Contratti durante il lockdown: l'analisi della Cassazione
- Analisi norme emergenziali anti-Covid 19
- Norme anti-Covid19 per i contratti
- Norme emergenziali per le imprese in crisi
- Rinegoziazione o intervento del giudice
Analisi norme emergenziali anti-Covid 19
L'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione nella relazione tematica n. 56 datata 8 luglio 2020 (sotto allegata) analizza le novità normative sostanziali del diritto "emergenziale" anti-Covid in materia contrattuale e concorsuale.
Norme anti-Covid19 per i contratti
Nell'analizzare la normativa anti-Covid l'Ufficio della Cassazione riflette sull'applicabilità ai contratti delle norme che contemplano l'impossibilità sopravvenuta, quelle sull'eccessiva onerosità sopravvenuta e sul fatto che, nella normativa emergenziali difettino norme che contemplino non l'impossibilità tecnica di adempiere, ma quella "strettamente finanziaria."
In seguito si sofferma sull'art. 91 del dl n. 18/2020 il quale dispone che: "All'articolo 3 del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla l. 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6, è inserito il seguente: -6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti-".
Come rileva l'Ufficio la norma in questione, secondo un'acuta interpretazione, si pone la finalità di "sterilizzare gli effetti sostanziali che deriverebbero dall'inadempimento del debitore in una situazione di fisiologia; il legislatore avrebbe inteso regolare una causa emergenziale di giustificazione, destinata ovviamente a cessare con la fine dell'emergenza."
Per quanto riguarda invece il creditore, pare potersi avvalere della exceptio inadimpleti contractus, sollevabile anche in caso di inadempimenti incolpevoli o causati da impossibilità sopravvenuta per cause non imputabili al debitore. In caso contrario il creditore dovrebbe sopportare interamente le conseguenze economiche causate dall'emergenza.
Per quanto riguarda le obbligazioni di dare, se le prescrizioni sanitarie impediscono l'esecuzione di una parte della prestazione il debitore può sempre offrire la parte possibile e il creditore può rifiutare, ma non può agire per la risoluzione o l'intero, proprio perché sussiste la causa eccezionale di giustificazione di cui al suddetto comma 6. Se poi il creditore sceglie parte della prestazione, può a sua volta sospendere parte della propria, l'importante è che venga rispettato il principio di proporzionalità.
Norme emergenziali per le imprese in crisi
Il dl n. 23/2020 si occupa anche della materia societaria e concorsuale dall'art. 5 al 10; tra le misure adottate c'è quella (art. 5) che rinvia al 1 settembre 2021 l'entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (dlgs n. 14/2019), la cui finalità è quella di incentivare l'emersione anticipata della crisi e le trattative tra creditori e debitore in un ambito neutro, non giudiziario, riservato e confidenziale.
In base a quanto previsto dall'art. 6 invece le società di capitali che hanno sofferto perdite tali da costringerle a ricorrere al capitale in misura superiore a 1/3, anche se hanno fatto ricorso al concordato preventivo o all'accordo di ristrutturazione del debiti, sono esonerate fino alla fine del 2020 a ricapitalizzarsi o a trasformarsi in un altro tipo di società.
L'art. 7 del dl n. 23/2020 esonera temporaneamente dall'obbligo di "verificare la sussistenza della continuità aziendale per la redazione del bilancio relativo all'anno in corso" nella prospettiva della temporaneità della situazione e quindi di un futuro recupero.
L'art. 8 fa si che i soci possano ottenere il rimborso dei finanziamenti societari senza subire la postergazione rispetto ai creditori societari.
Il successivo art. 9 invece prevede, con alcune eccezioni, agevolazioni in favore degli imprenditori in concordato o che hanno intrapreso la strada dell'accordo per la ristrutturazione dei debiti, concedendo loro il diritto di chiedere la proroga fino a 90 giorni al fine di riformulare un piano o differire il termine per fare domanda.
L'art. 10 poi dispone l'improcedibilità delle domande fallimentari depositate tra il 9 marzo 2020 e il 30 giugno 2020.
Lo studio si sofferma poi sull'importantissimo principio di conservazione del contratto, per evitare che la pandemia faccia saltare i contratti che erano in corso quando il Covid19 ha bloccato tutto.
Per evitare questo esito l'ufficio del Massimario ricorda che è possibile ricorrere agli istituti della sospensione e a quello della rinegoziazione.
Rinegoziazione o intervento del giudice
Nei rilievi conclusivi gli esperti fanno presente che, se quando il sinallagma contrattuale viene stravolto dalla pandemia si ricorrere all'istituto della risoluzione e al risarcimento del danno, si realizza una demolizione del rapporto contrattuale "incanalandolo in quell'imbuto esiziale che la clausola di buona fede e la rinegoziazione dovrebbero valere a scongiurare."
Occorre quindi valutare l'opportunità di ricorrere al giudice al fine di riequilibrare un rapporto che, a causa della pandemia, non lo è più. Ma in che modo può intervenire il giudice? "È attraverso l'equità che il giudice è facoltizzato a individuare elementi e aspetti del regolamento contrattuale non definiti dalle parti, né determinati da disposizioni di legge o usi." L'intervento del giudice quindi "è suppletivo e residuale, in quanto il magistrato non può correggere la volontà delle parti quand'anche le scelte di queste gli appaiano incongrue, limitandosi, negli eccezionali casi in cui la legge l'ammetta, a colmare le lacune riscontrate, inserendo regole ulteriori e coerenti con il programma concordato dalle parti."
Se poi in capo alle parti grava "l'obbligo di rinegoziare il rapporto squilibrato, si potrebbe ipotizzare che il mancato adempimento di esso non comporti solo il ristoro del danno, ma si esponga all'esecuzione specifica ex art. 2932 c.c." In questo caso il giudice potrebbe essere chiamato a pronunciare una sentenza che sostituisca l'accordo di rinegoziazione non concluso, andando così a modificare il contratto originar
Data: 17/09/2020 10:00:00Autore: Annamaria Villafrate