Nei giorni scorsi il senatore Nicola Morra, presidente della Commissione antimafia, aveva messo in relazione i problemi dell'amministrazione della giustizia con il numero degli avvocati in Italia, scatenando l'agitazione del mondo forense.
Lungi dal voler placare le polemiche sulla questione, il
Governo conferma questa linea di pensiero, e spinto dagli esponenti della teoria calmierante che pretendono di eliminare la concorrenza sul nascere, decide di porre fine al problema dei praticanti avvocato applicando la selezione naturale da COVID – 19.
È quanto emerge dal decreto 14 settembre 2020 del
Ministero della Giustizia, che in piena crisi sanitaria pubblica un bando senza novità procedurali rispetto agli anni scorsi, limitandosi a prevedere un futuro provvedimento in cui verranno individuate eventuali misure disciplinanti l'accesso e la permanenza alle sedi concorsuali. Mentre, però, il Ministro della Giustizia sottopone i praticanti avvocato alla doppia sorte del contagio e delle correzioni degli scritti, il Ministro dell'Università e della Ricerca emana il decreto 661 del 24 settembre 2020, con il quale stabilisce un'unica prova orale a distanza per le professioni regolamentate dal d.P.R. n. 328/2001, nonché per le professioni di odontoiatra, farmacista, veterinario, tecnologo alimentare, dottore commercialista, esperto contabile e
revisore legale, anch'esse ascritte alla disciplina di cui all'art. 33 c. 5 della
Costituzione.
In piena violazione del principio di uguaglianza, alcuni futuri professionisti potranno preservare la salute e garantirsi il lavoro, mentre per i praticanti avvocato si prospettano assembramenti di migliaia di persone in strutture già di per sé gestite al limite di garanzia della dignità umana.
Tre giorni, per sette ore al giorno al netto del tempo della dettatura della traccia e della consegna dei compiti, migliaia di candidati dovrebbero portare all'interno dell'aula d'esame valige e codici e allo stesso tempo ritirare e riconsegnare buste, bustarelle, fogli a protocollo e cartoncini. L'esame del XXI secolo gestito ancora con la penna e il calamaio rischia di diventare uno dei più grandi focolai d'Italia da COVID 19.
Una scelta in linea con la corrente calmierante
Già a giugno 2020 l'attuale presidente dell'Ordine degli Avvocati di Milano, Vinicio Nardo (in linea con quanto dichiarato a Repubblica dal suo predecessore Remo Danovi nel 2016), affermava sulle pagine del Sole24ore che "la valutazione degli scritti è fatta pensando all'effetto calmierante degli orali, dove pesa la maggiore o minore severità delle sedi".
D'altro canto, a settembre 2020 Sergio Longhi, segretario della Fondazione per l'alta formazione dell'avvocatura napoletana presso l'Ordine degli avvocati di Napoli e coordinatore scientifico di corsi in preparazione all'esame di avvocato, auspicava dalle pagine del Mattino una "drastica riduzione del numero degli aspiranti avvocati a tutto vantaggio della collettività".
Affermazioni in linea con quanto già espresso nel 2011 dall'allora Presidente della Corte di Cassazione Ernesto Lupo, il quale citando i dati provenienti dalla Commissione Europea del
Consiglio d'Europa per l'efficienza della giustizia (CEPEJ) aveva liberamente interpretato che "non si può ignorare un'anomalia che ci caratterizza rispetto agli altri Paesi: l'elevatissimo e crescente numero di avvocati".
Secondo Lupo, "se, in generale, in un libero mercato di servizi, la moltiplicazione del numero degli operatori costituisce un dato positivo, nel settore specifico della giurisdizione occorre verificare se la sovrabbondanza di avvocati sia funzionale a soddisfare le esigenze di giustizia dei cittadini, o non costituisca, a sua volta, fonte di un eccesso di domanda di giustizia non più rispondente a tali esigenze".
Commissione Europea contro teoria calmierante: "Noi non c'entriamo niente. Sono solo numeri"
Intanto, da Bruxelles, la Commissione europea interviene in data 21 settembre 2020 in risposta alla denuncia CHAP (2019) 3050 a smentire gli esponenti della teoria calmierante. Secondo la Commissione, infatti, dai dati dei rapporti annuali del CEPEJ non si evince alcuna relazione tra l'elevato contenzioso giudiziario e il numero degli avvocati: "per quanto riguarda la valutazione della situazione italiana, nel quadro di valutazione UE della giustizia vengono presentati dati comparabili sull'indipendenza, sulla qualità e sull'efficienza dei sistemi giudiziari nazionali. Il quadro non presenta pertanto una graduatoria unica generale, bensì una panoramica sul funzionamento di tutti i sistemi giudiziari in base a indicatori di interesse comune a tutti gli Stati membri. Il quadro di valutazione non promuove un tipo particolare di sistema giudiziario e tratta tutti gli Stati membri su un piano di parità. Di conseguenza, la lettura dei dati relativi al numero di avvocati negli Stati membri, tra cui l'Italia, segue questo principio".
Esame avvocato: al via gli Hunger Games forensi 2020
Alla luce dell'atteggiamento tenuto dallo Stato durante la correzione degli scritti della sessione 2019 si era ormai palesemente evinta la volontà di limitare in qualsiasi modo l'accesso alla professione forense, sottoponendo per l'ennesima volta i candidati avvocato all'aleatorietà delle correzioni, tra l'altro già confermata dal Consiglio di Stato che a più riprese ha legittimato l' "ampia e qualificata
discrezionalità tecnica" delle commissioni esaminatrici, il cui operato sfugge di fatto a qualsiasi tipo di controllo amministrativo e giudiziario. Trattandosi di un sistema che statisticamente deve garantire almeno il 20-30% di promossi ogni anno, pare proprio che lo Stato si accinga ora a scegliere i nuovi avvocati della Repubblica mediante una selezione più rigida, quella naturale da COVID – 19, gravando ulteriormente sulla salute fisica e psicologica di migliaia di candidati che, oltre a realizzare uno sforzo quantitativo e qualitativo già al limite della sopportabilità, dovranno anche preoccuparsi di non finire intubati in terapia intensiva, in un'atmosfera di totale diffidenza rispetto al vicino di banco.
Una sorta di gioco a ostacoli progressivi in cui si esacerba il "tutti contro tutti", senza alcun criterio di selezione effettiva, al fine non dichiarato di limitare o addirittura escludere dal mercato un'intera categoria di professionisti.
D'altronde, sulla scia di quanto stabilito dal Consiglio di Stato e delle recenti azioni del Governo appena descritte, non resta altro che augurare ai candidati che tutto vada per il meglio.
Felici Hunger Games Forensi 2020, dunque, e possa la fortuna essere sempre a vostro favore.