Autostrade: Cassazione, vertici SPEA sotto accusa
Indagini sui vertici della controllata di Autostrade per reati di falso ideologico emersi dopo il crollo del Ponte Morandi. La Cassazione conferma le misure cautelari
- I vertici di SPEA sotto accusa: confermate le misure cautelari
- Report falsificati per contenere i costi
- Importanza strategica nazionale del servizio
- Processo ineccepibile
- Istigazione e incoraggiamento alla falsificazione dei report
I vertici di SPEA sotto accusa: confermate le misure cautelari
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Con quattro sentenze depositate lo scorso 11 giugno 2020, la Corte di Cassazione ha confermato, nei confronti di diversi indagati, la misura cautelare della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio per la durata di 12 mesi e congiuntamente, per una pari durata, la misura del divieto temporaneo di svolgere qualsiasi prestazione professionale a favore di soggetti collegati con concessionari di attività pubbliche e per qualunque attività comunque legata alle funzioni concernenti la sicurezza.
Si tratta delle sentenze da 17970 a 17973 (sotto allegata la n. 17972/2020) pronunciate dalla Suprema Corte nei confronti di tre funzionari e dell'amministratore delegato di SPEA Engineering (attualmente dimissionario e collocato in stato di quiescenza), società controllata dal Gruppo Autostrade e incaricata di eseguire l'attività di manutenzione e di ispezione, vigilanza e controllo della rete autostradale.
L'indagine attiene a numerosi reati di falso ideologico, emersi all'indomani del crollo del viadotto Polcevera a Genova (noto come Ponte Morandi), commessi dai coindagati e aventi ad oggetto gli esiti delle attività ispettive sui viadotti Bisagno e Veilino che il personale di SPEA era contrattualmente obbligato a svolgere.
Tale esiti sono stati poi riversati nei rapporti ispettivi e nelle relazioni trimestrali oggetto delle singole contestazioni mosse a ciascuno degli autori materiali della loro redazione e ai responsabili di settore e generali, secondo la scala gerarchica interna, sino alla figura dell'amministratore delegato, ai quali viene contestato di aver concorso moralmente nel reato.
Report falsificati per contenere i costi
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L'accusa è quella di falso ideologico continuato in atto pubblico di fede privilegiata. In particolare, il falso avrebbe riguardato i documenti in cui erano trasfusi gli accertamenti sugli "impalcati a cassone" e sugli "appoggi-apparecchi", rispettivamente al viadotto Bisagno e al viadotto Veilino.
Tali report vengono considerati ideologicamente falsi in quanto riportano il tipo di difetto riscontrato e la valutazione della sua gravità ovvero l'assenza di difetti, ma si tratta di condizioni che sarebbero potute essere verificate solo a seguito dell'accesso all'interno delle strutture che, secondo quanto accertato, non era stato più effettuato dal 2013.
Per il Tribunale del Riesame di Genova si tratta di condotte reiterate nel tempo, avvenute anche dopo i gravissimi fatti del ponte Morandi, poiché il più recente falso per cui è stata riconosciuta la gravità indiziaria risale al 15 aprile 2019. E ciò dimostra il palese sprezzo per il rispetto della normativa a beneficio del perseguimento degli obiettivi della società.
Infatti, l'ordinanza impugnata fa luce anche sul movente della condotta dei vertici SPEA e, in tal modo, accende un faro anche sul coefficiente soggettivo che ha animato l'agire di costoro: alla base di tutto vi era una logica aziendale di contenimento e risparmio dei costi di manutenzione e verifica, oltre che l'obiettivo di evitare danni di immagine al volto di efficienza della gestione della rete autostradale che la società si affannava a mostrare.
Importanza strategica nazionale del servizio
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Nella sentenza che analizza il ricorso dell'amministratore delegato di SPEA, la Suprema Corte rammenta che "i soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una società per azioni possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l'attività della società medesima sia disciplinata da una normativa pubblicistica e persegua finalità pubbliche, pur se con gli strumenti privatistici" (cfr., ex multis, sent. n. 19484/2018).
