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No alla reintegra del lavoratore dopo il Jobs Act

Per la Corte Ue è corretta la decisione presa in una causa di licenziamento collettivo di non reintegrare il dipendente che diventa indeterminato dopo il Jobs Act


Nessun reintegra per il lavoratore indeterminato dopo il Jobs Act

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In caso di licenziamento collettivo dichiarato illegittimo, il lavoratore che ha subito la conversione del contratto da tempo determinato in indeterminato dopo l'entrata il vigore del Jobs Act (7 marzo 2015) non può essere reintegrato nel suo posto di lavoro. Queste le conclusioni della Corte UE nella sentenza del 17 marzo 2021 emessa al termine della causa C-652/2019 (sotto allegata).

Le norme europee, in caso di licenziamento illegittimo, non considerano discriminatorio il fatto che il Jobs Act (Dlgs n. 23/2015) abbia previsto l'indennità e non il reintegro del dipendente assunto con contratto a tempo determinato prima del 7 marzo 2015, ma stabilizzato con contratto a tempo indeterminato dopo quella data. Per comprendere meglio questa decisione vediamo come è iniziato tutto e qual è il percorso logico della Corte UE.

Il dipendente a tempo indeterminato dopo il Jobs Act non può essere reintegrato

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Nel 2017, la Consulmarketing S.p.A licenzia 350 lavoratori. I dipendenti si rivolgono al Tribunale di Milano, che dichiara illegittimo il licenziamento collettivo e dispone la reintegra nell'impresa dei lavoratori interessati, fatta eccezione per il ricorrente. Il giudice rileva infatti che quest'ultimo non è tutelato come gli altri lavoratori licenziati. Questo perché la data in cui il suo contratto a tempo determinato è stato convertito in un accordo a tempo indeterminato è successiva al 7 marzo 2015, giorno in cui è entrato in vigore il Jobs Act (Dlgs n. 23/2015).

In virtù del Jobs Act infatti, vi sono due tipi di tutele in caso di licenziamento collettivo illegittimo. Il lavoratore a tempo indeterminato, il cui contratto è stato stipulato fino alla data del 7 marzo 2015, compresa, può chiedere di essere reintegrato nel suo posto di lavoro all'interno dell'impresa. Nel caso invece in cui il lavoratore è stato assunto dalla data suddetta, per lui nessuna reintegra, ma un'indennità che non può superare certi limiti indicati dalla normativa.

Il Jobs Act non viola il principio di non discriminazione

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Il Tribunale di Milano si rivolge alla Corte di Giustizia UE per appurare che le regole del Jobs Act non si pongano in contrasto con la normativa europea vigente in materia di licenziamenti collettivi.

La Corte Ue con la sentenza del 17 marzo 2021 nella causa C-652/19 però si pronuncia a favore del Jobs Act. La presenza di eventuali diversità di trattamento previste dalle legislazioni interne tra determinate categorie di personale a tempo indeterminato non sono infatti considerate contrarie al principio di non discriminazione.

Per la Corte Ue in particolare: "Una normativa nazionale che prevede l'applicazione concorrente, nell'ambito di una stessa e unica procedura di licenziamento collettivo, di due diversi regimi di tutela dei lavoratori a tempo indeterminato in caso di licenziamento collettivo effettuato in violazione dei criteri destinati a determinare i lavoratori che saranno sottoposti a tale procedura non rientra nell'ambito di applicazione della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, e non può, pertanto, essere esaminata alla luce dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e, in particolare, dei suoi articoli 20 e 30".

Non solo: "La clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 e allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che estende un nuovo regime di tutela dei lavoratori a tempo indeterminato in caso di licenziamento collettivo illegittimo ai lavoratori il cui contratto a tempo determinato, stipulato prima della data di entrata in vigore di tale normativa, è convertito in contratto a tempo indeterminato dopo tale data."

Leggi anche:

- Il contratto a tutele crescenti

- Lavoro: il diritto disciplinare e il Jobs Act

Data: 20/03/2021 11:00:00
Autore: Annamaria Villafrate