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Sospeso dal servizio per un like su Facebook

Per il Tar Lombardia, un like dato alla notizia del suicidio di un detenuto è manifestazione di disprezzo della vita e viola i doveri gravanti su chi svolge una funzione pubblica


Richiesta annullamento provvedimento di sospensione

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Legittima la sospensione disposta nei confronti di un Vice Commissario della polizia Penitenziaria per aver messo per primo un like a una notizia che riportava il suicidio di un detenuto. A nulla sono valsi i tentativi di difesa del vice Commissario. Per il Tar Lombardia una condotta del genere è contraria ai doveri che, chi esercita una funzione pubblico, deve rispettare anche fuori dall'ambiente di lavoro, senza dimenticare che chi opera all'interno dei penitenziari deva avere un ruolo attivo nella rieducazione dei detenuti.

Questa in sostanza la motivazione con cui il Tar Lombardia, con la sentenza n. 2365/2020 (sotto allegata) respinge il ricorso di un Vice Commissario ordinario della Polizia Penitenziaria con cui ha richiesto l'annullamento del decreto con cui gli è stata irrogata la pena della sospensione dal servizio per un mese, della delibera del Consiglio Centrale di disciplina e di ogni atto presupposto, collegato o successivo a quello impugnato.

Sospensione di un mese per un "like" su Facebook

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La sospensione di cui il ricorrente chiede l'annullamento è stata irrogata perché il Vice Commissario "in data 15 febbraio 2015, nel commentare la notizia del suicidio di un detenuto avvenuto nella Casa di reclusione di Milano - Opera sul sito Facebook.com denominato "- OMISSIS -", ha inserito l'applicazione predefinita corrispondente a "mi piace" (c.d. like), alla quale hanno fatto seguito ulteriori commenti di stampo negativo da parte di altri appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria; tutto ciò ha avuto una rilevante risonanza mediatica."

Contrario alla dignità umana il "like" alla notizia del suicidio di un detenuto

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Il Tribunale amministrativo, pronunciandosi con la sentenza n. 2365/2020 respinge però tutte le richieste avanzate dal ricorrente in quanto, come emerge chiaramente dal provvedimento adottato dal Consiglio centrale di disciplina e dal decreto con cui è stata disposta la sospensione "il ricorrente è stato sanzionato per aver posto un commento "mi piace" (like) ad una notizia relativa alla morte di un detenuto, ritenuta dall'Amministrazione manifestazione di disprezzo della vita, dell'incolumità e della salute delle persone detenute, in violazione dei doveri degli appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria."

A nulla vale per il ricorrente sostenere che il suo commento in realtà era successivo a quello di altri utenti. Dalla documentazione prodotta da controparte è emerso infatti l'esatto contrario, ossia che il suo commento di fatto era il primo in ordine cronologico. Per cui la sanzione è stata correttamente irrogata in base a questo presupposto di fatto.

Legittima la valutazione del like come "inequivoca manifestazione di approvazione o compiacimento per l'evento infausto accaduto, non potendosi ragionevolmente assumere che l'inserimento del commento "mi piace" costituirebbe soltanto una manifestazione di interesse per la notizia e non necessariamente di approvazione o compiacimento."

Corretto quindi il giudizio sulla condotta del ricorrente come contraria alla dignità della persona e dei detenuti, nei confronti dei quali un Vice Commissario dovrebbe assumere un ruolo attivo nel loro percorso di rieducazione e come tutto contraria al giuramento e ai doveri che il personale della Polizia penitenziaria è tenuto a rispettare anche quando è fuori servizio, nel rispetto di quanto sancito dall'art. 57 della Costituzione.

Appare pertanto ragionevole, corretta e non sindacabile la sanzione irrogata, tranne nei casi in cui essa risulti affetta da manifesta irragionevolezza e/ arbitrarietà, condizioni insussistenti nel caso di specie.

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Data: 22/12/2020 09:00:00
Autore: Annamaria Villafrate