Errata diagnosi del veterinario: il danno va provato
- Prova della sofferenza patita
- Le presunzioni bastano ma il solo decesso no
- Il rapporto tra animale e padrone
Prova della sofferenza patita
La questione della risarcibilità del danno non patrimoniale subito dal padrone a seguito dell'errata diagnosi del medico-veterinario che ha portato al decesso dell'animale d'affezione è stata di recente affrontata dal Tribunale della Spezia nella sentenza numero 660/2020 qui sotto allegata.
Per il giudice, in particolare, tale danno non può ritenersi sussistente in re ipsa, ma il danneggiato che ne chieda il risarcimento è tenuto a dimostrare di aver subito un effettivo pregiudizio in termini di sofferenza patita in dipendenza della perdita dell'animale.
Le presunzioni bastano ma il solo decesso no
Tale prova può essere data anche attraverso presunzioni, che siano gravi, precise e concordanti. Tuttavia, gli elementi indiziari posti a sostegno della prova devono essere diversi dal fatto in sé del decesso dell'animale.
Il rapporto tra animale e padrone
In ogni caso, ciò che è certo è che il rapporto tra padrone e animale deve ormai considerarsi pacificamente come "espressione di una relazione che costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale e, quindi, come vero e proprio bene della persona, tutelato dall'art. 2 della Costituzione".
Come già chiarito in passato dalla giurisprudenza, in altre parole, una lettura contemporanea delle abitudini sociali e dei relativi valori non permette più di considerare "futile" la perdita dell'animale d'affezione, che invece è un evento tale da integrare una lesione dell'interesse della persona alla conservazione della propria sfera relazionale-affettiva (v. Trib. Pavia n. 1266/2016 e Trib. Vicenza n. 24/2017).
Data: 31/01/2021 11:00:00Autore: Valeria Zeppilli