Stalking: non bastano le ingiurie anche se reiterate
- Atti persecutori, ingiuria e molestie
- Certezza sulla riconducibilità delle lettere all'imputato
- Non bastano le ingiurie a integrare il reato di stalking
Atti persecutori, ingiuria e molestie
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I fatti
Un soggetto viene imputato per i seguenti reati:
- capo a) atti persecutori continuati ai sensi degli artt. 612 bis e 81 c.p., per aver molestato la donna con cui il figlio aveva avuto scontri passati, tramite invio di numerose lettere dal contenuto ingiurioso che hanno provocato alla stessa un perdurante stato di ansia tale da ingenerare un fondato timore per la propria incolumità e dei suoi cari, ossia il convivente e i figli minori, tanto che la stessa a un certo punto è stata costretta a rivolgersi a un medico;
- capo b) ingiurie ai sensi dell'art. 594 c.p. tramite l'invio delle suddette lettere dal contenuto gravemente ingiurioso e offensivo;
- capo c) atti persecutori di cui all'art. 612 bis c.p. compiuti mediante l'invio a due coniugi di lettere dal contenuto offensivo con tanto di allegati fotografici nella quali l'imputato fa un chiaro riferimento a una presunta relazione del marito con la sua dipendente, ossia la donna destinataria delle lettere di cui al capo a);
- capo d) ingiurie continuate ai sensi degli artt. 594 e 81 c.p per avere, in esecuzione dello stesso disegno criminoso, offeso l'onore e il decoro del coniuge di cui al punto precedente, descrivendolo come soggetto depravato e incline alla promiscuità sessuale e senza scrupolo alcuno nel tradire la moglie. Soggetto a cui l'imputato ha inviato anche un messaggio telefonico dal contenuto ingiurioso e di scherno;
- capo e) molestia o disturbo alle persone continuati ai sensi degli artt. 660 e 81 c.p. per avere messo in atto tutte le suddette condotte ai danni della donna e della coppia di coniugi sopra indicati;
- capo f) calunnia ai sensi dell'art. 368 e 81 c.p. per avere dichiarato a un funzionario e a un assistente sociale, pur sapendola innocente, che la donna destinataria delle lettere maltrattava i suoi due figli minori, li lasciava soli in casa e intratteneva una relazione con il suo datore di lavoro.
Il Tribunale lo assolve dalle condotte ai capi a), b), c), d), f) e dichiara di non doversi procedere per le condotte di cui al punto e) perché prescritte.
Certezza sulla riconducibilità delle lettere all'imputato
Contro la sentenza assolutoria propongono appello i difensori delle parti civili in quanto il giudice di primo grado non ha tenuto conto di importanti e gravi indizi da cui si può desumere la colpevolezza dell'imputato. A casa dello stesso infatti è stato trovato un foglio manoscritto in cui era scritta una frase riportata poi in una delle lettere inviate alla ex compagna del figlio, redatto senza dubbio dall'imputato, come attestato anche da due grafologi.
L'imputato inoltre ha ammesso a uno degli agenti di P.G. di essere lui l'autore delle lettere. Lo stesso si è poi spogliato dei suoi beni, trasferendoli alla moglie, per sottrarsi a eventuali pretese risarcitorie, ha fatto istanza di dissequestro della macchina da scrivere e nel corso di un incontro ha minacciato il coniuge accusato di tradimento con la frase "e non finisce qui".
Il difensore dell'imputato inoltre in sede di udienza preliminare ha chiesto l'assoluzione dell'imputato per tutti i capi di accusa ad eccezione del capo b) ammettendo così implicitamente la responsabilità del suo assistito per questo reato. Da segnalare inoltre che l'imputato, nel corso del giudizio, non ha fornito una versione dei fatti alternativa a quella che è emersa durante il processo e che è del tutto infondata la tesi secondo cui l'imputato non avrebbe avuto la consapevolezza dell'innocenza della ex compagna del figlio in relazione all'accusa di abbandono e maltrattamento dei figli.
Non bastano le ingiurie a integrare il reato di stalking
La Corte d'Appello con la sentenza del 23 febbraio 2021 conferma però la sentenza di primo grado al termine della seguente motivazione.
Prima di tutto la Corte rileva la correttezza dei motivi di appello sollevati in relazione ai capi di imputazione a) e c), che fanno riferimento al reato di atti persecutori di cui all'art. 612 bis c.p. perché è indubbio il rancore dell'imputato nei confronti dei destinatari delle sue missive.
Indubbia poi la riconducibilità delle lettere all'imputato. Dette condotte integrano senza dubbio i reati di ingiuria (da cui l'imputato è andato assolto perché non costituisce più reato), e molestia, anche se tale condotta era ormai prescritta al momento della pronuncia.
Non possono però essere ricondotte al reato di stalking contemplato dall'art. 612 bis c.p, che è integrato in presenza di "specifici fenomeni molestia assillante, che si caratterizzano per un atteggiamento predatorio nei confronti della vittima. E' vero che le ingiurie, qualora assumano consistenza, ripetitività e incidenza tali da determinare, in sinergia con le altre forme di illecito previste dall'art. 612 bis c.p. uno degli eventi previsti da detta norma, potrebbe ritenersi integrato il reato di atti persecutori. E' pur vero tuttavia che nella specie la condotta è stata integrata solo da ingiurie, sia pur ripetute, non accompagnate da minacce di alcun tipo, né diffuse all'esterno della sfera privata della destinataria (…) e benché la persona offesa abbia riferito che, dopo aver ricevuto le lettere, era rimasta sconvolta ed era stata presa da una sensazione di paura anche per i propri figli, è del tutto evidente come la condotta, considerata oggettivamente, non fosse idonea a d ingenerare una condizione di profondo turbamento con effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima." Nel caso di specie manca l'astratta idoneità della condotta a produrre l'evento.
Stesse conclusioni per la configurazione del reato di stalking in relazione alle missive inviate alla coppia di coniugi, in cui il marito viene accusato di tradimento ai danni della moglie. Anche in questo caso la condotta non è stata vessatoria e quindi inidonea a produrre uno stato d'ansia. Tali condotte avevano più lo scopo d'infastidire i destinatari e creare problemi familiari, come poi avvenuto. Ora, anche se nel caso di specie il marito ha dichiarato che dopo le lettere aveva difficoltà a uscire di casa, di fatto le condotte non presentano il carattere della molestia insistente come richiesto dal reato di atti persecutori, quanto piuttosto di disturbo e come tale riconducibile alla fattispecie di cui all'art 660 c.p. Reato che comunque è prescritto. Non accertata infine neppure la responsabilità dell'imputato per il reato di calunnia di cui al capo f).
Si ringrazia l'Avv. Paolo Ricci per il cortese invio del provvedimento
Data: 10/04/2021 06:00:00Autore: Annamaria Villafrate