Sovraindebitamento tra 'decreti COVID' e difficoltà economiche globali
di Paolo M. Storani - Ho il piacere di presentare ai visitatori di LIA Law In Action un elaborato frutto del lavoro a quattro mani dei Colleghi Avv. Matteo Conte ed Avv. Giulio Magliano del Foro di Cuneo sulla disciplina del sovraindebitamento.
Li ringrazio sentitamente per l'ambita preferenza al pari dell'Avv. Gino Arnone, per la collaborazione prestata.
Buona lettura!
La disciplina del sovraindebitamento tra "decreti COVID" e difficoltà economiche globali
Autori: Avv. Matteo Conte – Avv. Giulio Magliano
- Una premessa
- Il nuovo Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza e il c.d. Dl Liquidità
- Le procedure di composizione della crisi di sovraindebitamento per i piccoli imprenditori, gli imprenditori agricoli e i consumatori
- L'accordo di composizione della crisi
- Il piano del consumatore
- La liquidazione del patrimonio
Una premessa
Il presente contributo ha lo scopo di analizzare l'attuale quadro normativo in materia di composizione della crisi da sovraindebitamento, chiarendone i tratti essenziali, anche alla luce delle recenti novità, introdotte dai provvedimenti governativi, per contenere gli effetti negativi che l'emergenza epidemiologica COVID-19 sta producendo sul tessuto socio-economico nazionale.
Si sta infatti assistendo ad un fenomeno epocale, dai tratti certamente tragici per l'economia nazionale e globale, le cui conseguenze saranno ancor più significative per quelle imprese che già versavano in precarie condizioni prima dell'emergenza sanitaria o per quei consumatori già fortemente indebitati prima del c.d. lockdown.
In questo quadro delicato, lo scorso 6 aprile, il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23, recante "Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali" che introduce – oltre ad attesi interventi in tema di liquidità – una serie di misure temporanee per le imprese che incidono sia sulla disciplina fallimentare, sia su quella societaria.
Il nuovo Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza e il c.d. Dl Liquidità
Come indicato in premessa, il Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23 (in Gazz. Uff., 8 aprile 2020, n. 94), c.d. "DL Liquidità", ha introdotto alcune importanti novità in materia concorsuale.
In primo luogo, il DL ha disposto il differimento dell'entrata in vigore del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, c.d. "Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza", al prossimo al 1° settembre 2021.
Il nuovo Codice – che riforma in modo organico la disciplina delle procedure concorsuali, con l'obiettivo di consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese – sarebbe dovuto entrare in vigore a partire dal prossimo 15 agosto, introducendo importantissime novità (si pensi, ad esempio, alle procedure di allerta) e dando maggiore organicità ai procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento, introdotti nel nostro ordinamento dalla L. 27 gennaio 2012, n. 3.
Nel 2012, infatti, il nostro Legislatore, sulla scia di molti ordinamenti stranieri, che avevano progressivamente allargato l'ambito di applicabilità delle procedure concorsuali "tradizionali" anche a soggetti che ne erano esclusi (piccole imprese, professionisti, consumatori), ha ritenuto di elaborare uno specifico strumento mirato a fronteggiare il problema dell'indebitamento crescente, introducendo uno rito, ad impulso volontario del debitore, diretto a comporre una determinata situazione di crisi o insolvenza e con effetti esdebitatori (c.d. fresh start).
La crisi economica, il ruolo crescente del consumo finanziato a credito e il progressivo indebolimento del welfare, hanno infatti provocato una sempre più ragguardevole esposizione passiva delle imprese e delle famiglie: si consideri, ad esempio, che, nel 2010, ben 300.000 famiglie italiane non sono state in grado di pagare i loro debiti, 160.000 risultavano sovraindebitate con passività superiori alle attività e che, nel settanta per cento dei casi, il sovraindebitamento derivava dalla conclusione di contratti di credito al consumo o, più raramente, dalla conclusione di un mutuo.
Con specifico riferimento al sovraindebitamento, il nuovo "Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza" – che estende anche al nostro Paese il principio di origine comunitaria della c.d. seconde chance – si propone di colmare le lacune della precedente normativa, risolvendo molte delle questioni più controverse e recependo la giurisprudenza di legittimità e di merito che, negli anni, si è interrogata in ordine alla concreta applicazione della norma.
