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Violazioni misure Covid: è consentito l'arresto in flagranza?

L’arresto in flagranza e il procedimento direttissimo nei confronti di chi violi le disposizioni per il contenimento della pandemia da COVID-19. Profili de iure condendo


Covid, arresto in flagranza e giudizio direttissimo

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È consentito alla polizia giudiziaria procedere all'arresto in flagranza nei confronti di chi trasgredisca le misure poste al contenimento della pandemia da COVID-19? Inoltre, sarebbe sostenibile l'instaurazione del relativo giudizio direttissimo?

Stante l'assenza di letteratura specifica sul punto [1], ho ritenuto opportuno condurre un'indagine e trarre una valutazione di fattibilità sia sulla possibilità che il p.m. possa allo stato attuale instaurare il giudizio direttissimo nei confronti di chi trasgredisca le misure attualmente previste per il contenimento della pandemia da COVID-19 [2] sia sulla possibilità che il legislatore in un prossimo futuro introducesse una fattispecie ad hoc di arresto in flagranza e di giudizio direttissimo: ciò tenuto conto del bilanciamento di plurimi interessi meritevoli di tutela ossia, da un lato, l'igiene, la salute e la sicurezza pubbliche – art. 32 Cost. – e, dall'altro, i principi costituzionali sanciti sia in materia di libertà personale – artt. 13 Cost. – sia del diritto di difesa – art. 24 Cost.

L'attuale quadro sanzionatorio

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Per poter offrire una risposta chiara ed esaustiva alla questione posta nel precedente paragrafo, occorre innanzitutto valutare l'attuale impianto sanzionatorio penale previsto in caso di inosservanza delle misure de quibus. Innanzitutto, l'art. 3 comma 4 d.l. 23 febbraio 2020 n. 6 – conv. con mod. in l. 5 marzo 2020 n. 13 – stabilisce che, «salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento … è punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale», il quale a sua volta punisce «chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene, … se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a 206 euro». Se è pur vero che l'art. 650 costituisca una fattispecie di reato di natura contravvenzionale, per di più oblazionabile [3], dall'altro occorre rilevare come la medesima sia di natura residuale e che troverebbe applicazione soltanto qualora il soggetto agente non commetta un «più grave reato», il quale nel caso di specie potrebbe assumere gli elementi del delitto di «epidemia» previsto dall'art. 438 c.p. [4], del delitto di «epidemia colposa» ex art. 452 comma 1 n. 2 c.p. [5] così come delle lesioni personali e, addirittura, dell'omicidio volontario e preterintenzionale [6]. Parimenti, le false informazioni fornite in occasione della compilazione della autocertificazione costituirebbero elemento dal quale potrebbe senz'altro emergere il delitto di «falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri» ex art. 495 c.p. [7].

In secondo luogo, con l'art. 4 comma 6 d.l. 25 marzo 2020 n. 19 – conv. con mod. l. 22 maggio 2020 n. 35 – è stato introdotto nel nostro ordinamento il reato di «inottemperanza alla misura della quarantena da Covid-19», il quale prevede che «salvo che il fatto costituisca violazione dell'articolo 452 del codice penale o comunque più grave reato», la violazione della misura del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus sarebbe punita «ai sensi dell'articolo 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265» [8], ossia «con l'arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l'ammenda da euro 500 ad euro 5.000» [9].

I casi di arresto in flagranza e di procedimento direttissimo ravvisabili

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Con riguardo al primo modo di instaurazione del procedimento direttissimo, ossia quello «contestuale» alla convalida dell'arresto – art. 449 commi 1 e 3 c.p.p. –, occorre che il fatto commesso sia previsto come delitto non colposo per il quale è consentito l'arresto obbligatorio in flagranza, ossia allo stato attuale l'epidemia dolosa [10], l'omicidio volontario ovvero preterintenzionale [11], la lesione personale [12] e il delitto di cui all'art. 495 c.p. [13], ovvero che si tratti di un delitto anche colposo per il quale debba tuttavia essere previsto l'arresto facoltativo in flagranza [14], mentre è da escludersi che siffatto modo di instaurazione del rito possa aver luogo per i reati di cui all'art. 650 c.p. e all'art. 4 comma 6 d.l. n. 19 del 2020, stante l'impossibilità che gli agenti possano procedere all'arresto di chi commetta un reato di natura contravvenzionale [15].

