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Omoparentalità

Omoparentalità: un duplicato della funzione genitoriale o funzione genitoriale elevata al quadrato? Facciamo chiarezza


Omoparentalità o omogenitorialità

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Trattasi di realtà affettiva, e non solo, che, in via immediata, sembra evocare dati algebrici e necessità di calcolo. Non a caso, il titolo del presente contributo, mero incipit di un doveroso cammino finalizzato a ricondurre i ruoli coinvolti negli orizzonti della norma, messa da parte ogni rumorosa convinzione.

Il paradigma antidiscriminatorio fra idoneità genitoriale e interesse del minore

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Faro per una corretta elaborazione, prima culturale e poi giuridica, non può che essere il paradigma antidiscriminatorio, idoneo a rendere compatibili l'interesse del minore e quello del genitore, reclamante, di solito, il pubblico riconoscimento di una bigenitorialità già di fatto esistente.

In altri termini, il giudizio sulla conflittualità, potenziale o concreta, degli interessi coinvolti, deve necessariamente essere scevro di preconcetti legati alla sola natura della relazione affettiva, mentre alcuno spazio è da riservarsi ad una disparità di trattamento tra differenti nuclei familiari, sulla base dell'orientamento sessuale che li connota. E chiaramente si è espresso, sotto tale profilo, lo stesso Giudice di legittimità, secondo cui, in materia di adozione coparentale, "l'esame dei requisiti e delle condizioni imposte dalla legge, sia in astratto che in concreto (l'indagine sull'interesse del minore imposta dall'art. 57, …... comma n. 2) non può essere svolto –neanche indirettamente –dando rilievo all'orientamento sessuale del richiedente e alla conseguente natura della relazione da questo stabilito con il proprio partner" (Corte di Cassazione, Sezione prima civile, Sentenza 22 giugno 2016, n. 12962, anche di seguito richiamata).

Certo, l'Italia non ha inteso aderire alla Convenzione Europea sull'adozione dei Minori del 2011 né l'ha sottoscritta, perdendo l'opportunità di condividerne l'obiettivo, ovvero quello "di prendere in considerazione le evoluzioni della società e del diritto, nel rispetto della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e sottolineando che l'interesse superiore del bambino deve prevalere su qualsiasi altra considerazione. Le nuove disposizioni introdotte dalla Convenzione sono le seguenti: (...) La Convenzione estende la possibilità di adozione a coppie eterosessuali non sposate, se registrate presso un registro delle unioni civili negliStati che riconoscono tale istituzione. Lascia inoltre agli Stati la libertà di estendere la portata della Convenzione e di consentire l'adozione a coppie omosessuali e dello stesso sesso che vivono insieme nel quadro di una convivenza stabile. (...)";

Resta comunque, e non è oscuro, il monito della Corte EDU contro la discriminazione fondata su ragioni di orientamento sessuale, sulla base di solide convinzioni, come pure emerse nel noto caso del luglio 2015, "Oliari and Others Vs. Italia" (ricorsi nn. 18766/11 e 36030/11, Sentenza del 21 luglio 2015).

Dunque, l'Italia è stata condannata per non avere predisposto, precedentemente all'entrata in vigore della legge di disciplina delle unioni civili del 2016, alcun quadro di tutela giuridica in favore delle coppie di persone dello stesso sesso, con la conseguente inibizione anche del riconoscimento delle relazioni costituite all'estero.

Sullo sfondo, la indubbia consistenza delle disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali, per cui, se da un lato vi è tutela della vita privata e familiare dalla pubblica ingerenza, dall'altro, lo Stato stesso è titolare di obblighi positivi, tesi a garantire l'autentica tutela dei diritti propri sia della vita privata chefamiliare (art.8 CEDU). Ed ancora, alcuna distinzione discriminatoria, tantomeno quella fondata sul sesso, può essere motivo di limitazione del godimento dei diritti e delle libertà riconosciute dalla medesima Convenzione (art. 14 CEDU, al quale corrisponde, per tenore, l'art. 21 della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea).