Il "DL Liquidità", differendo l'entrata in vigore del "Codice", introduce alcune misure finalizzate a salvaguardare la continuità delle imprese in questo inaspettato e drammatico frangente economico, necessarie in conseguenza della progressiva ed inevitabile crisi di liquidità quale conseguenza del lockdown di numerosissime attività imprenditoriali.
L'esecutivo ha dunque previsto "Disposizioni in materia di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione" (art. 9), prevedendo che "I termini di adempimento dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione omologati aventi scadenza nel periodo tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2021 sono prorogati di sei mesi", nonché "Disposizioni temporanee in materia di ricorsi e richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza" (art. 10), disponendo che i ricorsi per la dichiarazione di fallimento presentati dal 9 marzo fino al 30 giugno 2020 siano improcedibili.
Tali disposizioni, sicuramente opportune in ragione dell'emergenza che stiamo affrontando, non affrontano tuttavia il tema dei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento.
In uno scenario così delineato, dunque, la L. 27 gennaio 2012, n. 3, continuerà a spiegare i propri effetti sino al prossimo settembre 2021: tutti i procedimenti che saranno introdotti sino a tale data saranno pertanto regolati dalla disciplina del 2012 e le procedure già in corso non subiranno modifiche o deroghe speciali in ragione dell'emergenza COVID.
È tuttavia evidente che gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica COVID-19 si riverbereranno anche sui debitori che abbiano già concluso un accordo di composizione della crisi e che, nei prossimi mesi, dovranno darne esecuzione. Tali soggetti potrebbero, dunque, non essere nelle condizioni di rispettare gli accordi presi nel piano omologato (si pensi, ad esempio, al piccolo imprenditore che abbia raggiungo un accordo di composizione della crisi "in continuità" obbligato a cessare temporaneamente la propria attività).
In tale ottica, il Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, con documento pubblicato lo scorso 6 aprile, ha fornito alcune soluzioni interpretative per consentire di adeguare l'attuale contesto emergenziale alle previsioni della L. n. 3/2012.
Si tratta, nello specifico, di indicazioni finalizzate non solo a richiedere al Giudice la sospensione dell'esecuzione degli accordi o dei piani omologati, ma altresì ad accordare al debitore la possibilità di modificare gli stessi, anche successivamente all'omologazione, al fine di agevolarne l'esecuzione e di semplificare, quanto più possibile, la prosecuzione dei procedimenti pendenti.
Nello specifico, il CNDCEC ricorda come la L. 27 gennaio 2012, n. 3, al suo art. 13, comma 4-ter, preveda che "Quando l'esecuzione dell'accordo o del piano del consumatore diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore, quest'ultimo, con l'ausilio dell'organismo di composizione della crisi, può modificare la proposta e si applicano le disposizioni di cui ai paragrafi 2 e 3 della presente sezione".
Secondo il condivisibile parere del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, dunque, tale disposizione potrà trovare applicazione in riferimento a tutti i piani/accordi del debitore o consumatore, la cui esecuzione sia divenuta impossibile in considerazione dell'attuale contesto emergenziale e, dunque, di un evento manifestamente non imputabile al debitore.
Ne consegue che i debitori, nei confronti dei quali sia già intervenuta l'omologazione di un piano o di un accordo, potranno rimodularne le modalità e le tempistiche dell'esecuzione, avvalendosi dell'ausilio dell'OCC, cui la stessa L. 3/2012 attribuisce, in via generale, l'obbligo di risolvere le eventuali difficoltà insorte nell'esecuzione dell'accordo e di vigilare sul suo esatto adempimento.
Occorre naturalmente evidenziare che il citato art. 13, comma 4-ter, L. 3/2012, dopo aver specificato le condizioni al ricorrere delle quali sia possibile modificare la proposta, opera un rinvio alle disposizioni contenute nei paragrafi II e III della L. 3/2012, ovvero alle norme che disciplinano il raggiungimento dell'accordo con i creditori e la relativa omologazione, richiedendo, pertanto, la reiterazione del procedimento (deposito della proposta di accordo, munita della relativa attestazione dell'Organismo di Composizione della Crisi, che sarà notificata ai creditori per l'esercizio del diritto di voto, ovvero, per i piani del consumatore, passerà al vaglio del Giudice per le valutazioni di cui si dirà nei successivi paragrafi).
