Il crimine internazionale di aggressione
Prospettive generali, profili sostanziali e profili procedurali del supremo crimine internazionale di aggressione dalla nascita alle criticità
di Giulia Codispoti - Nell'estate del 2010 si è svolta a Kampala - capitale dell'Uganda - la prima Conferenza di Revisione dello Statuto di Roma, elaborato nel 1998, anno che segna la nascita della Corte Penale Internazionale.
Fin dall'entrata in vigore dello Statuto, il crimine internazionale di aggressione è stato un tema dibattuto e controverso, tanto da spaccare il fronte dei plenipotenziari presenti a Roma: una parte di essi non voleva che il suddetto crimine fosse inserito tra i crimini perseguibili dalla Corte, di opinione opposta l'altra parte di delegazioni.
- La nascita del crimine internazionale di aggressione
- La nuova fattispecie dell'articolo 8-bis
- Gli articoli 15-bis e 15-ter: profili procedurali
- Criticità e complessità
La nascita del crimine internazionale di aggressione
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Si decise allora di inserire il crimine di aggressione all'interno dell'art. 5 dello Statuto della CPI - insieme al crimine di genocidio, ai crimini di guerra ed ai crimini contro l'umanità - il quale elenca i crimini sottoposti alla sua giurisdizione, ma contemporaneamente si stabilì di posticipare ad un momento successivo la sua definizione. Nei fatti, dunque, la Corte Penale Internazionale non poteva all'epoca perseguire effettivamente i presunti responsabili di atti di aggressione; fu una scelta che si definì di compromesso.
Nel corso degli anni, moltissimi esperti hanno lavorato duramente ed incessantemente per definire il crimine di aggressione, nonché le condizioni procedurali alle quali la Corte avrebbe potuto esercitare la sua giurisdizione su tale crimine. La maggiore criticità si riscontrava nel fatto che il crimine di aggressione riguarda il jus ad bellum, l'antico diritto di ciascuno Stato sovrano di utilizzare la guerra come strumento politico legittimo. Sappiamo che ci sono voluti secoli per condannare la guerra e gli atti di aggressione, e questa convinzione è iniziata ad insinuarsi nello scenario internazionale solo a seguito delle atrocità della Seconda Guerra Mondiale - e grazie al magistrale operato dei Tribunali Militari di Norimberga e Tokyo.
Nel 2009 lo Special Working Group of Crime of Aggression ha concluso il proprio mandato, ed ha fornito alla Conferenza diverse proposte relative alla definizione del crimine ed alle condizioni per l'esercizio della giurisdizione da parte della Corte Penale Internazionale.
La nuova fattispecie dell'articolo 8-bis
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Al termine della Conferenza di Kampala, sono stati inseriti tre nuovi articoli nello Statuto di Roma; cominciamo con l'articolo 8bis.
Ai sensi del primo paragrafo, per crimine di aggressione si intende la pianificazione, preparazione, inizio o esecuzione, da parte di una persona in grado di esercitare effettivamente il controllo o di dirigere l'azione politica o militare di uno Stato, di un atto di aggressione che per carattere, gravità e portata costituisce una manifesta violazione della Carta delle Nazioni Unite.
Ai sensi del secondo paragrafo, per atto di aggressione si intende l'uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l'integrità territoriale e l'indipendenza politica di un altro Stato, o in qualunque altro modo contrario alla Carta ONU. Segue poi un elenco, meramente esemplificativo, di condotte che debbono qualificarsi come atti di aggressione.
Ai sensi del secondo paragrafo, per atto di aggressione si intende l'uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l'integrità territoriale e l'indipendenza politica di un altro Stato, o in qualunque altro modo contrario alla Carta ONU. Segue poi un elenco, meramente esemplificativo, di condotte che debbono qualificarsi come atti di aggressione.
Viene quindi distinta una condotta individuale ed una condotta statale; dal punto di vista del diritto penale sostanziale, la condotta statale - l'atto di aggressione - è un presupposto del crimine individuale di aggressione.
SI desume, inoltre, dalla definizione che il crimine di aggressione è un c.d. leadership crime, poiché può essere commesso solamente da un soggetto di vertice all'interno dell'organizzazione statale. Le condotte concrete di cui può rispondere un tale soggetto sono quattro: pianificazione (corrisponde alla fase ideativa), preparazione (corrisponde all'organizzazione materiale per eseguire il crimine), inizio e conduzione. Per quanto concerne l'elemento soggettivo, possiamo affermare che oltre alla normale coscienza e volontà dell'azione, si ritiene necessario che sussista anche il c.d. animus aggressionis, un ulteriore elemento aggressivo, affinché sia possibile distinguere l'aggressione dagli altri usi illeciti della forza. Inoltre, ai sensi dell'articolo 8bis, l'aggressione deve essere connotata da particolari dimensioni, che, "per carattere, gravità e portata", costituiscono manifeste violazioni della Carta ONU.