A prescindere dall'arresto in flagranza, ai fini della instaurazione del rito direttissimo sarebbe sufficiente anche la confessione resa dall'indagato in sede di interrogatorio – art. 449 comma 5 c.p.p. –, evidenza che potrebbe emergere anche qualora nel corso di «attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti» emergano indizi di reato, conformemente all'art. 220 norme coord. c.p.p. [16]. In caso di confessione, troverebbero tra gli altri applicazione gli artt. 63 e 64 c.p.p. sul diritto dell'indagato a che non possano essere utilizzati in giudizio nei suoi confronti le dichiarazioni rese in sede di autocertificazione se fin dal primo momento questo doveva essere sentito in qualità di persona sottoposta alle indagini così come, importantissimo, sul suo diritto a che egli venga debitamente avvisato della facoltà di non rispondere [17] e che non possa essere obbligato – peraltro con qualsiasi mezzo e nemmeno con il suo consenso [18] – ad ammettere i fatti costituenti le violazioni di cui supra, comprese le fattispecie contravvenzionali [19], considerato peraltro che nella prassi potrebbe accadere che l'indagato positivo al tampone non potesse esimersi dal rendere dichiarazioni veritiere sulle proprie generalità e indirizzo di residenza, in tal modo confessando quanto necessario affinché si proceda per direttissima nei suoi confronti per il reato di cui all'art. 4 comma 6 d.l. n. 19 del 2020: in tal caso, sempre in nome del principio costituzionalmente previsto del nemo tenetur se detegere – art. 24 comma 2 Cost. –, l'indagato non dovrebbe mai essere posto nelle condizioni di rendere dichiarazioni a sé sfavorevoli, nemmeno quando ciò abbia ad oggetto la comunicazione delle proprie generalità e di quant'altro possa essere necessario a identificarlo ai sensi dell'art. 66 comma 1 c.p.p. [20], considerato come, peraltro, tale principio sia stato ribadito con una recentissima decisione di merito [21].

La sostenibilità del rito ex abrupto

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Il giudizio direttissimo e, in particolare, quello fondato sulla contestualità tra l'udienza di convalida dell'arresto in flagranza e il dibattimento – art. 449 commi 1 e 3 c.p.p. – si caratterizza per la speditezza e per l'economia processuale grazie alle quali lo Stato giunge alla definizione del processo per un fatto di reato recentemente commesso – anche una dozzina di ore prima –, in quanto fondato su un'evidenza della prova tale da rendere superflua l'attività istruttoria tipica del procedimento ordinario: infatti, sarebbe fuor di dubbio che le forme del procedimento de quo consentirebbero di rilevare agevolmente in sede giurisdizionale i fatti costituenti l'inosservanza delle misure per la prevenzione della diffusione del COVID-19, il cui accertamento sarebbe di assai facile prova, tanto è vero che alla polizia giudiziaria basterebbe operare un confronto tra quanto dichiarato dall'imputato in sede di autocertificazione e quanto emerso da semplici riscontri oggettivi in indagine, ovvero constatare nelle more del controllo delle generalità dell'imputato che questi, essendo in istato di positività al COVID-19, si trovasse al di fuori della propria abitazione, fatti indiscutibilmente semplici da sostenere in giudizio da parte del p.m. Al contrario, il rito non sarebbe instaurabile qualora si procedesse per i delitti di epidemia, di omicidio e di lesioni personali, in quanto l'attività istruttoria necessaria al loro accertamento richiederebbe l'espletamento di «speciali indagini» incompatibili con l'instaurazione del rito ex abrupto – art. 449 comma 4 c.p.p. – a meno che l'imputato non confessi il fatto oggetto di siffatti reati purché, tuttavia, ciò non «pregiudichi gravemente le indagini» – art. 449 comma 5 c.p.p.