Ciò emerge sicuramente nel caso di specie, essendo del tutto evidenti "la notorietà delle aziende e l'importanza strategica nazionale del servizio pubblico offerto" e ciò traspare dal complesso motivazionale dei provvedimento dei giudici cautelari, al di là del loro esito decisorio rispetto alla richiesta di misura cautelare, "essendo rimasto indubbio che ciascuno degli indagati coinvolti fosse inserito nell'organigramma aziendale delle società SPEA e/o ASPI (per il rilievo di attività connesse a settori strategici dell'economia nazionale, ai fini della qualifica pubblicistica dei dipendenti, cfr. Cass. n. 28299/2015).
In tale quadro, viene ritenuta "innegabile la gravità della condotta di falso continuato, cui il ricorrente ha contribuito e che ha direttamente ed autorevolmente avallato - secondo la plausibile e logica ricostruzione in fatto svolta dal Riesame - tanto da far sì che essa divenisse una vera e propria scelta strategica aziendale di contenimento dei costi di verifica, controllo e manutenzione di strutture essenziali per la rete viaria nazionale.
Processo ineccepibile
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Il Tribunale del riesame, dopo aver diffusamente argomentato in fatto circa la necessità di una verifica completa delle strutture al fine di controllare correttamente la sicurezza degli impalcati, ne ha quindi ricavato che i rapporti e le relazioni trimestrali indicate nelle imputazioni fossero false.
Si tratta di un processo logico-giuridico che la Cassazione giudica ineccepibile e tramite il quale il giudice a quo è giunto ad affermare che, dati gli obblighi connessi alle verifiche, attestare l'esame degli impalcati dei viadotti e fare un bilancio e una descrizione dei difetti "creava l'apparenza della completa verifica di essi, mentre si era trattato di un controllo solo parziale perché limitato alla parte esterna, contrariamente a quanto era previsto e necessario".
In altri termini, gli indagati hanno dato conto di difetti o dell'assenza di difetti che non potevano e non dovevano essere verificati solo con un'ispezione esterna, ma che necessitavano di un esame anche all'interno, così implicitamente e falsamente attestando di avere svolto anche questi ultimi.
Al fine di rendere fedelmente l'attività effettuata, sarebbe stato invece onere dei redattori degli atti che si
assumono falsi o effettuare le verifiche anche all'interno o segnalare che l'ispezione si era limitata alle parti esterne.
Istigazione e incoraggiamento alla falsificazione dei report
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Si ritiene che le condotte accertate in capo ai vertici SPEA (tra cui aver contribuito a una politica aziendale tesa alla riduzione degli oneri di manutenzione, nonché l'aver saputo e tollerato l'esistenza di rapporti e di relazioni che non davano atto della parzialità delle verifiche) si fossero risolte in una "forma di istigazione e di vero e proprio incoraggiamento nei confronti dei firmatari dei rapporti e delle relazioni periodiche".
La stessa giurisprudenza precisa che "il contributo causale del concorrente morale può manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa, dalla istigazione o determinazione all'esecuzione del delitto, all'agevolazione alla sua preparazione o consumazione, al rafforzamento del proposito criminoso di altro concorrente, alla mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso".
Ciò, tuttavia, "non esime il giudice di merito dall'obbligo di motivare sulla prova dell'esistenza di una reale
partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l'atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall'art. 110 c.p., con l'indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà".
In quest'ottica, la precisazione del Tribunale circa la sostanziale istigazione attuata sui redattori dei documenti, nell'ottica della più ampia politica aziendale di cui si è detto, ed il contributo specifico attuato dal singolo nell'ambito dei compiti che gli erano propri è argomentazione sufficiente, nella presente fase cautelare, a dimostrare che vi fosse stata una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti.
Autore: Lucia Izzo