In proposito, non si possono che condividere le perplessità sollevate dal CNDCEC, laddove osserva che una simile previsione – anche alla luce della sospensione dei termini processuali – non appare del tutto adeguata a soddisfare da un lato, l'esigenza di concedere ai debitori la possibilità di apportare celermente modifiche ai piani e, dall'altro, a garantire le esigenze di semplificazione richieste dall'attuale fase emergenziale, nella gestione dei procedimenti pendenti e futuri: tale criticità si ravvisa, in particolar modo, con riferimento agli accordi di composizione della crisi, ove l'avvio di un ulteriore iter, finalizzato al raggiungimento di un nuovo accordo con i creditori, rischierebbe di dilatarne eccessivamente la durata.
Per tale ragione, il CNDCEC suggerisce che, con riferimento agli accordi di composizione della crisi, si potrebbe ipotizzare un procedimento "abbreviato" rispetto a quello ordinario, utilizzabile laddove il debitore intenda modificare unicamente le tempistiche di adempimento previste dal piano (dunque, soltanto le "scadenze") e non anche le modalità di pagamento e gli importi spettanti ai creditori.
In assenza di specifiche disposizioni normative o di provvedimenti emessi dai Tribunali, il CNDCEC suggerisce che ciascun debitore possa, con apposita istanza, rivolgersi al Giudice Delegato per proporre la soluzione offerta dal Consiglio Nazionale, con l'auspicio di individuare, per ciascuna procedura, la soluzione migliore per affrontare questo periodo di emergenza e giungere, quanto prima, all'omologazione di un nuovo progetto per la composizione della crisi da sovraindebitamento.
In ogni caso, occorre evidenziare che, a prescindere dalla soluzione interpretativa proposta dal CNDCEC, il debitore può comunque richiedere, con l'ausilio dell'OCC, al Giudice Delegato la sospensione dell'esecuzione dell'accordo o del piano omologato, ricorrendo un'ipotesi di impossibilità sopravvenuta all'adempimento per causa non imputabile al debitore.
Tutto ciò premesso, considerato come gli interventi normativi emergenziali non abbiano inciso sulla normativa del sovraindebitamento (salvo che per il differimento dell'entrata in vigore del codice della crisi), si propone, di seguito, un'analisi delle differenti procedure di composizione della crisi previste dalla L. 27 gennaio 2012, n. 3, che, come detto, troveranno applicazione per tutti i procedimenti attivati sino al prossimo 1° settembre 2021.
Le procedure di composizione della crisi di sovraindebitamento per i piccoli imprenditori, gli imprenditori agricoli e i consumatori
Si procede, dunque, all'analisi del quadro normativo attuale.
Il novero dei soggetti a cui è consentito il ricorso alle procedure ai sensi della L. 3/2012 è piuttosto ampio: accanto ai consumatori in difficoltà finanziaria, vi sono infatti gli imprenditori commerciali privi dei requisiti di fallibilità, indipendentemente dalle dimensioni, gli imprenditori commerciali cessati da oltre un anno, gli imprenditori agricoli, i lavoratori autonomi, i professionisti, le società tra professionisti ed artisti, gli enti no profit, le start up innovative, dunque soggetti ai quali, in generale, è precluso accedere a strumenti quali l'esdebitazione, la transazione fiscale e l'accordo di ristrutturazione.
Com'è noto esistono diverse tipologie di procedure da sovraindebitamento (rectius: diversi tipi di domanda, cui seguono diversi procedimenti).
Il principale requisito per accedere alla procedura da sovraindebitamento, comune a tutte le tipologie di domanda e che ne costituisce il fondamento, è previsto dall'art. 6 della L. 27 gennaio 2012 n. 3 ed è rappresentato dal c.d. "stato di sovraindebitamento", che consiste in una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà ad adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente.
Su tale condizione occorre riflettere attentamente, dovendo correttamente perimetrare il significato da attribuire all'attributo "perdurante"; è piuttosto chiaro che uno squilibrio tra obbligazioni assunte e capacità di adempierle potrebbe derivare anche da uno shock che incida su un assetto in precedenza sostenibile ed equilibrato (si pensi, ad esempio, alla perdita di un famigliare produttore di reddito, alla perdita del lavoro, a un periodo di chiusura forzata dell'attività, ad una separazione o divorzio et similia); l'aggettivo perdurante, quindi, non si ritiene faccia riferimento ad una durata temporale della crisi, ma bensì alla sua non transitorietà.