L'ipotesi di una novella

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Per quanto riguarda i profili de iure condendo, sarebbe a mio giudizio probabile che il nostro legislatore introduca nuove fattispecie di arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza o una ulteriore ipotesi di giudizio direttissimo atipico fondato su dei presupposti estranei all'arresto in flagranza e alla confessione resa dall'indagato nell'interrogatorio [22]. Il vantaggio di siffatta introduzione consisterebbe nella riscossione a livello nazionale di una maggiore sensibilizzazione dei cittadini al contrasto degli effetti della pandemia, i quali verrebbero maggiormente dissuasi dal trasgredire alle misure di contenimento, mentre il principale svantaggio sarebbe rappresentato dall'appesantimento del carico giudiziario [23], per il quale crescerebbe esponenzialmente il numero di direttissimi instaurati di fronte al giudice del dibattimento. In ogni caso, il nostro legislatore non dovrebbe incorrere nell'errore di reprimere con siffatti metodi l'inosservanza delle misure più elementari, situazione nella quale potrebbe al contrario emergere un evidente contrasto con il principio di ragionevolezza il quale, come noto, assume rilievo costituzionale [24].


[1] Come si avrà modo di rilevare nel prosieguo della trattazione, scarsa è la letteratura sulla configurabilità dell'arresto in flagranza per alcuni delitti concernenti l'inosservanza delle disposizioni per il contenimento della pandemia, mentre è addirittura assente qualsiasi riferimento al giudizio per direttissima instaurabile nei confronti di chi arrestato in flagranza o meno abbia violato le disposizioni de quibus.

[2] Dichiarata con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, pubblicata in G.U., Serie Generale, 1° febbraio 2020 n. 26.

[3] In forza dell'art. 162-bis c.p., il quale consente al «contravventore [di] essere ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo dell'ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa oltre le spese del procedimento».

[4] Il quale stabilisce che «chiunque cagiona un'epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l'ergastolo. Se dal fatto deriva la morte di più persone, si applica la [medesima] pena».

[5] Il quale prevede che «chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439 è punito: … 2) con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono l'ergastolo».

[6] Come nel caso in cui il «soggetto che, consapevole della sua positività, o potendo ritenere – in base alle sue condizioni di salute o alla condotta di vita antecedente – di essere stato contagiato, volontariamente contagi una o più persone determinate … sarà configurabile il reato di lesioni personali o di omicidio a titolo di dolo (anche eventuale). È il caso, anch'esso restituito dalla cronaca, del soggetto che nella sala d'attesa dell'ospedale, infastidito, sputi all'indirizzo dei sanitari, causandone il contagio; ovvero del rapinatore che del pari, versando nelle predette condizioni, dopo aver minacciato la vittima, la attinga volontariamente (consapevole della sua positività) con getti di saliva, catarro e altre sostanze espulse dalla bocca». Questi i rilievi di M. GRIMALDI, Covid-19: la tutela penale dal contagio, in Giur. pen., IV, 2020.

[7] Il quale punisce «chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, l'identità o lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona … con la reclusione fino a tre anni». Alla stessa pena soggiace chi «commette il fatto in una dichiarazione destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico. La reclusione non è inferiore ad un anno: 1) se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile; 2) se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa da un imputato all'Autorità giudiziaria, ovvero se per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome. La pena è diminuita se chi ha dichiarato il falso intendeva ottenere, per sé o per altri, il rilascio di certificati o di autorizzazioni amministrative sotto falso nome, o con altre indicazioni mendaci». Infatti, per ragioni che esorbitano dall'oggetto del presente scritto, si rinvia sul punto a M. GRIMALDI, Covid-19: la tutela penale dal contagio, cit., p. 23 ss. quanto alla mancata applicazione dell'art. 76 d.p.r. 28 dicembre 2000 n. 445.

[8] Secondo M. GRIMALDI, Covid-19: la tutela penale dal contagio, cit., p. 10 «assumono rilevanza per l'integrazione del reato di cui all'art. 260 solo i provvedimenti individuali e concreti, diretti a una o più persone determinate e/o determinabili, in relazione a contingenze attuali. … L'ordine di cui all'art. 260 cit. deve essere "legalmente dato", il che può ritenersi solo nei casi di assenza di tutti e tre i fondamentali vizi di legittimità dell'atto amministrativo, compreso l'eccesso di potere, accanto all'incompetenza e alla violazione di legge, che il giudice ha il potere-dovere di verificare».

[9] Contravvenzione, questa, non oblazionabile, in quanto prevedente congiuntamente sia l'arresto sia l'ammenda e per questo non ravvisandosi gli estremi né dell'art. 162 c.p. né dell'art. 162-bis c.p.

