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Vicini rumorosi: cosa fare?

Come comportarsi in presenza di rumori molesti provocati dai vicini e quali sono le modalità di tutela che è possibile attivare


Vicini rumorosi: come comportarsi

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Quella dei vicini rumorosi, purtroppo, rappresenta una problematica assai diffusa e che in molti casi può condurre all'esasperazione. Schiamazzi, radio o televisione ad alto volume, feste fino a tarda notte, rumori intollerabili durante il giorno oppure durante le ore di riposo, tutte situazioni idonee a infastidire e a recare disturbo a chi studia, lavora o riposa.

Ottenere la cessazione di simili atteggiamenti potrebbe rivelarsi complesso. La prima cosa da fare è sempre quella di cercare di accordarsi bonariamente con il vicino molesto, contattarlo per discutere della problematica e spiegarli con educazione le proprie ragioni, rappresentandogli i fastidi provocati dai suoi rumori, magari anche formalmente tramite una missiva o una diffida.

Per approfondimenti Immissioni di rumore: la guida

Tuttavia, una simile soluzione potrebbe non dare l'esito sperato poiché tutto dipende dalla volontà del vicino di adeguarsi, cambiare le proprie abitudini, rispettare con educazione quanto richiestogli e giungere a un compromesso. La strada del buonsenso è sempre da preferire rispetto a quella del conflitto, ma qualora non si ottenesse una soluzione, potrebbero rendersi necessarie misure più drastiche.

Rumori in condominio

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Chi vive in condominio potrà trovare un primo aggancio all'interno del proprio regolamento condominiale che spesso contiene prescrizioni inerenti le fasce orarie in cui non sono consentiti rumori molesti, oltre che disposizioni che disciplinano la segnalazione dei vicini rumorosi.

Leggi anche Rumori in condominio: la guida

Si fa in modo, dunque, che la situazione venga risolta all'interno dello stesso ambito condominiale, attraverso una "mediazione" tra gli interessi dei singoli in conflitto ed eventualmente con l'intervento dell'amministratore il quale è garante del rispetto del regolamento condominiale.

Tutela in sede civile

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Poiché anche quest'ultimo passaggio rischia di risolversi in un nulla di fatto, si profila all'orizzonte la strada della tutela civile per chiedere l'inibitoria, ovvero la cessazione dei rumori, o anche, ex art. 2043 c.c., il risarcimento dell'eventuale danno provocato dalle immissioni moleste.

Si tratta di un iter meno facile di quanto sembri in quanto il codice civile tutela sì dalle immissioni rumorose, ma solo qualora queste superino la soglia della "normale tollerabilità" avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi (art. 844 c.c.).

Nonostante siano presenti anche leggi in materia di inquinamento acustico, che prefissano determinati limiti in decibel che, se superati, determinano l'illegittimità dei rumori, il concetto di normale tollerabilità non ha valore assoluto.

Indubbiamente, se le immissioni acustiche superano, per la loro particolare intensità e capacità diffusiva, la soglia di accettabilità prevista dalla normativa a tutela di interessi della collettività, a maggior ragione le stesse, ove si risolvano in immissioni nell'ambito della proprietà del vicino, dovranno per ciò solo considerarsi intollerabili ai sensi dell'art. 844 c.c. e saranno illecite anche sotto il profilo civilistico. Ma se sono inferiori a tale soglia non saranno automaticamente lecite.

Lo ha ricordato anche la Corte di Cassazione in una recente pronuncia (cfr. n. 2757/2020) precisando come sarà senz'altro illecito il superamento dei limiti di accettabilità stabiliti dalla normativa rilevante in materia. Tuttavia, se tali limiti vengono rispettati non significa che le immissioni sonore saranno sicuramente lecite.

Normale tollerabilità: valutazione caso per caso

In particolare, chiarisce la Suprema Corte, il giudizio sulla loro tollerabilità dovrà essere formulato in relazione alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia da quel complesso di suoni di origine varia e spesso non identificabile, continui e caratteristici del luogo, sui quali vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo).

Si tratta, dunque, di giudizio "caso per caso" e spetterà al giudice di merito accertare in concreto gli accorgimenti idonei a ricondurre tali immissioni nell'ambito della normale tollerabilità. Quanto all'accertamento del giudice, non si ritiene indispensabile l'espletamento di una consulenza tecnica, potendo il giudice utilizzare ogni elemento di prova, comprese presunzioni o prove testimoniali (nei limiti in cui non comportino valutazioni soggettive).

Ovviamente sarà onere dell'attore dimostrare il superamento del limite di normale tollerabilità e, qualora si intenda richiedere il risarcimento danni, il nesso di causalità tra i rumori molesti e i danni subiti a causa della prolungata esposizione. In conclusione, meglio fare attenzione prima di innescare la macchina della tutela giudiziaria, in quanto se i rumori del vicino non superino il limite della normale tollerabilità come sopra descritto, anche questa azione potrebbe non condurre a un esito positivo.

Tutela in sede penale

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I rumori molesti possono integrare anche un'ipotesi di reato, ovvero quella prevista dall'art. 659 del codice penale (Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone): il comma 1, nel dettaglio, sanziona chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone. Si tratta di un reato procedibile d'ufficio.

Affinché la condotta assuma rilevanza penale, è tuttavia necessario che i rumori arrechino disturbo a un numero indeterminato di persone, avendo il legislatore inteso tutelare l'interesse alla pubblica quiete. Non sarà dunque sufficiente che i rumori disturbino il solo vicino che abita nell'appartamento adiacente oppure quello dell'appartamento sottostante o sovrastante, dovendo invece interessare una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio.

Ancora, la Suprema Corte (cfr. Cass. n. 8351/2015) ha precisato che quello in oggetto è un reato solo eventualmente permanente, che si può consumare anche con un'unica condotta rumorosa o di schiamazzo recante, in determinate circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone. Inoltre, non è necessaria la prova che il rumore abbia concretamente molestato una platea più diffusa di persone, essendo sufficiente l'idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di individui.


Quanto all'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone, il giudice non dovrà necessariamente espletare perizia o consulenza tecnica, ma potrà fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, ad esempio le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti.
Data: 11/11/2020 09:00:00
Autore: Lucia Izzo