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Imprese, lavoratori e Covid-19

I primi rapporti tra imprenditore e dipendenti alla luce della pandemia da SARS-CoV-2


Sono trascorse le prime settimane dalla parziale riapertura di industrie ed imprese.
Il Covid-19 ha messo a dura prova prima il nostro sistema sanitario e ora quello economico, in un clima generale non troppo rassicurante. Occorre dunque interrogarsi sui primi rapporti tra imprenditore e dipendenti in questo nuovo contesto socio-economico.
Manca ancora molta chiarezza sulle prescrizioni in tema di tutela del lavoro da rischio covid; le prime impressioni puntano il dito sulle responsabilità del datore nella predisposizione di tutti gli strumenti necessari ad annullare il pericolo e salvaguardare la salute dei dipendenti, assimilando il rischio epidemiologico al rischio d'impresa.
Garantire questa sicurezza richiede oggi un importante sacrificio non solo economico ma anche organizzativo atteso che molte aziende producono necessariamente in aggregazione tra operai, il ché rende quasi impossibile il distanziamento sociale. Perciò, un primo contributo deve consistere quantomeno nella defiscalizzazione o nella detrazione delle voci di costo sostenute per l'emergenza.

Altresì, riconoscere l'infezione da coronavirus come infortunio sul lavoro, così come trapela dall'art. 42 del Cura Italia e confermato dall'Inail nella circolare n. 13/2020, rischia di paralizzare quei pochi temerari che hanno la voglia e la forza di ripartire, pregiudicando le PMI (una volta la base dell'economia del nostro paese) sprovviste delle risorse necessarie.
Non può essere l'imprenditore il capro espiatorio di una fonte di rischio sanitario oggi incontrollabile.
In ogni caso, dimostrare che il contagio sia avvenuto in azienda durante l'adempimento della prestazione lavorativa, nonché il rapporto causale tra le misure di sicurezza adottate e la trasmissione, non sarà così facile come per tutte le malattie virali, in particolare con l'infezione da SARS-CoV-2 che prevede un periodo di incubazione pari o superiore a 15 giorni. Quindi almeno in ordine al nesso di causalità e all'onore probatorio un buon professionista potrà tutelare gli interessi dell'impresario e la responsabilità della società ex D.Lgs. 231/2001.

Infine, la Direttiva 89/391/CEE del Consiglio Europeo del 12 giugno 1989, consente agli Stati membri "di prevedere l'esclusione o la diminuzione della responsabilità dei datori di lavoro per fatti dovuti a circostanze a loro estranee, eccezionali e imprevedibili, o a eventi eccezionali, le conseguenze dei quali sarebbero state comunque inevitabili, malgrado la diligenza osservata".
Gli strumenti quindi ci sono, con il benestare delle norme europee, adesso tocca allo Stato predisporre delle linee guida (sostenibili) che consentano di escludere ogni forma di responsabilità civile o penale e di tornare a lavorare in sicurezza e tranquillità per tutti gli operatori coinvolti.

Data: 23/05/2020 17:49:00
Autore: Giuseppe Angiulli