Pensione reversibilità tra ex e moglie ripartita con decreto
Per la Corte di Cassazione il provvedimento assunto dal giudice con decreto conserva la natura e il valore di sentenza e può essere impugnato in sede di legittimità per vizi motivazionali
- Reversibilità tra ex moglie e vedova ripartita con decreto
- Il provvedimento conserva la natura e il valore di sentenza
Reversibilità tra ex moglie e vedova ripartita con decreto
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Deve ritenersi legittimo, e con valore e natura di sentenza, il decreto che si occupa della ripartizione della pensione di reversibilità tra ex coniuge e coniuge superstite al momento della morte del de cuius. Tale atto potrà essere impugnato con ricorso per Cassazione per vizi di motivazione.
Lo ha deciso la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nell'ordinanza n. 692/2021 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso contro la decisione della Corte d'Appello che si era occupata della suddivisione della pensione di reversibilità tra ex e nuovo coniuge.
Nel dettaglio, confermando la decisione di prime cure, la Corte territoriale ha determinato nella misura del 60% la quota spettante alla ex coniuge divorziata e attribuito la restante parte alla donna sposata in seconde nozze. Inoltre, ha previsto la condanna dell'INPS a corrispondere i ratei arretrati alla ex a far data dal mese successivo al decesso del de cuius.
La ripartizione stabilita dal Tribunale viene ritenuta congrua dal giudice a quo in relazione a una serie di criteri, in primis, la durata del matrimonio: il precedente rapporto era durato circa 39 anni, contro i 12 anni di quello contratto con la seconda moglie, restando modesta una breve convivenza more uxorio. Inoltre, si valutava l'età della ex, quasi ottantenne, confrontata con quella della nuova moglie, di 12 anni più giovane.
Infine, si rapportava la situazione patrimoniale delle due, l'una, la ex, titolare di due appartamenti e di un reddito autonomo modesto, la seconda moglie proprietaria di un immobile e accollatasi un mutuo. Tale decisione viene contestata in Cassazione dalla seconda coniuge sotto plurimi profili, tra l'altro per aver riconosciuto valore di sentenza al decreto del Tribunale con violazione del diritto di difesa.
Il provvedimento conserva la natura e il valore di sentenza
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Tale censura viene, però, ritenuta infondata. È ben vero, spiegano gli Ermellini, che la decisione giudiziale riguardante la ripartizione della pensione di reversibilità tra l'ex coniuge divorziato e il coniuge superstite al momento del decesso deve essere resa con sentenza, ai sensi dell'art. 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898.
Tuttavia, il provvedimento assunto dal giudice con decreto, come avvenuto nella fattispecie, per la Cassazione "conserva la natura e il valore di sentenza" e può essere impugnato con ricorso per Cassazione per vizi motivazionali, ex art. 360, primo comma, n. 5, del codice di procedura civile.
La decisione si conforma a un altro precedente della medesima corte di Cassazione (cfr. Cass n. 8734/2009). Di conseguenza, secondo il Collegio non è censurabile la decisione della Corte territoriale la quale ha ritenuto che il provvedimento adottato dal Tribunale in forma di decreto avesse natura sostanziale di sentenza. Al rigetto del ricorso consegue altresì la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di processuali, nonché per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello del ricorso, ex art. 13 del d.P.R. 115/2002.
Autore: Lucia Izzo