Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente
- Il testo dell'art. 353-bis c.p.
- La ratio dell'art. 353 bis c.p. e il bene giuridico tutelato
- La condotta sanzionata dall'art. 353 bis c.p.
- La pena
- Elemento soggettivo
Il testo dell'art. 353-bis c.p.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032.
La ratio dell'art. 353 bis c.p. e il bene giuridico tutelato
L'art. 353 bis c.p. è un reato comune, poiché può essere commesso da chiunque, non essendo un reato proprio né qualificato. Bene giuridico meritevole di tutela è il buon andamento della pubblica amministrazione, ma anche l'interesse dello Stato affinchè il procedimento amministrativo volto alla definizione del contenuto di una bando (o altri atti equipollenti) non sia influenzato con modalità tali da pregiudicare la scelta del contraente ad opera della Pubblica Amministrazione. Si tratta di un reato di pericolo, procedibile ex officio.
La condotta sanzionata dall'art. 353 bis c.p.
La norma in esame punisce chiunque, con qualunque mezzo, possa influenzare, anche solo potenzialmente, la libertà della Pubblica Amministrazione nella determinazione del contenuto di un bando o di un altro atto equipollente, così da limitare o compromettere la selezione dei contraenti operata dalla p.a. stessa. Non è necessario che l'evento si realizzi, ma è sufficiente che la semplice condotta posta in essere dal soggetto agente sia diretta in modo inequivoco a compromettere la libertà del Pubblico Ufficiale nella scelta del contraente attraverso il procedimento amministrativo volto alla predisposizione di un bando o di atti equipollenti. La norma tipizza alcune condotte attraverso le quali si può pervenire al compimento del reato in epigrafe, ovvero violenza o minaccia, con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti rivolti al P.U. operante. L'impiego della allocuzione iniziale, "salvo che il fatto non costituisca più grave reato", si rivela funzionale a tenere distinte condotte come quelle in esame da fattispecie di maggiore impatto, quali ad esempio la turbata libertà degli incanti.
La pena
L'illecito di cui all'art. 353 bis c.p. è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032.
Elemento soggettivo
Autore: Daniele Paolanti