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WiFi: definizione, responsabilità e aspetti penali

WiFi, temine comunemente utilizzato per definire una tecnologia che non prevede l'uso di fili, è in realtà è un marchio commerciale della Wi-Fi Alliance


Cos'è il WiFi

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Il termine WiFi indica una tecnologia applicabile a personal computer, tablet, smartphone, lettori audio, stampanti, fotocamere digitali e smart Tv, impiegata nelle reti locali (WLAN) che si basa sull'assenza di fili. La portata del segnale Wifi varia a seconda della collocazione del punto di accesso wireless. Nel caso in cui l'acceso si trova all'interno di un edificio la portata del segnale è di circa 20 metri, a causa della presenza dei muri, se invece l'hot spot si trova all'esterno può arrivare fino a 100 metri, che diventano chilometri quadrati se si utilizzano più punti di accesso sovrapposti uno all'altro.

Marchio e certificazione Wifi

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Il termine Wifi, contrariamente a quello che si può pensare, non significa Wireless Fidelity. Esso infatti è un marchio commerciale della Wi-fi Alliance, che indica i protocolli IEEE 802.11, un insieme standard di trasmissione per le reti LAN.

Per questo, nel momento in cui un prodotto viene creato per essere compatibile con la tecnologia wireless, anche se è dotato delle caratteristiche standard previste, non può riportare il logo Wi-fi se prima non viene sottoposto e se non supera i test necessari per ottenere la certificazione. Solo dopo che i componenti wireless del prodotto vengono certificati come compatibili agli standard 802.11 è possibile utilizzare il logo Wi-fi. Ottenuta la certificazione il prodotto può quindi operare con gli altri dispositivi muniti del marchio Wi-fi, anche se sono stati prodotti da altre aziende.

In Italia WiFi liberalizzato

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In Italia il Wifi è stato liberalizzato con il decreto legge n. 69 del 21 giugno 2013, noto anche come decreto del fare. L'art. 10 di questo provvedimento dispone infatti che: "L'offerta di accesso alla rete internet al pubblico tramite tecnologia WiFI non richiede l'identificazione personale degli utilizzatori. Quando l'offerta di accesso non costituisce l'attività commerciale prevalente del gestore del servizio, non trovano applicazione l'articolo 25 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, e l'articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni."

Grazie a questa norma, chi possiede un locale pubblico e vuole offrire alla sua clientela il servizio Wi.fi può farlo, in piena libertà, installando semplicemente l'hot spot, senza bisogno di dover impostare credenziali per l'accesso o chiedere autorizzazioni.

La responsabilità del gestore

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Abbiano appena accennato al fatto che grazie al decreto del fare al gestore di un servizio wifi non viene più richiesta l'identificazione degli utilizzatori. Questa legge ha avuto il pregio di ribaltare quanto disposto dal precedente decreto Pisanu n. 144/2005 che invece imponeva al gestore di "osservare per il monitoraggio delle operazioni dell'utente e per l'archiviazione dei relativi dati, anche in deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 122, e dal comma 3 dell'articolo 123 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, nonchè le misure di preventiva acquisizione di dati anagrafici riportati su un documento di identità dei soggetti che utilizzano postazioni pubbliche non vigilate per comunicazioni telematiche ovvero punti di accesso ad Internet utilizzando tecnologia senza fili."

Le inevitabili ripercussioni che le condotte illecite degli utenti potevano avere sul gestore ai tempi del decreto Pisanu sono più che evidenti. Da quando però è intervenuto il decreto del fare, che ha eliminato l'obbligo di identificazione, tutto è cambiato. Sulla questione si è espressa più volte anche la Corte di Giustizia, che ha concluso per l'irresponsabilità del gestore se l'illecito è commesso dagli utenti.

Accesso abusivo Wifi

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Un'altra questione giuridica che riguarda le reti wifi sono i reati che riguardano i dati scaricabili dalla rete o i sistemi di sicurezza previsti per la sua protezione.

L'art. 615 ter c.p. prevede in effetti che "Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni." Dalla lettera della norma però emerge subito un problema di natura interpretativa. La rete wifi infatti non è proprio un "sistema informatico" e visto che il diritto penale esclude l'analogia per riempire i vuoti normativi il rischio che la condotta resti impunita non è totalmente da escludere.

Vero però che la condotta suddetta potrebbe integrare l'art. 614 quater c.p. che punisce "Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto o di arrecare ad altri un danno, abusivamente si procura, riproduce, diffonde, comunica o consegna codici, parole chiave o altri mezzi idonei all'accesso ad un sistema informatico o telematico, protetto da misure di sicurezza, o comunque fornisce indicazioni o istruzioni idonee al predetto scopo, è punito con la reclusione sino a un anno e con la multa sino a euro 5.164."

Diverso e ulteriore infine è il caso in cui una connessione wifi risulta priva di protezione. Anche qui però occorre distinguere due ipotesi: quella in cui il contratto internet è flat, da quella in cui la connessione dati è limitata.

Nel primo caso usare la connessione di un altro soggetto non crea un danno perché la bolletta resta inviata, questo certo non esclude la configurabilità di un illecito penale, soprattutto se la rete viene utilizzata magari per scaricare materiale illegale.

Nel secondo invece la condotta di chi si "aggancia" alla rete wifi altrui va ad integrare il reato di furto, visto che tra i beni mobili rientrano l'energia elettrica e qualsiasi cosa che presenta un valore economico.

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Data: 15/05/2020 17:00:00
Autore: Annamaria Villafrate