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Lo stalking nei rapporti di vicinato

Dal parcheggio che impedisce ai vicini di uscire di casa alle riprese con le telecamere, ecco una breve rassegna giurisprudenziale sul reato di stalking nei rapporti di vicinato


Il reato di stalking

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Prima di analizzare alcune pronunce giurisprudenziali sul reato di stalking nei rapporti di vicinato ricordiamo il contenuto della norma che punisce gli atti persecutori, per la parte che interessa di fini della presente trattazione.

L'art 612 bis c.p recita testualmente "1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. (…) 4. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma. (…)."

Parcheggiare l'auto per impedire ai vicini di uscire di casa è stalking

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Chiarito a grandi linee in cosa consiste in reato di atti persecutori, occorre segnalare come di recente, sullo stalking che riguarda in particolare i rapporti di vicinato, si è espresso il Tribunale di Campobasso con la sentenza n. 530/2019.

Il provvedimento ha infatti ritenuto responsabile del reato di atti persecutori ai danni dei vicini di casa un uomo che, a causa di una contesa avente ad oggetto un'area di 40 metri quadri e alcuni lavori intrapresi dai propri confinanti, ha iniziato a tenere condotte moleste nei confronti di questi ultimi.

Appostamenti notturni dietro il cancello e parcheggi studiati appositamente per impedire ai vicini di uscire di casa hanno convinto il giudice a condannare l'imputato per il reato di atti persecutori di cui all'art. 612 bis del c.p. Come rilevato dal giudicante in effetti lo stalking non si configura solo quando degenerano rapporti di tipo affettivo, ma anche le relazioni di vicinato. Il reato in ogni caso si configura quando le condotte reiterate di molestia e minaccia determinano uno stato d'ansia o paura ovvero un timore per la propria incolumità o un cambiamento delle proprie abitudini di vita. Ipotesi che nel caso di specie si è manifestata attraverso la modifica delle consuetudini quotidiane della coppia perseguitata, finalizzate ad evitare qualsiasi incontro con il loro persecutore.

Vicini di casa molesti incastrati dalle telecamere

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C'è poi chi, a differenza dell'imputato giudicato dal Tribunale di Campobasso, è passato alle maniere forti, e per spaventare i vicini ha addirittura tentato di investire con l'auto l'antagonista.

Il conflitto nel caso di specie è piuttosto acceso, tanto che nel tempo si sono succedute denunce reciproche tra i due vicini. A mettere in atto ingiurie, minacce e l'occupazione di un'area comune con il proprio camper per infastidire la persona offesa e impedirgli il passaggio questa volta è una coppia di coniugi, che per ben due anni hanno reso impossibile la vita del povero vicino, che ha iniziato a soffrire di ansia, a temere per la propria incolumità e a decidere di vendere la propria abitazione.

Prima di gettare del tutto la spugna però la persona offesa ha pensato bene di incaricare degli investigatori privati che, per raccogliere le prove delle persecuzioni messe in atto dai vicini, hanno installato delle telecamere. Le videoriprese hanno così girato "dall'esterno dell'abitazione e dirette a parti di essa accessibili dall'esterno". La Cassazione con la sentenza n. 17346/2020 ha infatti respinto le doglianze degli imputati in quanto "formidabile riscontro alle dichiarazioni della persona offesa è costituito dai contenuti della prova documentale: i DVD, con le relative trascrizioni dei dialoghi, nelle quali si confermano i numerosi insulti e le reiterate minacce poste in essere dall'imputato ai danni della vittima."

Del resto, come affermato dalla ben più risalente S.U n. 26795/2006 "le videoregistrazioni in luoghi pubblici ovvero aperti o esposti al pubblico, non effettuate nell'ambito del procedimento penale, vanno incluse nella categoria dei "documenti" di cui all'art. 234 cod. proc. Pen., mentre, se eseguite dalla polizia giudiziaria, anche d'iniziativa, vanno incluse nella categoria delle prove atipiche, soggette alla disciplina dettata dall'art. 189 cod. proc. pen. e, trattandosi della documentazione di attività investigativa non ripetibile, possono essere allegate al relativo verbale e inserite nel fascicolo per il dibattimento."

Non è necessario il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa

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Con la sentenza n. 25493/2015 invece la Cassazione ha fatto un'importante precisazione, valida anche fuori dei casi in cui il reato di stalking ha a che fare con i rapporti di vicinato.

Nella vicenda di cui si sono occupati gli Ermellini l'imputato, condannato per il reato di atti persecutori ai sensi dell'art. 612 bis c.p. per protratte minacce, ingiurie e condotte finalizzate a bloccare l'uscita o l'entrata dell'auto della persona offesa, ha tentato di difendersi sostenendo che in giudizio non è stato provato che la vittima abbia cambiato le sue abitudini di vita.

Argomentazione che la Cassazione ha respinto in quanto, secondo il consolidato orientamento della stessa Corte "il delitto di atti persecutori prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo, sicché, ai fini della sua configurazione non è essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, essendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità."

Si può molestare anche lasciando i gatti liberi di fare pipì nelle parti comuni

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Una vicenda davvero particolare di stalking tra vicini, chiusa con la sentenza n. 25097/2019 della Cassazione, è quella infine che vede protagoniste due donne: un'amante degli animali e una dell'igiene. Evidente come queste due "passioni" difficilmente possano andare d'accordo, soprattutto se la vicina dispettosa, incurante delle lamentele altrui, lascia consapevolmente gironzolare i propri gatti nelle parti comuni dell'edificio, per fargli fare i loro bisogni.

Condotte accompagnate anche dall'apposizione di cartelli contenenti minacce e insulti rivolte alla persona offesa, che nel tempo è caduta in un vero e proprio stato di prostrazione e di ansia. A nulla sono valsi anche in questo caso i tentativi di difesa dell'imputata. Per gli Ermellini infatti il comportamento della donna è "certamente riconducibile a quello tipizzato dall'art. 612-bis c.p."

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Data: 31/08/2020 07:00:00
Autore: Annamaria Villafrate