Adozione minori: diritto del familiare all'accesso agli atti
- Adozione minori e stato di abbandono: la massima giurisprudenziale
- I presupposti del diritto di accesso ex l. 241/1990
- Il fondamento logico-giuridico della sentenza del Tar Lazio
Adozione minori e stato di abbandono: la massima giurisprudenziale
Alla luce del quadro normativo delineato dalla legge 4 maggio 1983 n. 184 che disciplina l'adozione, il parente entro il quarto grado del minore per il quale pende procedimento di adozione è titolare ai sensi dell'art. 22 della legge n. 241 del 1990 di una posizione giuridica tutelata, qualificata e differenziata, che lo legittima e gli consente di ottenere l'accesso ai documenti amministrativi relativi al minore (nel caso di specie, documentazione sanitaria ed amministrativa) presso il Comune, pubblica amministrazione di appartenenza del tutore nominato dal Tribunale per i Minorenni, nonostante la sospensione della responsabilità genitoriale e la contestuale nomina del tutore, in quanto, e soprattutto, perché possa dimostrare nel corso del procedimento giudiziario dinanzi al Tribunale per i Minorenni che non sussiste lo stato di abbandono nonché in relazione al corretto esercizio delle funzioni svolte dal tutore dal momento che è evidente come l'esercizio di tali potestà incida sull'esplicazione del rapporto parentale (T.A.R. Lazio, Sezione Seconda, sentenza n. 10284/2020 del 9 ottobre 2020).
I presupposti del diritto di accesso ex l. 241/1990
Preliminarmente, il Tribunale Amministrativo ha rammentato che l'esercizio del diritto di accesso è subordinato dalla legge n. 241 del 1990 alla sussistenza di tre presupposti: I)la sussistenza di "un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l'accesso" (art. 22, comma 1, lett. b); II) l'esistenza di un documento amministrativo oggetto di accesso; III) la necessità che la richiesta di accesso sia "motivata" (art. 25, coma 2).
Nel merito, con la sentenza n. 10284/2020 il T.A.R. del Lazio ha accolto il ricorso ex art. 116 c.p.a. proposto dal fratello di una minore assoggettata alla tutela del Sindaco di Roma in forza del provvedimento del Tribunale per i Minorenni riconoscendogli il diritto all'accesso e annullando la determinazione dirigenziale di rigetto adottata da Roma Capitale (Dipartimento Politiche Sociali), in quanto infondata, affermando che "la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso" consiste nella tutela del diritto costituzionalmente garantito dell'unità e dei legami familiari della famiglia biologica (art. 29 Cost.).
Il fondamento logico-giuridico della sentenza del Tar Lazio
Dalla lettura della sentenza se ne può dedurre che i giudici amministrativi abbiano assegnato rilievo a quanto disposto dagli artt. 8 e 10 della Legge n. 184 del 1983 ed in particolare all'art. 10, comma 2, della predetta legge, secondo cui i parenti entro il quarto grado "assistiti dal difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, possono presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice".
In un passaggio delle sentenza in parola il T.A.R. ha affermato che "…il ricorrente ha interesse a contestare il potenziale stato di abbandono in cui potrebbe versare la minore, oggetto dell'accertamento incidentale del procedimento di adottabilità attualmente pendente innanzi al Tribunale per i minorenni, e ha altresì interesse a tutelare la corretta esplicazione del proprio rapporto parentale con la sorella…".
Inoltre, per quanto concerne i documenti sanitari della minore il Tribunale Amministrativo ha escluso la sussistenza del divieto assoluto all'accesso ai dati sensibili poiché ai sensi dell'art. 60 del D.Lgs n. 196/2003 il trattamento dei dati personali e sensibili relativi alla salute è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta d'accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato e nel caso di specie la richiesta degli atti si ricollega al diritto di cui all'art.29 Cost. che è sicuramente "di rango almeno pari ai diritti dell'interessato".
Nell'iter logico-argomentativo della sentenza in discussione appare aver assunto rilevanza anche la necessità dei documenti amministrativi richiesti all'amministrazione comunale anche ai fini dell'esercizio del diritto di difesa nei procedimenti penali che potrebbero riguardare sia il tutore che se medesimo atteso che il ricorrente aveva affermato di essere illecitamente ostacolato nell'esplicazione del rapporto parentale con la sorella proprio dalla condotta del tutore.
Pertanto, in virtù dei principi di diritto affermati dal T.A.R. si può ritenere che, nell'ambito del procedimento minorile ex L. 184/1983, la dialettica tra la famiglia biologica del minore allontanato dal nucleo familiare ed i servizi sociali possa beneficiare della trasparenza dell'azione amministrativa secondo quanto disposto dalla Legge n. 241/1990, stante la rilevanza pubblicistica delle funzioni tutorie del Sindaco o del suo delegato, quale corollario del principio del giusto processo.
Ebbene, in presenza dei suddetti presupposti, il familiare del minore può assumere un ruolo attivo anche in relazione al corretto esercizio delle funzioni svolte dal tutore e verificarne l'attività svolta al fine di tutelare il rapporto parentale anche in sede penale.
Avv. Gabriele Colasanti
Avvocato del Foro di Roma, Pubblicista
e-mail: avv.gabrielecolasanti@gmail.com
Data: 24/10/2020 20:00:00Autore: Gabriele Colasanti