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Processo penale da remoto nella bufera

Il Garante privacy scrive al Ministro Bonafede per verifiche sul trattamento dei dati personali nel processo a distanza e sul coinvolgimento delle piattaforme informatiche indicate dal DGSIA. Proseguono le proteste dei penalisti


di Lucia Izzo - Mentre la giustizia si prepara per la "Fase 2", anche il Garante per la protezione dei dati personali è sceso in campo e ha chiesto chiarimenti in relazione al "processo penale da remoto", su cui tanto si è discusso negli ultimi giorni.

Il Garante scrive a Bonafede

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In particolare, il presidente dell'authority, Antonello Soro, ha scritto una lettera (qui sotto allegata) al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede a seguito delle segnalazioni giunte da parte dell'Unione Camere Penali. Il Garante ha richiesto al Guardasigilli "ogni elemento ritenuto utile alla migliore comprensione delle caratteristiche dei trattamenti effettuati nel contesto della celebrazione, a distanza, del processo penale".
Anche la Presidente f.f. del CNF, Maria Masi, aveva evidenziato come "l'aspetto che preoccupa maggiormente gli operatori tutti è quello relativo alla trattazione delle udienze da remoto per i procedimenti ritenuti urgenti e non rinviabili, tenuto conto che l'urgenza e la natura stessa di tantissimi procedimenti (non solo quelli penali) ne esigerà la trattazione". Da qui la necessità di un "metodo concordato tra avvocati e magistrati".

Unci: "contrari a smaterializzazione del processo"

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La Giunta dell'Unione Camere penali italiane, in particolare, si sempre detta fermamente contraria "ad ogni forma di smaterializzazione del processo e dell'aula giudiziaria" trattandosi di una "proposta palesemente incompatibile con le fondamentali caratteristiche ideali e strutturali del giusto processo penale" nonchè "in frontale e insanabile contrasto con i principi costituzionali che lo presidiano".
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L'Unci ha posto l'accento anche sui rischi che il progetto di eliminazione della fisicità del luogo di udienza e delle relazioni tra i soggetti del processo avrebbe sulle vigenti regole sulla protezione dei dati e di sicurezza informatica.
In particolare, sono finite nel mirino dei penalisti le "piattaforme informatiche riconducibili ad imprese commerciali private sottratte alla vigilanza della giurisdizione nazionale, senza alcuna garanzia di legittimità, segretezza, privacy e cyber security dell'accesso ai dati e del loro trattamento secondo le vigenti norme italiane, nonché seguendo modalità organizzative determinate non dalla legge ma, incredibilmente, dall'autorità amministrative ministeriale".
La nota dell'Unci, richiamata dal Garante Privacy, si interroga sulle caratteristiche delle piattaforme indicate dalla DGSIA (Teams e Skype for business) ai fini della celebrazione da remoto delle udienze penali, sulla base di quanto disposto dai Decreti Legge nn. 11 e 18 del 2020, nonché sull'opportunità della scelta di un fornitore del servizio in questione stabilito negli USA e, come tale, soggetto tra l'altro all'applicazione delle norme del Cloud Act (che come noto attribuisce alle autorità statunitensi di contrasto un ampio potere acquisitivo di dati e informazioni).

Udienze da remoto: piattaforme informatiche e rischi privacy

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Il quesito in parola rappresenta anche l'esigenza di verificare la conformità, rispetto alla disciplina del d.lgs. n. 51 del 2018, dei trattamenti di dati personali realizzati mediante gli applicativi indicati, alla luce dei termini del servizio concordati tra Microsoft Corporation e il Ministero della Giustizia.
Si tratta di temi che il Presidente Soro giudica "sicuramente rilevantissimi e degni, pur nella condizione emergenziale che stiamo vivendo, della massima attenzione, al fine di coniugare esigenze di giustizia, tutela della salute e protezione dati".
Il Garante sottolinea di non essere stato investito di alcuna richiesta di parere sulle norme emanate in merito, con decretazione d'urgenza, né sulle determinazioni della DGSIA in ordine alla scelta della piattaforma e dell'applicativo da indicare, ai fini della celebrazione da remoto del processo penale. Un passaggio "tutt'altro che formale e che ha, invece, consentito sinora di realizzare un confronto sempre utile al fine di massimizzare la tutela dei vari beni giuridici in gioco, tra i quali appunto anche il diritto alla protezione dei dati personali",

È bene, secondo l'Autorità che "pur in un contesto difficile quale quello che viviamo, non venga meno quella leale cooperazione istituzionale rivelatasi, senza eccezioni, estremamente proficua per tutti gli interessi giuridici in gioco".
Data: 21/04/2020 09:00:00
Autore: Lucia Izzo