SI desume, inoltre, dalla definizione che il crimine di aggressione è un c.d. leadership crime, poiché può essere commesso solamente da un soggetto di vertice all'interno dell'organizzazione statale. Le condotte concrete di cui può rispondere un tale soggetto sono quattro: pianificazione (corrisponde alla fase ideativa), preparazione (corrisponde all'organizzazione materiale per eseguire il crimine), inizio e conduzione. Per quanto concerne l'elemento soggettivo, possiamo affermare che oltre alla normale coscienza e volontà dell'azione, si ritiene necessario che sussista anche il c.d. animus aggressionis, un ulteriore elemento aggressivo, affinché sia possibile distinguere l'aggressione dagli altri usi illeciti della forza. Inoltre, ai sensi dell'articolo 8bis, l'aggressione deve essere connotata da particolari dimensioni, che, "per carattere, gravità e portata", costituiscono manifeste violazioni della Carta ONU.
Gli articoli 15-bis e 15-ter: profili procedurali
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Questi due articoli sono indubbiamente i più controversi dell'intero pacchetto di emendamenti adottato a Kampala nel 2010. L'articolo 15bis stabilisce le condizioni alle quali la Corte Penale Internazionale può esercitare la propria giurisdizione sul nuovo crimine, nelle ipotesi in cui ad adirla sia uno Stato membro oppure il Procuratore di propria iniziativa. Stabilisce che, fermo restando l'applicazione degli articoli 12 e 13 dello Statuto, la Corte può esercitare la propria giurisdizione sul crimine di aggressione risultante da un atto di aggressione commesso da uno Stato Parte, salvo che tale Stato abbia precedentemente depositato una dichiarazione di opt-out. Uno Stato non parte allo Statuto di Roma è invece totalmente escluso dal potere giurisdizionale della Corte, sia in qualità di potenziale Stato aggressore, sia in qualità di potenziale Stato vittima. Nell'ipotesi in cui il Procuratore della CPI concluda che vi sia una ragionevole base per procedere, deve verificare se il Consiglio di Sicurezza dell'ONU abbia - tramite una risoluzione - determinato l'esistenza di un atto di aggressione. Qualora il Consiglio non proceda ad adottare una tale risoluzione entro sei mesi, il Procuratore potrà procedere alla sua indagine, purché a ciò autorizzato dalla Pre-Trial Division. All'apparenza, questi meccanismi sembrano intricati, ma cerchiamo di venirne a capo: innanzitutto, nel caso in cui ad attivare la Corte sia uno Stato membro o il Procuratore, essa non potrà agire nei confronti di uno Stato non parte - né per accusarlo, né per difenderlo. Questo primo dato è così lineare ed incontrovertibile. In riferimento sempre a questi due meccanismi di attivazione, la posizione degli Stati membri è differente: essi, in linea generale, sono sottoposti alla giurisdizione della Corte (avendola accettata ratificando il suo Statuto) ma, poiché il crimine di aggressione è considerato un emendamento allo Statuto stesso, ciascuno Stato parte ha la facoltà di non accettare la giurisdizione della Corte su tale crimine (la c.d. opt-out clause di cui accennato sopra). Nell'ipotesi in cui lo Stato coinvolto in un presunto atto di aggressione sia uno Stato parte, e non abbia esercitato questa forma di recesso, la Corte deve attendere la risoluzione del Consiglio di Sicurezza, che, in pratica, la autorizza a procedere. Solo nel caso di inerzia, la Corte potrà procedere - è previsto infatti un filtro a lei stessa interno; tuttavia l'articolo non parla di una eventuale risoluzione negativa del Consiglio, e questo ha generato moltissimi dubbi, ancora oggi non risolti definitivamente.
Il successivo articolo 15ter merita poche osservazioni, in sé considerato. Afferma che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite può deferire una situazione, di presunta commissione di un atto di aggressione da parte di uno Stato, a prescindere che questo sia Parte o meno dello Statuto di Roma. In conclusione, quindi, quando è il Consiglio ad adire la CPI, il deferimento è generale, ed estende la giurisdizione della Corte al massimo grado.
Criticità e complessità
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Sono abbastanza evidenti le differenze che intercorrono tra questi tre diversi meccanismi di attivazione della Corte Penale Internazionale, con riferimento al crimine di aggressione; differenze molto incisive nella effettiva applicazione degli emendamenti. Altrettanto evidenti sono le criticità e le complessità che circondano questo nuovo crimine internazionale, il cui accertamento e perseguimento sembrano ancorati ad un organo esterno alla Corte, vale a dire al Consiglio di Sicurezza, ed al suo funzionamento interno - merita di essere almeno citato il diritto-potere di veto dei suoi cinque membri permanenti su qualunque proposta di risoluzione, anche se relativa ad una situazione in essi stessi siano coinvolti.
Gli emendamenti sul crimine di aggressione sono divenuti operativi da pochissimo tempo, soprattutto nel campo del diritto penale internazionale; dovremmo attendere ancora per capire quali sfide si troverà ad affrontare la Corte Penale Internazionale, ed in che modo riuscirà a superarle.
Autore: Giulia Codispoti