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Il reato di false dichiarazioni all'autorità giudiziaria

Il reato di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria ex art. 374-bis c.p. è punito con il carcere fino a 5 anni


False dichiarazioni all'autorità giudiziaria: l'art. 374-bis c.p.

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Il reato previsto dall'art. 374 bis c.p. è diretto a sanzionare la condotta di coloro i quali rendano dichiarazioni mendaci oppure producano false attestazioni in certificati – o in qualunque altro atto – che siano destinati all'Autorità Giudiziaria o alla Corte Penale Internazionale, e che siano pertinenti condizioni, qualità personali, terapie in atto o rapporti di lavoro instaurati o instaurandi, tutti comunque facenti capo all'imputato che sia stato condannato ovvero che sia sottoposto ad un procedimento di prevenzione.

L'espressione introduttiva del dispositivo di cui all'art. 374 bis c.p. "salvo che il fatto costituisca più grave reato" (introdotta dall'art. 11, comma terzo, del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, poi convertito in l. 7 agosto 1992, n. 356. Il riferimento alla Corte penale internazionale però è stato inserito dall'art. 10, comma 7, della l. 20 dicembre 2012, n. 237) lascia intendere che possano essere previsti trattamenti sanzionatori diversi da altra disposizione di Legge o da Leggi speciali, in relazione all'eventuale maggiore gravità ed offensività della condotta.

Il testo dell'art. 374-bis del codice penale

Si riporta, per debita completezza espositiva, il testo dell'art. 374 bis c.p.: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque dichiara o attesta falsamente in certificati o atti destinati a essere prodotti all'autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale condizioni, qualità personali, trattamenti terapeutici, rapporti di lavoro in essere o da instaurare, relativi all'imputato, al condannato o alla persona sottoposta a procedimento di prevenzione. Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di un pubblico servizio o da un esercente la professione sanitaria".

Natura del reato e ratio legis

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Il reato di cui all'art. 374 bis c.p. è a consumazione istantanea e di pericolo. Non è un reato proprio, dacché può essere commesso da chiunque. Il bene giuridico meritevole di tutela, che il legislatore cerca di preservare con la previsione normativa de qua, è ovviamente il buon andamento dell'amministrazione della Giustizia (quindi persona offesa è la collettività, mentre invece chi subisce indirettamente il danno è persona danneggiata e come tale non legittimata a proporre, eventualmente, opposizione alla richiesta di archiviazione).

La condotta sanzionata dall'art. 374-bis c.p.

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La condotta sanzionata consiste nella realizzazione di documentazione, atti o certificati, che contengano indicazioni false e, soprattutto, che siano confezionati al fine di trarre in inganno l'Autorità Giudiziaria. La consumazione istantanea del delitto implica che non è necessario che il Giudice (o l'Autorità cui è diretto l'atto) sia effettivamente tratta in inganno, richiedendosi, ai fini della configurabilità del reato, la sola produzione di atti falsi affinché il condannato o il sottoposto a misura di prevenzione possano trarne vantaggio o profitto (di conseguenza, ai sensi dell'art. 56 c.p., si può ritenere che il tentativo è astrattamente configurabile). È altresì irrilevante la natura di detti atti o certificati, quindi non si avrà riguardo al fatto che siano solo scritture o atti pubblici, ciò che assume rilievo è la loro falsità e l'idoneità ad essere assunti quali strumenti di prova.

La pena

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Chi commette il delitto di cui all'art. 374 bis c.p. è punito la reclusione da uno a cinque anni. Il comma 2 prevede una circostanza aggravante, ovvero se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di un pubblico servizio o da un esercente la professione sanitaria. In tal caso la pena è da due a sei anni.

Elemento soggettivo

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Per quanto riguarda l'elemento soggettivo è richiesto il dolo generico, ovvero la volontà cosciente di realizzare e sottoporre all'Autorità Giudiziaria un documento falso. Infatti a nulla rileva che l'intento sia quello di trarre in inganno il Giudice o l'Autorità Giudiziaria, essendo invece sufficiente la semplice falsità degli atti.

Data: 22/05/2020 13:30:00
Autore: Daniele Paolanti