[10] Conformemente all'art. 380 comma 2 lett. c c.p.p. Nello stesso senso si veda G. VARRIALE, Diritto penale ai tempi del Coronavirus, in Diritto.it, Rimini, 2020.

[11] Conformemente all'art. 380 comma 1 c.p.p., il quale prevede che «gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto di chiunque è colto in flagranza un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni».

[12] Conformemente all'art. 381 comma 2 lett. f c.p.p.

[13] Conformemente all'art. 381 comma 2 lett. m-ter c.p.p. Si veda, in dottrina, G. VARRIALE, Diritto penale ai tempi del Coronavirus, cit. e L. BIARELLA, Coronavirus: cosa rischia chi esce di casa senza validi motivi, in Rivista Altalex, Padova, 2020. A ciò si aggiunga tuttavia che, qualora le informazioni fossero richieste dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero, l'arresto non sarebbe consentito in virtù dell'art. 381 comma 4-bis c.p.p., anche qualora l'indagato si rifiuti di fornirle.

[14] Infatti l'art. 381 comma 1 c.p.p. prevede che gli agenti e gli ufficiali di p.g. abbiano facoltà di arrestare chiunque commetta «un delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni», oltre ai casi contemplati al comma 2 della medesima disposizione.

[15] La Corte costituzionale con C. cost., sent. 15 luglio 2004 n. 223, in Dir. pen. proc., 2004, IX, p. 1074 ha escluso che potesse aver luogo l'arresto in flagranza in caso di un reato di natura contravvenzionale.

[16] Caso nel quale gli atti necessari per «assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale» dovrebbero essere compiuti con l'osservanza delle disposizioni contemplate dal codice di procedura penale.

[17] Conformemente all'art. 64 comma 3 lett. b c.p.p.

[18] Conformemente all'art. 64 comma 2 c.p.p., il quale nello specifico prevede che «non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interrogata, metodi o tecniche idonei a influire sulla liberta? di autodeterminazione o ad alterare la capacita? di ricordare e di valutare i fatti».

[19] Infatti, l'art. 449 comma 5 c.p.p. non prevede tale limitazione.

[20] Al pari di quanto dovrebbe valere per l'indagato sospettato di aver commesso il delitto di sostituzione di persona ex art. 494 c.p.

[21] Trib. Milano, 16 marzo 2021, in Studiocataldi.it, Ascoli Piceno, 2021 con nota di A. VILLAFRATE, Covid: nessun reato se non si dice la verità nell'autocertificazione, ivi.

[22] La storia ci insegna infatti come il nostro legislatore sia in tal modo intervenuto in materia di armi ed esplosivi (art. 12-bis l. 7 agosto 1992 n. 356), di reati commessi in occasione delle manifestazioni sportive (artt. 8 commi 1- ter e 8-bis l. 13 dicembre 1989 n. 401), di immigrazione (artt. 285 e 312 c.p. e art. 14 comma 7-bis t.u. imm.), di discriminazione razziale e religiosa (art. 6 comma 5 d.l. 26 aprile 1993 n. 122, conv. con mod. l. 25 giugno 1993 n. 205), di omicidio colposo stradale (artt. 589-bis commi 2 e 3 c.p. e 380 comma 2 lett. m-quater c.p.p.) e di resistenza o di violenza contro nave da guerra (artt. 1100 c. nav. e 380 comma 2 lett. m-quinquies c.p.p.).

[23] Tanto è vero che l'art. 132-bis lett. f norme att. c.p.p. stabilisce che «nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi è assicurata la priorità assoluta … ai processi da celebrare con giudizio direttissimo».

[24] Si vedano C. cost., sent. 24 giugno 2010 n. 229, I. M., in Dir. pen. proc., 2010, IX, p. 1054 e C. cost., ord. 29 novembre 2010 n. 353, C. B. ed altri, in Sito uff. Corte cost., 2011 con le quali la Corte costituzionale ha espresso che «in tema di disciplina del processo e di conformazione degli istituti processuali il legislatore dispone di un'ampia discrezionalità con il solo limite della manifesta irragionevolezza delle scelte compiute».

Data: 23/04/2021 12:00:00
Autore: Gianluca Benvenuto Sinfisi