Ai sensi dell'art. 7 della legge citata la domanda non è ammissibile quando il ricorrente:
• sia assoggettabile a procedure concorsuali (assenza di requisito soggettivo);
• abbia fatto ricorso negli ultimi 5 anni ad una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento;
• non abbia fornito documentazione idonea alla ricostruzione della sua situazione economica e patrimoniale;
• non abbia subìto per cause a lui imputabili una impugnazione e revoca di una procedura da sovraindebitamento ex artt. 14 e 14 bis L. 3/2012.
Occorre poi prestare attenzione ad un ulteriore requisito, dai tratti molto incisivi, che non trova, tuttavia il proprio spazio nell'art. 7, dedicato ai generali presupposti di ammissibilità, rappresentato dall'assenza di atti in frode ai creditori.
Un'attenta lettura della legge nel suo complesso consente di ritenere che l'assenza di atti in frode ai creditori è un vaglio che dev'essere operato dal Giudice, investito del ricorso e della domanda, alla quale debbono essere allegati gli eventuali atti dispositivi compiuti negli ultimi 5 anni.
L'assenza di atti compiuti in frode ai creditori, quindi, assurge certamente al rango di presupposto di ammissibilità, ma passando attraverso una valutazione giudiziale tale inammissibilità o meno è accertata e dichiarata dal Giudice una volta depositato il ricorso.
L'allegazione di eventuali atti dispositivi compiuti negli ultimi 5 anni, tuttavia, consente già all'Organismo di Composizione della Crisi di rendersi conto della ammissibilità della domanda e, pertanto, l'assenza di atti in frode ai creditori deve considerarsi nella prassi applicativa un vero e proprio requisito essenziale da tenere in debita considerazione sin dal primigenio studio della pratica.
Ora occorre esaminare schematicamente le tre tipologie di domanda e quindi di procedura.
L'accordo di composizione della crisi
L'accordo di composizione della crisi consiste in una proposta formulata dal debitore ai creditori per la ristrutturazione dei debiti ed è a contenuto libero, fermi restando i requisiti imposti dalla legge.
Secondo la casistica più ricorrente, la proposta può prevedere una moratoria e rateizzazione che preveda il soddisfo dell'intero passivo, oppure un accordo remissorio o esdebitativo che preveda la cancellazione di una parte dei debiti e il pagamento del resto, oppure una combinazione di entrambe le soluzioni.
Come si diceva poc'anzi, la libertà del contenuto della proposta è mitigato da alcuni limiti dettati dal legislatore: al creditore di crediti non pignorabili non è possibile domandare né moratoria né stralcio ed occorre rispettare l'ordine dei privilegi dettati dal codice civile e dalle leggi speciali nonché ciascun diritto di prelazione.
Recentemente, la Corte Costituzionale (Sent. 245 del 29 novembre 2019) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 7, comma 1, L. 3/2012 nella parte in cui non consentiva la c.d. "falcidia dell'IVA" ed è quindi oggi ammesso l'accordo esdebitativo anche in riferimento a tale tributo.
L'accordo può anche essere proposto con continuità aziendale e pertanto consentire al debitore di proseguire la propria attività d'impresa elidendo la situazione di sovraindebitamento.
Dal tenore della Legge, emerge che l'OCC non è tenuto a esprimersi sulla probabile convenienza dell'accordo rispetto all'alternativa liquidatoria, il che appare logico considerando che la procedura è soggetta al voto dei creditori che possono esprimere il giudizio di non convenienza.
In ogni caso, alla proposta di accordo occorrerà allegare una attestazione di fattibilità, redatta dall'OCC, che assume foggia e contenuto pressoché analoghi a quelli previsti nell'ambito del concordato preventivo e dell'accordo di ristrutturazione ex art. 182bis LF.
L'attestazione si traduce, dunque, in un giudizio esplicito e motivato, supportato dalla previa verifica dei dati concernenti l'attivo disponibile ed il passivo da soddisfare, di probabile idoneità dell'accordo a concretizzarsi secondo i tempi e i modi predefiniti dal debitore. L'attestazione rappresenta, dunque, una vera e propria relazione che, sulla base della documentazione disponibile e degli accertamenti eseguiti, conferma l'esistenza della capacità del debitore di osservare gli impegni assunti in conseguenza dell'omologazione dell'accordo.
La proposta di accordo, una volta depositata presso il Tribunale compente, è assoggettata al voto dei creditori e pertanto il Giudice fissa un'udienza entro la quale i creditori debbono far pervenire il proprio voto.