Da censurare, in ogni caso, la condotta dello Stato italiano, per la mancata realizzazione di un giusto equilibrio fra i concorrenti interessi dell'individuo e quelli della collettività, senza che possa concedersi giustificazione a quell'ampio margine di discrezionalità, dallo stesso invocato.

Opportuno quindi è considerare, fra gli altri, i possibili connotati di una decisione discriminatoria, quali individuati proprio dalla Corte Europea: ed allora, assumerà rilievo l'assenza di una "giustificazione oggettiva e ragionevole" o il non perseguito "fine legittimo" o, ancora, l'insussistenza di un "rapporto di ragionevole proporzionalità tra i mezzi impiegati ed il fine perseguito" (1° febbraio 2000, Mazurek Vs. Francia; 25 ottobre 2005, Niedzwiecki contro Germania; 7 gennaio 2014, Cusan e Fazzo Vs. Italia).

Non ultimo, il parametro fornito, dal diritto interno, con l'art. 3 della Costituzione, qui rilevando -oltre che sotto il profilo della sua razionalità e ragionevolezza -pure sotto quello del principio di uguaglianza, a garanzia di "situazioni sostanzialmente identiche", di"fattispecie pur diverse, ma ragionevolmente analoghe", nonché di "situazioni omogenee" e, dunque, "comparabili o assimilabili" (Corte Costituzionale, Sentenza n. 162 del 2014; Sentenza n. 1009 del 1988; Sentenza n. 409 del 1998; Sentenze nn. 155 e 215 del 2014).

Il riconoscimento del diritto all'omogenitorialità, una via normativa

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Non trascurabile spunto di riflessione, in detto contesto, la questione di legittimità costituzionale che, sollevata dal Tribunale di Venezia in merito alla L. 76/2016, "Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze"e riguardo al D.P.R. 396/2000, "Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127", ha condotto alla recente pronuncia della Consulta, n. 230 del2020. Così, dinanzi alle censure del Giudice rimettente -secondo il quale, precludere la registrazione, come genitore, del bambino nato da fecondazione eterologa sia in violazione tanto dei diritti della "madre intenzionale" (unita civilmente a quella biolgica), quanto di quelli del minore –la Corte Costituzionale ha negato ogni vulnus ai principi costituzionali, demandando al Legislatore, tacciato dunque di indubbia inerzia, la effettiva tutela della genitorialità, anche in caso di coppie non eterosessuali. In particolare, il Giudice di legittimità, dichiarando la inammissibilità della questione, ha ritenuto non intaccate le disposizioni di cui agli artt. 2 e 3, commi primo e secondo, 30e 117, comma primo(norma, quest'ultima, considerata dal Tribunale di Venezia in relazione all'art. 24, paragrafo 3 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali ed alla Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo), secondo argomentazioni supportate pure da precedenti giurisprudenziali (Consulta, Sentenza del 23 ottobre 2019, n. 221; Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, Sentenza del 15 marzo 2012, Caso Gas e Dubois Vs. Francia).

Nessun profilo di contestazione, pertanto, nell'operato di quell'Ufficiale di stato civile che, alla richiesta delle "due madri" (l'espressione non induca nella odiosa tentazione di fare calcoli) di essere come tali registrate, entrambe, nell'atto di nascita del minore, ha inteso procedere con la sola annotazione del nome della madre biologica. E tanto, in conformità proprio a quelle norme che il Tribunale veneto aveva ritenuto degne di censura, ovvero l'art. 1, comma 20, della citata legge sulle unioni civili, per cui la tutela delle coppie di donne unite civilmente è circoscritta ai"soli diritti … e doveri nascenti dall'unione civile", e l'art. 29, comma 2, del menzionato D.P.R. del 2000, che consente di indicare come genitore solo quello "legittimo" o che abbia dato il consenso ad essere nominato.

