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Il divieto di patto commissorio

Il divieto di patto commissorio ex art. 2744 c.c., la ratio della norma, l'applicazione e la casistica giurisprudenziale


di Marta De Leucio - Il patto commissorio è l'accordo con cui un debitore e un creditore convengono che, in caso di inadempimento del primo, la proprietà del bene costituito in garanzia si trasferisca al secondo.

L'art. 2744 c.c. ne sancisce il divieto statuendo la nullità dell'accordo (per approfondimenti vai alla nostra guida generale sul Patto commissorio).

La ratio dell'art. 2744 c.c.

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Il fondamento della norma in questione si stanzia su diverse ragioni.

La tesi tradizionale individuerebbe la sua ratio nella tutela del debitore che rischierebbe di privarsi di beni sensibilmente superiori all'ammontare del credito garantito. In quest'ottica, l'istituto sarebbe posto a presidio di un interesse generale di salvaguardia del contraente debole, il quale deve essere tutelato sia dalla coartazione esercitata dal creditore, sia dalla sproporzione tra l'ammontare del debito e il valore del bene preteso.

Un'altra tesi giurisprudenziale, altresì, lo porrebbe a tutela della c.d. "par condicio creditorum". Il divieto, in tal caso, sarebbe teleologicamente orientato ad evitare la costituzione di corsie preferenziali per il soddisfacimento di un creditore in particolare.

Una dottrina più moderna, invece, ha ravvisato il fondamento dell'istituto nella volontà di arginare il danno sociale derivante dalla diffusione del patto commissorio quale clausola di stile che, sostituendosi al sistema di garanzie reali tipiche, diverrebbe strumento generalizzato di abuso ai danni del debitore.

L'ambito di applicazione dell'art. 2744 c.c.

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La dottrina più risalente, effettuando una mera esegesi dell'art. 2744 c.c., ha ritenuto suscettibili di nullità per violazione del patto commissorio tutte quelle pattuizioni che prevedono come effetto dell'inadempimento, non il trasferimento della proprietà del bene bensì, la costituzione su di esso di un diritto reale di godimento (che sia usufrutto, enfiteusi, diritto del concedente, diritto di superficie).

Secondo tale orientamento, pertanto, la formula normativa in questione configurerebbe il patto commissorio come una mera clausola accessoria ad una garanzia tipica di pegno, ipoteca o anticresi considerato che la lettera dell'art. 2744 c.c riguarda esclusivamente il patto commissorio c.d. accessorio, e cioè quello riguardante una garanzia reale tipica gravante su un determinato bene.

Il problema che si è posto, tanto in dottrina che in giurisprudenza, è stato pertanto quello di vagliare l'applicabilità del divieto anche al c.d. patto commissorio autonomo, e cioè a quella convenzione, svincolata da qualsiasi garanzia tipica che prevede, in caso di inadempimento, l'attribuzione di uno o più beni del debitore al creditore.

La giurisprudenza e la dottrina, a tal proposito, hanno abbandonato da tempo l'interpretazione letterale della norma aderendo a quella di tipo funzionale. In tal modo, hanno esteso il divieto anche al di fuori delle ipotesi tipiche; permettendo l'applicazione dell'art. 2744 c.c. a qualsiasi negozio funzionale al conseguimento del risultato vietato dall'ordinamento.

Può, dunque, configurarsi un patto commissorio ogni volta che il debitore sia costretto, a seguito di inadempimento contrattuale, al trasferimento di un bene al creditore.

Tale divieto, pertanto, non avrebbe carattere eccezionale ma assurgerebbe a principio generale dell'ordinamento. Di conseguenza, sarebbe applicabile a qualsiasi negozio, tipico o atipico, quale che ne sia il contenuto, allorchè esso venga impiegato per conseguire l'illecita coercizione del debitore al trasferimento di un bene in caso di mancato adempimento di un'obbligazione.

Il patto commissorio e i collegamenti negoziali

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La stessa giurisprudenza consentirebbe, inoltre, di ravvisare il patto commissorio anche di fronte a più negozi tra loro collegati quando da essi scaturisca un assetto di interessi complessivo tale da far ritenere che il procedimento negoziale attraverso il quale deve compiersi il trasferimento di un bene del creditore sia effettivamente collegato, piuttosto che alla funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia, a prescindere dalla natura meramente obbligatoria o traslativa o reale del contratto, ovvero dal momento temporale in cui l'effetto traslativo sia destinato a verificarsi nonché dagli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione.

La giurisprudenza, recentemente, si è anche posta il problema che il bene potesse essere trasferito al creditore da un terzo e nella logica dell'interpretazione funzionale, anche in questo caso, ha ritenuto sussistere la nullità. In senso funzionale, infatti, anche se il trasferimento del bene al creditore venisse fatto da un terzo, lo stesso sarebbe null'altro che un veicolo per eludere l'ordinamento.

I rapporti tra contratto di vendita e preliminare

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Alla luce della suddetta interpretazione, la giurisprudenza interrogandosi sui rapporti tra contratto di vendita e suo preliminare, ha ravvisato l'esistenza di un nesso anche se gli stessi fossero stipulati tra soggetti diversi e ciò, nel caso in cui fosse ravvisabile un collegamento strumentale volto a costituire una forma di garanzia atipica per il pagamento di una somma da parte del promittente venditore, il cui bene si trasferisce al creditore come conseguenza del mancato adempimento.

In tal caso, la fattispecie negoziale complessiva si configurerebbe come un mezzo per eludere il divieto del patto commissorio e il negozio, quindi, sarebbe viziato da una causa illecita meritevole della sanzione di nullità in quanto, destinata dalle parti, al conseguimento di un risultato identico a quello vietato dall'art. 2744 c.c.

Cessione del credito a garanzia dell'adempimento di prestazione obbligatoria

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Preme evidenziare, infine, che la giurisprudenza si è interrogata anche in merito alle operazioni negoziali di cessione del credito a garanzia dell'adempimento di una prestazione obbligatoria chiedendosi se le stesse potessero essere configurabili come ipotesi di patto commissorio.

L'analisi condotta sulla questione ha portato la Suprema Corte ad affermare che le condizioni, e le modalità, in cui si sviluppa il trasferimento in garanzia, sono tali da escludere che si possano verificare gli stessi pregiudizi propri del patto commissorio.

Nel caso di un credito pecuniario, infatti, la liquidità, l'omogeneità e la divisibilità del danaro consentono di escludere che "l'autotutela satisfattoria" possa dare luogo ad abusi in danno del debitore o dei creditori concorrenti.

Invero, ad avviso del supremo consesso, l'attribuzione del bene al creditore non collide con il divieto di patto commissorio quando le modalità di realizzazione della garanzia si svolgono nel rispetto del principio della aestimatio del bene e consentano, a quest'ultimo, di acquisire un valore pari all'ammontare del suo credito destinando, così, eventuali altri vantaggi al debitore o ai creditori concorrenti.

Data: 29/05/2020 16:00:00
Autore: Marta De Leucio