Il Giudice con il medesimo decreto di fissazione dell'udienza dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore. La sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili (art. 10, comma 2, L. 3/2012).
Solamente all'udienza il Giudice valuta la sussistenza di atti in frode ai creditori, mentre nel caso di piano del consumatore o di liquidazione del patrimonio tale verifica viene compiuta in un momento antecedente.
I creditori sono chiamati a votare e vige il meccanismo del "silenzio–assenso" (dunque a contrario rispetto a quanto avviene nel concordato preventivo), sicché il creditore che non si esprima si considera favorevole alla proposta.
È inoltre previsto che debba votare a favore almeno il 60% dei creditori, tenendo presente che hanno diritto di voto solamente i creditori per i quali non è previsto un integrale pagamento, mentre non hanno diritto di esprimersi sulla proposta e non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta.
Una particolare attenzione dev'essere rivolta a quanto disposto dall'art. 11, comma 3, L. 3/2012, in cui è disposto che l'accordo non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso.
Ciò significa che, qualora un debito sia garantito da un altro soggetto, ciò che il creditore "perde" per effetto dell'accordo, potrà essere richiesto al garante.
L'accordo, una volta omologato, dev'essere eseguito e rispettato nei tempi e nelle modalità a pena di revoca o risoluzione.
Il piano del consumatore
Il consumatore è il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta e può accedere al piano del consumatore disciplinato dagli artt. 7, 8, 9, 12 e ss L. 3/2012.
Il piano del consumatore è assoggettato al vaglio di meritevolezza e di convenienza (mentre nella proposta di accordo l'unico vaglio è costituito dall'assenza di atti in frode) e ciò per il fatto che in tale procedura non è previsto il voto dei creditori.
L'Organismo di Composizione della Crisi dovrà quindi provvedere all'indicazione delle cause dell'indebitamento e della diligenza impiegata dal consumatore nell'assumere volontariamente le obbligazioni, ad esporre le ragioni del sovraindebitamento, valutando anche la solvibilità degli ultimi 5 anni, giudicare e relazionare sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata dal consumatore a corredo della proposta, nonché sulla probabile convenienza del piano rispetto all'alternativa liquidatoria.
Elemento molto importante nel piano del consumatore è la sua fattibilità, requisito un po' più sfumato nella proposta di accordo che può essere declinato secondo due paradigmi: da un lato come "sostenibilità" del piano del consumatore, perciò accantonando una somma per il sostentamento del debitore, e dall'altro come "realizzabilità" del piano e pertanto come possibilità di portare a termine la procedura anche se fosse di durata pluriennale.
L'OCC deve effettuare un calcolo basato sulle esigenze di vita del ricorrente (il tutto con il supporto di documenti) per poter addivenire ad un giudizio di fattibilità "verso il basso": il debitore, in sintesi, deve mettere a disposizione il proprio patrimonio, senza che ciò renda impossibile il proprio sostentamento.
Dall'altro lato, la fattibilità si traduce in un giudizio prognostico sul buon esito della procedura che può riassumersi nella possibilità per il debitore di rispettare i pagamenti proposti nel piano, di non indebitarsi ulteriormente, di avere i mezzi di sussistenza e quindi di uscire dalla crisi da sovraindebitamento nei tempi e nei modi previsti.
Il piano del consumatore prevede il vaglio di meritevolezza (art. 12 bis L. 3/2012) del debitore, dettandone i requisiti "in negativo" e quindi escludendo che il consumatore sia ritenuto meritevole quando abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere oppure abbia colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali.
Tale requisito, ove interpretato restrittivamente, sarebbe di difficile avveramento poiché il consumatore che s'indebita lo fa con la prospettiva di poter pagare (diversamente e in assenza di garanzie difficilmente riceverebbe credito). Il requisito, in effetti, dev'essere valutato alla luce della condotta del debitore nel suo complesso e tenendo anche debito conto di situazioni contingenti che possano aver inciso sulla sua incapacità di adempiere le obbligazioni.
Una volta depositato il ricorso, il Giudice se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli articoli 7, 8 e 9 e verificata l'assenza di atti in frode ai creditori, fissa l'udienza e può disporre la sospensione delle procedure esecutive sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo.
