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Dieselgate: ancora rimborsi per gli utenti

Il Giudice di Pace di Ferentino conferma nei confronti di un'acquirente di vettura VW truccata il risarcimento dei danni per la pratica ingannevole e scorretta posta in essere dalla società


Volkswagen: dieselgate e risarcimento danni

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Via libera al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, all'acquirente di una vettura Volkswagen coinvolta nel "dieselgate" a causa della pratica commerciale ingannevole e scorretta posta in essere dalla società e consistente nell'omologazione della classe di emissione attraverso il ricorso ad espedienti contrari alla legge e alla diligenza professionale, con conseguente sistematica diffusione di informazioni false incomplete e fuorvianti sulle caratteristiche qualitative dei veicoli e sul relativo livello di emissioni.
Ne risponde in solido anche la società che si occupa dell'importazione e distribuzione in Italia dei veicoli di marchio Volkswagen, coinvolta dunque nel cosiddetto meccanismo delle "vendite a catena".
Lo ha chiarito il Giudice di Pace di Ferentino, nella persona del dott. Antonio Velucci in una sentenza del 28 luglio 2020 (sotto allegata) pronunciatasi in una controversia che ha visto opposti un consumatore e le società Volkswagen Group Italia (VGI) e Volkswagen Aktiengesellschaft (VWAG).
La causa prende le mosse dal c.d. "Dieselgate" ovvero lo scandalo sulle emissioni che ha riguardato alcune vetture munite di motore diesel del gruppo Volkswagen vendute negli Stati Uniti d'America e in Europa.
Le due società, nella vicenda esaminata dal magistrato onorario, sono dunque accusate di "pratica commerciale ingannevole e comunque scorretta" consistente "nell'omologazione della classe di emissione attraverso il ricorso a espedienti contrari alla legge e alla diligenza professionale" con conseguente "sistematica diffusione di informazioni false incomplete e fuorvianti sulle caratteristiche qualitative dei veicoli diesel EA 189 e sul relativo livello di emissioni".
L'attore, che aveva acquistato uno dei modelli interessati dalla vicenda, chiede di ottenere un risarcimento dei danni, sia patrimoniali che non patrimoniali, subiti a causa della suddetta pratica. In primis il giudicante ritiene responsabile anche VGI, nonostante la distributrice italiane avesse contestato la sua legittimazione passiva.

La vendita a catena e la legittimazione passiva di VGI

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Nel caso esaminato, il rapporto intercorrente tra il produttore e VGI e gli altri venditori e l'ultimo attuale attore, è quello della "vendita a catena" in quanto in questo quadro vige il principio della autonomia delle singole vendite.
Sul punto, la Suprema Corte (cfr. sent. n. 11612/2005) ha statuito che nella cosiddetta vendita a catena spettano all'acquirente due azioni: quella contrattuale che sorge nei confronti del diretto venditore e quella extracontrattuale che è esperibile dal compratore contro il produttore per il danno sofferto in dipendenza dei vizi che rendono la cosa pericolosa".
Si tratta di una circostanza che trova conferma anche nella previsione di cui all'art. 13 del d.Lgs 206/05 (Codice del consumo) in materia di regresso del venditore finale nei confronti del produttore o di altro soggetto intermedio della filiera.
Pertanto, VGI viene ritenuta legittimata passiva e, tra l'altro, si rammenta come sia stata anch'essa destinataria dei provvedimenti dell'antitrust (e delle sanzioni) nel 2016 in riferimento allo "scandalo del dieselgate", nonché del provvedimento del TAR del 31 maggio del 2019 che ha confermato quello dell'Autorità Garante
Poiché l'antitrust ha comminato una sanzione pecuniaria di 5 milioni di euro a tale società (VGI), il giudice onorario ritiene legittimata la stessa società a risarcire ed essere chiamata in causa dall'odierno attore, non essendovi più alcuna eccezione o interpretazione che possa avere la supremazia su tale dato di fatto.

Il risarcimento danni

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Quanto al risarcimento danni, la capofila del gruppo VWAG, anch'essa convenuta in giudizio, eccepisce che l'attore non ha fornito alcun elemento di prova, sia in merito alla presunta pratica commerciale scorretta e al presunto difetto di conformità dell'autoveicolo, sia in merito all'esistenza e alla quantificazione dei presunti danni lamentati.
Tuttavia, il giudice rimarca il "famoso provvedimento del 4 agosto 2016, dove l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha accolto i tanti esposti presentati da clienti contro VW assistiti dalle associazioni dei consumatori e ha comminato una sanzione di 5 milioni di euro alla società Volkswagen Group Italia S.p.A., per aver posto in essere una pratica commerciale scorretta ed ingannevole". Provvedimento, come anzidetto, confermato dal Tar del Lazio nel 2019.
Pertanto, secondo l'Autorità "è dunque ormai accertato che VW abbia commercializzato autoveicoli diesel della serie EA 189 sul mercato italiano, a partire dall'anno 2009 fino al settembre 2015, con emissioni nella realtà non conformi ai valori riscontrati in sede di omologazione e dichiarati nei Certificati di Conformità".
E tutto ciò, si legge in sentenza, configura indubbiamente una condotta scorretta ai sensi dell'art. 20, comma 2, del Codice del Consumo in quanto contraria alla diligenza professionale e idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico dei consumatori.
Data: 08/08/2020 09:00:00
Autore: Lucia Izzo