazioni stabilite dai recenti decreti legge - sebbene doverose e necessarie per il contenimento dell'attuale pandemia, si pensi al più recente decreto "Cura Italia" - come è noto hanno determinato oltre al lockdown della maggior parte degli esercizi commerciali, deputati allo svolgimento di attività non essenziali, anche una notevole riduzione degli spostamenti sul territorio, causando per l'effetto una profonda diminuzione del volume dei rapporti sociali ed interpersonali, realizzabili nella maggior parte dei casi ed in costanza dell'attuale stato di emergenza, solo attraverso l'ausilio di strumenti o piattaforme digitali.
Occorre evidenziare, pertanto, che se sottostare alle limitazioni imposte a causa dell'emergenza sanitaria appare difficoltoso per la maggior parte delle persone, in considerazione magari di particolari urgenze familiari, dell'attività esercitata o del valore dei propri affari, lo è ancora di più per tutti coloro che a causa della reclusione forzata sono esposti ovvero costretti, a situazioni di evidente pericolo, in tali contesti infatti l'isolamento entro le mura domestiche può divenire reale fonte di preoccupazione per la propria vita.
Si pensi ad esempio alle donne, sole o con prole, che subiscono o che hanno subito violenza, oppure agli anziani o alle persone non autosufficienti vittime di percosse e/o maltrattamenti all'interno delle residenze protette.
Preme cioè, per meglio dire, saper vedere che vi è un'emergenza (recte: generale-sanitaria) nell'emergenza (recte: particolare –della vittima): ossia avere contezza delle conseguenze che tali restrizioni possono avere in contesti familiari o simili, segnati dalla presenza di violenze di genere, ove purtroppo è difficile evadere.

Rischio incolumità e "forma di alienazione"

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Preliminarmente, a giudizio di chi scrive, appare pacifico rilevare che per tali categorie di persone, la necessaria reclusione in casa o in altri luoghi, non solo lì esporrà ad un maggior controllo da parte dell'autore maltrattante, innalzando così il rischio per la loro incolumità ma, verosimilmente, la situazione di costrizione de qua verrà altresì avvertita come una vera e propria "forma di alienazione", accrescendo ancora di più la necessità (rectius: dovere) normativo-fattuale di potenziare il lavoro degli agenti, investiti da obblighi di protezione, conciliando al contempo, la giustificazione del problematico allontanamento della vittima dal luogo delle violenze, per porre in essere le attività propedeutiche per l'attivazione della sua tutela.
A tal riguardo, appare corretto rilevare come è proprio in situazione di tal guisa che affianco all'ordinario Stato di Diritto, impegnato in una convulsa decretazione d'urgenza, dovrebbe delinearsi un altrettanto straordinario Stato Sociale deputato ad evitare che il principio della tutela alla salute ovvero della vita umana, posto alla base dei provvedimenti restrittivi, venga meno, o si rovesci al contrario in una maggiore esposizione alla violenza in danno dei soggetti di cui si discute. Occorre cioè valutare e tentare di realizzare un giusto bilanciamento degli interessi meritevoli di tutela concernenti le situazioni che qui ci occupano.

Tutele giudiziali

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Ciò posto, occorre primariamente evidenziare che gli strumenti urgenti attualmente disponibili per la tutela delle donne vittime di violenza, come ad esempio allontanamenti civili (artt. 342 bis e 342 ter c.c.) e misure cautelari penali (artt. 384 bis c.p.p. e 387 c.p.), rientrano tra le procedure urgenti e indifferibili che possono/debbono essere attivate anche in questo momento di stretta sull'attività dei Tribunali, tutti.
Per tali procedure invero i termini non sono sospesi e le udienze si possono tenere. Questo significa dunque, che gli Uffici Giudiziari sono attivi e operanti sia per le procedure già in corso sia per quelle da doversi incardinare, anche se con riguardo alle misure citate, preme osservare che l'allontanare prioritariamente il violento lasciando la donna e i figli a casa, dovrebbe essere la soluzione principale sempre, non solo in tempi di virus.

Oggi come ieri, Coronavirus o no, il problema rimane comunque la capacità di leggere e riconoscere la violenza, ed a parere di chi scrive, è proprio su questo che sarebbe necessario un maggior coordinamento, medio tempore, deputato alla realizzazione di una coscienza comune, tra cittadini ed istituzioni.
Più nello specifico, tenendo a mente i diritti della persona all'interno del sistema famiglia, ed in ossequio a quanto stabilito dalla nostra Costituzione, si pensi all'art. 2, al dettato dell'art. 13 , al combinato disposto degli artt. 29 e 31 sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, oltre che all'art. 8 della CEDU, che tutela il rispetto della vita privata e familiare, non v'è chi non veda - come necessariamente doveroso - sia da qualificarsi, in un clima emergenziale e del tutto peculiare come quello che stiamo vivendo, lo svolgimento di una forte attività di comunicazione e di sensibilizzazione sul territorio, affinché la vittima di violenza, già privata della sua dignità, oltre che dei diritti fondamentali citati, non lo sia anche dell'altrettanto importante diritto di ricevere una corretta informazione, obiettiva e qualificata, circa l'operatività e l'esistenza di meccanismi e strumenti all'uopo preposti per la sua salvaguardia.

