Il dissenso alla trasfusione per motivi religiosi
Il diritto all'autodeterminazione del paziente e il dovere di curare del medico: cosa prevale?
- Il dissenso all'emotrasfusione per motivi religiosi
- Il diritto all'autodeterminazione
- Il dissenso informato
- Cosa deve fare il medico
- L'orientamento giurisprudenziale
Il dissenso all'emotrasfusione per motivi religiosi
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Se un testimone di Geova nega il consenso all'emotrasfusione, il medico come deve comportarsi?
Ipotizziamo che un Testimone di Geova, contrario alle emotrasfusioni, si trovi in condizioni di salute gravissime e la sua vita possa essere salvata esclusivamente per mezzo di una trasfusione di sangue.
In tal caso, il medico curante deve rispettare la volontà del Testimone di Geova anche se ciò comporterà la sua morte o deve salvargli la vita sottoponendolo ad un trattamento dal paziente dissentito?
Il diritto all'autodeterminazione
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Prima di rispondere, è opportuno soffermarsi sull'art. 32 della Costituzione ai sensi del quale "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge".
La Costituzione, dunque, tutela e garantisce il diritto all'autodeterminazione dell'individuo, che può liberamente scegliere di non curarsi affatto o di non sottoporsi ad una cura determinata, anche se da questa decisione può derivarne la morte.
Il dissenso informato
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Ne consegue che, 𝗱𝗶 𝗳𝗿𝗼𝗻𝘁𝗲 𝗮𝗱 𝘂𝗻 𝗰𝗼𝘀𝗰𝗶𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗱𝗶 𝗿𝗶𝗳𝗶𝘂𝘁𝗼 𝗮𝗹𝗹𝗲 𝗰𝘂𝗿𝗲, 𝗶𝗹 𝗺𝗲𝗱𝗶𝗰𝗼 𝗱𝗲𝘃𝗲 𝗿𝗶𝘀𝗽𝗲𝘁𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝘃𝗼𝗹𝗼𝗻𝘁𝗮̀ 𝗱𝗲𝗹 𝗽𝗮𝘇𝗶𝗲𝗻𝘁𝗲, 𝗮 𝗽𝗮𝘁𝘁𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗶𝗹 𝗱𝗶𝘀𝘀𝗲𝗻𝘀𝗼 𝘀𝗶𝗮 𝗲𝘀𝗽𝗿𝗲𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝘂𝗻𝗮 𝘃𝗼𝗹𝗼𝗻𝘁𝗮̀ 𝗮𝗰𝗰𝗲𝗿𝘁𝗮𝘁𝗮 𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗼𝗹𝗼 𝗶𝗽𝗼𝘁𝗲𝘁𝗶𝗰𝗮.
Il dissenso alla trasfusione di sangue, cioè, deve essere oggetto di una manifestazione chiaramente espressa, non equivocabile, attuale, informata e compresa.
Inoltre, il rifiuto all'emotrasfusione deve seguire e non precedere una informazione chiara e precisa da parte del medico sul reale pericolo di vita imminente e non altrimenti evitabile.
Quanto appena detto ci consente di affermare che, 𝗾𝘂𝗮𝗹𝗼𝗿𝗮 𝗶𝗹 𝗽𝗮𝘇𝗶𝗲𝗻𝘁𝗲 𝘀𝗶𝗮 𝗶𝗻 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗶𝗻𝗰𝗼𝘀𝗰𝗶𝗲𝗻𝘇𝗮, 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗶𝗮 𝗰𝗶𝗼𝗲̀ 𝗶𝗻 𝗰𝗼𝗻𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗺𝗮𝗻𝗶𝗳𝗲𝘀𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗰𝗼𝘀𝗰𝗶𝗲𝗻𝘁𝗲𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝘂𝗻𝗮 𝘃𝗼𝗹𝗼𝗻𝘁𝗮̀ 𝗴𝗶𝗮̀ 𝗲𝘀𝗽𝗿𝗲𝘀𝘀𝗮 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹'𝗲𝘃𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗹𝗲𝘀𝗶𝘃𝗼 𝗲 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗮 𝗱𝗶 𝘂𝗻𝗮 𝗮𝗱𝗲𝗴𝘂𝗮𝘁𝗮 𝗲 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗿𝗲𝘀𝗮 𝗶𝗻𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲, 𝗶𝗹 𝗱𝗶𝗻𝗶𝗲𝗴𝗼 𝗻𝗼𝗻 𝗲̀ 𝘃𝗮𝗹𝗶𝗱𝗼 𝗶𝗻 𝗾𝘂𝗮𝗻𝘁𝗼 𝗻𝗼𝗻 𝗿𝗲𝗶𝘁𝗲𝗿𝗮𝘁𝗼 𝗮𝗹 𝗺𝗼𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗲𝘀𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲.
Dunque, il dissenso alla terapia trasfusionale, seppur "salva vita", deve essere manifestato dall'interessato al momento dell'evento lesivo con una articolata, puntuale, espressa dichiarazione dalla quale emerga, in modo non equivocabile, la volontà di impedire la trasfusione anche in ipotesi di pericolo di vita.
Cosa deve fare il medico
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Solo in tal caso, il medico curante è tenuto a rispettare la volontà del Testimone di Geova. In assenza del dissenso scritto è, invece, obbligato alla cura, anche emotrasfusionale.
Ai sensi dell'art. 35 del Codice di Deontologia Medica, difatti, "L'acquisizione del consenso o del dissenso è un atto di specifica ed esclusiva competenza del medico, non delegabile. Il medico non intraprende né prosegue in procedure diagnostiche e/o interventi terapeutici senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in presenza di dissenso informato. Il medico acquisisce, in forma scritta e sottoscritta o con altre modalità di pari efficacia documentale, il consenso o il dissenso del paziente, nei casi previsti dall'ordinamento e dal Codice e in quelli prevedibilmente gravati da elevato rischio di mortalità o da esiti che incidano in modo rilevante sull'integrità psico-fisica…".
L'orientamento giurisprudenziale
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Sull'argomento, si è espressa anche la Corte di Cassazione con sentenza n. 23676 del 15/9/2008.
Concludendo, i testimoni di Geova hanno il diritto di rifiutare la terapia emotrasfusionale in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale, senza che tale rifiuto, ove informato, autentico e attuale, incontri un limite di ordine pubblico in un inesistente dovere di curarsi (cfr. Cass. civ., Ord. n. 12998 del 15/5/2019).
Il rifiuto deve essere espressione di una libera scelta, manifestato in forma scritta o in altra forma che ne costituisca prova inconfutabile.
In caso di dissenso informato, il medico deve astenersi dal curare il paziente.
Avv. Giuseppe Simeone
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Autore: Giuseppe Simeone