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Cassazione: rubare in sagrestia è furto in abitazione

Il furto in sagrestia deve qualificarsi come in abitazione perché trattasi di casa canonica destinata anche a luogo di privata dimora


di Annamaria Villafrate - La Cassazione con la sentenza n. 13492/2020 (sotto allegata) fornisce un importante chiarimento sul concetto di privata dimora contenuto nell'art. 624 bis c.p., che punisce il furto in abitazione, facendovi rientrare la sagrestia, in quanto luogo deputato anche alla funzione di casa canonica, il cui accesso a terze persone è rimesso alla volontà di colui che ne ha la disponibilità.

Furto in sagrestia e utilizzo indebito di carta di credito

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Il G.u.p al termine di un giudizio abbreviato condanna l'imputato per furto in abitazione ai sensi dell'art. 624 bis c.p., utilizzo indebito di carta di credito ai sensi del comma 9 art. 55 dlgs n. 231/2007 aggravato dal fine di procurare a se stesso un profitto. L'imputato ha rubato all'interno della sagrestia della chiesa locale un borsellino contenente il bancomat, che ha utilizzato per prelevare 1000 euro da una banca e per effettuare un pagamento presso una tabaccheria.

La sagrestia può essere qualificata come privata dimora?

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Condannato alla pena condizionalmente sospesa di 10 mesi di reclusione e di 400 euro di multa il difensore dell'imputato ricorre in Cassazione lamentandosi di quanto disposto in sentenza per i seguenti motivi. Prima di tutto contesta la presenza di prove a suo carico per quanto riguarda il reato di furto.

Errata anche la qualificazione giuridica del reato, visto che la sagrestia non può essere qualificata come un'abitazione, un luogo di privata dimora. In essa si svolgono infatti solo funzioni religiose. Per quanto riguarda poi l'elemento soggettivo del reato fa presente che all'imputato, nel procedimento finalizzato a ottenere l'indennità di accompagnamento, è stato riconosciuto un ritardo mentale indice di un'età anagrafica di 6/8 anni.

Con il secondo motivo rileva la mancata integrazione del reato di utilizzo indebito di carta di credito. Con il terzo infine lamenta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, stante il quadro clinico dell'imputato e la sua incensuratezza.

Chi ruba in sagrestia è come se rubasse in casa

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La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso avanzato con la sentenza n. 13492/2020, facendo presente, prima di tutto, come i motivi avanzati possono riprodurre quelli dell'appello solo entro certi limiti a condizione che contengano una censura specifica e argomentata delle ragioni illustrate nel provvedimento impugnato, principio che il difensore dell'imputato non ha rispettato in detta sede, limitandosi a ripetere pedissequamente le doglianze esposte nell'impugnazione di merito.

Detti motivi inoltre riguardano aspetti di puro merito, che come è noto, non possono trattati in sede di legittimità. Fatta questa doverosa precisazione la Cassazione, passando poi all'analisi dei vari motivi del ricorso precisa i seguenti punti.

Errate le considerazioni relative al luogo in cui si sono svolti i fatti, che pregiudicherebbe l'accusa per il reato di furto in abitazione. Questo perché: "la sagrestia è un luogo funzionale allo svolgimento di attività complementari a quelle di culto e di attività ben più riservate rispetto a quelle che si svolgono nella chiesa, tra cui la vestizione e la vestizione dei celebranti, la preparazione delle attività liturgiche, l'attività di ricevimento riservato di determinati fedeli da parte del parroco, l'espletamento di attività di gestione della parrocchia caratterizzate da profili di riservatezza. Va inoltre osservato che il rapporto tra la sagrestia e il parroco è connotata da stabilità, trattandosi di locale servente non solo rispetto all'edificio sacro ma anche alla stessa casa canonica e che, dunque, deve ritenersi luogo destinato, in tutto o in parte, a privata dimora, essendo l'ingresso di terze persone selezionato ad iniziativa di colui che ne ha la disponibilità."

Immune da vizi logici la motivazione sul punto dell'utilizzo indebito della carta di credito da parte dell'imputato. L'esistenza dell'elemento psicologico del reato risulta dal fatto che "l'imputato è affetto solo da un ritardo mentale di grado moderato, escludendo la sussistenza di un quadro psicotico, e che il predetto gode di autonomia di pensiero e di azione e di un'adeguata percezione della realtà esterna nonché di capacità critica e di valutazione delle conseguenze dei suoi atti."

Insindacabile infine la decisione sul trattamento sanzionatorio e sulla mancata concessione delle attenuanti, giustificata dalla duplice condotta spregiudicata dell'imputato, che si è manifestata con il furto del borsellino e il successivo impiego del bancomat.

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Data: 11/05/2020 10:00:00
Autore: Annamaria Villafrate