Tuttavia, quanto alla presunta violazione dell'interesse del minore, l'operato della Consulta ha avuto il merito di indicare una concreta soluzione, essendo già stata ammessa, per volontà giurisprudenziale, "l'adozione cosiddetta non legittimante in favore del partner dello stesso sesso del genitore biologico del minore, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lettera d), della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia)".

Ed "in questa chiave",può leggersi ancora in Sentenza,"si esclude che una valutazione negativa circa la sussistenza del requisito dell'interesse del minore possa fondarsi esclusivamente sull'orientamento sessuale del richiedente l'adozione e del suo partner, non incidendo l'orientamento sessuale della coppia sull'idoneità dell'individuo all'assunzione della responsabilità genitoriale (Corte di Cassazione, Sezione prima civile, Sentenza 22 giugno 2016, n. 12962)".

Non ha pertanto escluso, il Giudice ad quem, "una diversa tutela del miglior interesse del minore, in direzione di più penetranti ed estesi contenuti giuridici del suo rapporto con la madre intenzionale, che ne attenui il divario tra realtà fattuale e realtà legale", pur espressamente indicando che le forme per attuarla attengano, "ancora una volta, al piano delle opzioni rimesse alla discrezionalità del legislatore".

D'altro canto, profondo è il solco tracciato dalla giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, in favore dell'adozione del figlio del partner, proprio in applicazione del citato art. 44 della Legge in materia di adozione, secondo cui "i minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7: (…omissis…) d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo"(Tribunale per i Minorenni di Bologna, Sentenza del 25.06.2020; Tribunale per i Minorenni di Roma, Sentenza del 23.12.2015; già richiamata Sentenza, Cass. Civ., Sez. I, 26.5.2016, n. 12962).

Superata, evidentemente, una interpretazione restrittiva e minoritaria, che limitava il ricorso alla norma nei casi di minori in stato di abbandono (Tribunale per i Minorenni di Ancona, Sentenza del 15.1.1998; Tribunale per i Minorenni di Roma, Sentenza del 22.12.1992; Tribunale per i Minorenni di Potenza, Sentenza del 15.1.1984), si è meritevolmente giunti ad una lettura estensiva della stessa, per abbracciare situazioni di impossibilità di diritto, e non di mero fatto, comprese quelle in cui il minore viva contesti familiari altri, rispetto ai genitori coniugati, non escluse le coppie conviventi, sia eterosessuali che omosessuali (Tribunale per i Minorenni di Roma, Sentenza del 30.7.2014 e Sentenza del 22.10.2015).

L'ampio respiro della norma, allora, non ha lasciato indifferente neppure il Legislatore moderno che, seppure più pigro rispetto a quello del 1984, ha equiparato i termini "coniuge" ed "unito civilmente" (proprio in quell'art. 1, comma 20, della Legge 76/2016, tacciato di incostituzionalità dal Tribunale di Venezia) ed ha fatto salvo "quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti", così consentendo l'applicazione, più estesa, della norma in questione.

Maggiore consistenza, perciò, assume quella svolta invocata dalla Corte Costituzionale nella sua pronuncia del 2020 e che, "anche e soprattutto per i contenuti etici ed assiologici che la connotano, non è costituzionalmente imposta, ma propriamente «attiene all'area degli interventi, con cui il legislatore, quale interprete della volontà della collettività, è chiamato a tradurre […] il bilanciamento tra valori fondamentali in conflitto, tenendo conto degli orientamenti e delle istanze che apprezzi come maggiormente radicati, nel momento dato, nella coscienza sociale» (sentenza n. 84 del 2016)": occasione irrinunciabile perché sia nuovamente riempito quel vuoto legislativo al quale si è dovuta sovrapporre, necessariamente, una tutela di tipo giurisdizionale, con forza reclamata.

In attesa, molto spazio sarà lasciato alla interpretazione sistematica della norma, alla luce sia dell'imprescindibile dettato costituzionale che degli illuminanti principi sovranazionali.