I centri antiviolenza

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La donna, o più in generale, la vittima di violenza deve sapere che oltre alle forze di polizia e ai Tribunali operano sul territorio anche strutture disponibili ad ospitarla, (laddove riesca a "fuggire" dal rigido contesto familiare), come i centri antiviolenza, senza doversi, pacificamente accollare, l'ulteriore preoccupazione di incappare in sanzioni a causa delle restrizioni alla libertà di circolazione che, ad ogni buon conto, appaiono facilmente superabili in sede di autocertificazione come situazioni di necessità.
I centri antiviolenza, grazie all'attività di informazione e sensibilizzazione sopra esposta e ad un costante contributo delle istituzioni, otterrebbero un maggior sostegno a quella che è la loro attività. Le strutture in commento, riuscirebbero in tal modo da un lato, ad accogliere, nel rispetto dei protocolli di sicurezza, nuove persone tutelando di conseguenza chi già è ospitato, e dall'altro, seppur in modo limitato, continuerebbero la loro attività di supporto per tutte quelle donne che sono riuscite a riacquistare un percorso di autonomia.

Le app e i messaggi in codice

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Inoltre, sebbene le situazioni di violenza siano tutte all'evidenza complesse, nell'impossibilità di fuga, occorre deputare la richiesta di aiuto all'utilizzo di specifiche tecnologie. Si pensi alla recente app "YouPol", oppure all'introduzione di nuove linee telefoniche di pronto intervento disponibili h24, oltre al noto 1522. Senza dimenticare come la fruizione di piattaforme digitali, preposte alla comunicazione, potrebbe esser utilizzata per realizzare incontri o colloqui, al momento non realizzabili vis a vis per l'emergenza sanitaria, col personale del centro antiviolenza.
Altro strumento, già noto all'estero e di recente introduzione in Italia – su cui sarebbe opportuno fare informazione - è quello di comunicare "in codice" la propria situazione di emergenza.
Si segnala al riguardo la recente introduzione dell'espressione "mascherina 1522", finalizzata per chiedere aiuto in ipotesi di Codice Rosso.

Abusi sugli anziani e strumenti di tutela

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Uno discorso assai più delicato e complesso invece attiene la trattazione degli episodi di violenza perpetuati a danno di anziani o persone non autosufficienti all'interno delle residenza protette.
L'abuso sugli anziani, rispetto a quello su una donna è più difficile da rilevare, poiché molti dei segni sono sottili e spesso la vittima è poco propensa o incapace a far emergere l'abuso. Le vittime possono nascondere la violenza per la vergogna, la paura di rappresaglie o il desiderio di proteggere l'autore.
Paradossalmente, quando le vittime dell'abuso cercano aiuto, ricevono spesso ed in modo involontario risposte inadeguate dal personale sanitario, o anche da parte dei familiari che sovente, per esempio, possono considerare inconsapevolmente le lamentele sul maltrattamento subito come confusione, paranoia, demenza.
Si ravvisa dunque anche per questa categoria di soggetti, la necessità di un tempestivo intervento a fronte del fatto che, l'alienazione sociale di cui si discuteva in precedenza, in queste circostanze, si trasfigura ancora di più assumendo i connotati di un vero e proprio isolamento sociale trascinando col tempo il soggetto passivo in uno stato di vero e proprio abbandono.
Anche queste ipotesi, necessitano di strumenti di tutela efficaci e calibrati sui nuovi protocolli di sicurezza pubblica. Si suggerisce, laddove la situazione lo consenta il potenziamento dei servizi di ascolto da parte di personale medico specializzato, anche con modalità in differita.
Oppure, porre in essere una serie di misure straordinarie deputate al controllo e alla vigilanza di quelle che sono all'evidenza già identificate come situazioni a rischio, c'è bisogno cioè di una massiccia collaborazione tra strutture-personale-istituzioni e ovviamente forze dell'ordine, fintantoché lo stato di emergenza non sarà disinnescato.
In conclusione dunque, appare di tutta evidenza come rilevante sia l'impatto dell'emergenza del Covid-19 in tutti quei contesti familiari o domestici caratterizzati purtroppo da situazioni di violenza di genere e di accesa conflittualità, ove si corre il grave rischio di trasformare il non facile isolamento sociale in una vera e propria situazione di alienazione e abbandono della vittima.
Alle luce delle argomentazioni fornite, dunque, col solo fine di evitare che ciò accada, occorre sviluppare dapprima una coscienza comune declinata sia nel lavoro degli Uffici Giudiziari che nelle attività di assistenza pubblica soprattutto in ossequio ai principi costituzionali ed europei di cui si è detto, per poi potenziare le strutture non paralizzate dell'emergenza da Covid-19, svolgendo all'uopo un'attività di informazione e sensibilizzazione.
Appare ragionevole ritenere che in tal modo, accanto ad un Stato di Diritto, la vittima o comunque i soggetti di cui si è detto avranno contezza anche della presenza di un vero e proprio Stato Sociale.
Data: 04/04/2020 09:00:00
Autore: Matteo Santini