Dalla data dell'omologazione del piano i creditori con causa o titolo anteriore non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali. Ad iniziativa dei medesimi creditori non possono essere iniziate o proseguite azioni cautelari né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di piano.
La liquidazione del patrimonio
In alternativa alla proposta per la composizione della crisi, il debitore in stato di sovraindebitamento può chiedere la liquidazione di tutti i suoi beni.
Alla domanda di liquidazione devono essere allegati l'inventario di tutti i beni del debitore, recante specifiche indicazioni sul possesso di ciascuno degli immobili e delle cose mobili, nonché la cosiddetta relazione particolareggiata redatta dall'OCC che deve, tra il resto, attestare l'attendibilità della documentazione consegnata dal debitore.
La procedura è disciplinata da un insieme di disposizioni che, anche nella formulazione letterale, sembrano ispirate a quelle vigenti in materia di fallimento e costituisce, in effetti, la extrema ratio tra le tre procedure previste dalla legge sul sovraindebitamento.
Anche nella liquidazione del patrimonio è previsto il sindacato del Giudice sulla meritevolezza.
La liquidazione del patrimonio del debitore può essere essenzialmente ripartita nelle seguenti fasi: apertura della procedura, accertamento del passivo e liquidazione dell'attivo.
Il Giudice, se la domanda soddisfa i requisiti di legge, verificata l'assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi cinque anni, dichiara aperta la procedura di liquidazione (art. 14 quinquies L. 3/2012).
Il liquidatore, nominato dal Giudice, verifica l'elenco dei creditori, l'attendibilità della documentazione, forma l'inventario dei beni da liquidare e comunica ai creditori e ai titolari dei diritti reali e personali, mobiliari e immobiliari, su immobili o cose mobili in possesso o nella disponibilità del debitore che possono proporre domanda di partecipazione alla procedura (art. 14 sexies L. 3/2012).
Il liquidatore esamina le domande pervenute e predispone un progetto di stato passivo al quale possono essere fatte osservazioni.
Successivamente il professionista incaricato procede alla liquidazione del patrimonio del debitore.
Chiariti i tratti delle differenti procedure occorre, da ultimo, analizzare l'istituto della esdebitazione (ex art. 14 terdecies) che consiste nel beneficio della liberazione dei debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali e non soddisfatti.
Il Giudice concede il beneficio dell'esdebitazione al debitore persona fisica, previa istanza da depositarsi entro l'anno successivo alla chiusura della liquidazione, in presenza di precise condizioni sostanzialmente legate alla meritevolezza dei comportamenti posti in essere dal debitore.
In particolare, ai sensi dell'art. 14 terdecies L. 3/2012, il debitore persona fisica è ammesso al beneficio della liberazione dei debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali e non soddisfatti a condizione che:
a abbia cooperato al regolare ed efficace svolgimento della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utili, nonché adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;
b non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;
c non abbia beneficiato di altra esdebitazione negli otto anni precedenti la domanda;
d non sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per uno dei reati previsti dall'articolo 16;
e abbia svolto, nei quattro anni di cui all'art. 14 undecies, un'attività produttiva di reddito adeguata rispetto alle proprie competenze e alla situazione di mercato o, in ogni caso, abbia cercato un'occupazione e non abbia rifiutato, senza giustificato motivo, proposte di impiego;
f siano stati soddisfatti, almeno in parte, i creditori per titolo e causa anteriore al decreto di apertura della liquidazione.
Si precisa peraltro che l'esdebitazione è esclusa quando il sovraindebitamento del debitore è imputabile ad un ricorso al credito colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacita' patrimoniali, nonché quando il debitore, nei cinque anni precedenti l'apertura della liquidazione o nel corso della stessa, ha posto in essere atti in frode ai creditori, pagamenti o altri atti dispositivi del proprio patrimonio, ovvero simulazioni di titoli di prelazione, allo scopo di favorire alcuni creditori a danno di altri.
Giova infine segnalare che l'esdebitazione non opera per i debiti derivanti da obblighi di mantenimento e alimentari, per i debiti da risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale, nonché per le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti. Infine, non opera per i debiti fiscali che, pur avendo causa anteriore al decreto di apertura delle procedure di cui alle sezioni prima e seconda del presente capo, sono stati successivamente accertati in ragione della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
Autori: Avv. Matteo Conte e Avv. Giulio Magliano
Data: 28/04/2020 11:00:00Autore: Law In Action - di P. Storani