Il diritto del minore alla continuità degli affetti

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La medesima lettura sistematica è, inoltre, da eligersi nella considerazione dell'altra figura, quella del genitore sociale, che viene in rilievo in caso di affidamento eterofamiliare. Il dato normativo, rinvenibile nella L. 173/2015, che ha modificato la L.184 del 1983 con l'inserimento degli artt. 5-bis, 5-ter e 5-quater, attiene, in particolare, alla continuità affettiva dei fanciulli in affido prolungato, con attribuzione di grande spessore alla relazione tra minori e genitori non biologici. Così, in presenza dei necessari requisiti, il Tribunale per i Minorenni, chiamato a decidere sull'adozione, non può che tener conto "dei legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria", e, se rispondente all'interesse del minore, garantire, pure al termine di tale esperienza affidataria, la"continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l'affidamento."

In ogni caso, avrà valore la voce del minore, essendo espressamente previsto il suo ascolto se egli abbia compiuto i dodici anni o se, pur di età inferiore, sia capace di discernimento.

Dunque, il Legislatore italiano sembra aver prestato orecchio alle sollecitazioni provenienti, soprattutto ed ancora una volta, dalla Corte di Strasburgo, nelle condanne subìte per violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, come garantito dall'art. 8 CEDU (Moretti e Benedetti Vs. Italia, Sentenza 27 aprile 2010; Zhou Vs. Italia, Sentenza 21 gennaio 2014; Todorova Vs. Italia, Sentenza 13 gennaio 2009).

E tanto più pregio è da attribuirsi all'intervento normativo del 2015 poiché, nella maggioranza dei casi, il vulnus è rappresentato proprio dalla mancata legittimazione del genitore sociale a vedersi riconosciuto il ruolo genitoriale.

Al riguardo pronunciatosi, con Decreto del 20 ottobre 2009, il Tribunale per i Minorenni di Milano ha evidenziato come il genitore sociale non possa ritenersi portatore della responsabilità genitoriale -da intendersi quale l'insieme dei poteri/doveri volti ad assicurare il benessere, sia materiale sia morale del minore -neppure essendovi la legittimazione a richiedere e ad ottenere un provvedimento che, dell'esercizio della responsabilità genitoriale, sia espressione.

Di segno contrario, il Tribunale di Palermo, che, con Sentenza del 13 aprile 2015, ha rimarcato il carattere non determinante del legame biologico: degna di nota, in tutta evidenza, l'interpretazione evolutiva dell'art. 337 ter c.c., come effettuata dal Giudicante in conformità tanto al dettato costituzionale quanto alle fonti di diritto internazionale, sino ad includere, nel concetto di bigenitorialità e di famiglia, anche il soggetto capace di instaurare, con il minore, un legame di fatto, significativo e duraturo.

A sostegno della coincidenza tra il maggiore benessere possibile del minore e la più ampia valorizzazione del rapporto affettivo e familiare, da prima esistente, si è espresso anche il Tribunale per i Minorenni di Bologna, con Ordinanza del 10 novembre 2014, sollevando la questione di illegittimità costituzionale riferita agli artt. 35 e 36 della L.184/1983, dinanzi alla impossibilità del giudicante di valutare, nel caso concreto,"se risponda all'interesse del minore adottato il riconoscimento della sentenza straniera che abbia pronunciato la sua adozione in favore del coniuge del genitore, a prescindere dal fatto che il matrimonio del caso abbia prodotto effetti in Italia".

Ebbene, innegabilmente si sono modificati, nel tempo, i concetti stessi di genitorialità e di filiazione, in un contesto caratterizzato da osmosi fra culture giuridiche, non senza l'incidenza di aspetti etici e religiosi.

Tutto teso, si auspica, verso una società di adulti, ex bambini ai quali siano state dedicate le medesime cure, garanzie e tutele, indipendentemente dalle condizioni, loro, e di chi, per essi, è stato genitore.

Avv. Ylli Pace

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Data: 16/04/2021 17:00:00
Autore: Ylli Pace