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Responsabilità medica durante il Covid: solo colpa grave

In sede di conversione in legge del d.l. n. 44/2021 è spuntata una norma che limita la responsabilità dei medici, a prescindere dal caso trattato


Legge meno severa verso i medici durante il Covid

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Il decreto legge n. 44/2021, convertito con legge approvata il 26 maggio 2021, è un provvedimento normativo di fondamentale rilevanza per tutti i sanitari.

Come ormai noto a tutti, il decreto ha infatti introdotto, all'articolo 3, l'esenzione da responsabilità penale da somministrazione del vaccino contro il Covid (leggi Covid: niente responsabilità medica per chi vaccina).

Ma non solo: a tale norma, in sede di conversione in legge, se ne è aggiunta un'altra: si tratta del nuovo articolo 3-bis che sta già destando ampio interesse, in quanto si traduce, sostanzialmente, in una norma di vera e propria indulgenza verso l'operato dei medici. Vediamo perché.

Solo colpa grave durante l'emergenza coronavirus

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L'articolo 3-bis sancisce che, durante lo stato di emergenza epidemiologica, i fatti idonei a integrare delle fattispecie di omicidio colposo o lesioni colpose, se commessi nell'esercizio di una professione sanitaria e se trovano causa nella situazione di emergenza, sono punibili solo nei casi di colpa grave.

In sostanza, si tratta di una previsione che limita la punibilità per i reati di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale alle sole ipotesi di colpa grave e lo fa a prescindere dall'attività in concreto svolta dal sanitario, ovverosia anche se il medico non stava trattando, in sé, un caso di Covid, purché il fatto idoneo a costituire reato trovi causa nella situazione di emergenza.

Il parere della commissione giustizia

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Tale nuova disposizione è stata oggetto di particolare attenzione da parte della Commissione giustizia che, nel corso della relazione fatta dall'Onorevole Cataldi durante la seduta in sede consultiva del 19 maggio 2021, di poco precedente alla definitiva conversione in legge, ha evidenziato proprio la circostanza che la norma faccia riferimento a qualsiasi attività di professione sanitaria, anche se relativa a casi non inerenti al Covid-19.

Essa, quindi, interessa potenzialmente tutti i soggetti iscritti agli albi professionali degli ordini dei medici-chirurghi e degli odontoiatri; dei veterinari; dei farmacisti; dei biologi; dei fisici e dei chimici; delle professioni infermieristiche; della professione di ostetrica; dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione; degli psicologi.

Quella di non limitare l'applicazione della disposizione ai soli casi inerenti al Covid-19 è, in base al parere reso dal relatore, una scelta logica, se si considerano le condizioni difficili nelle quali tutto il personale medico si è trovato a dover lavorare a seguito della situazione di emergenza.

Come si valuta il grado della colpa?

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L'articolo 3 bis si occupa anche di definire le modalità di valutazione del grado della colpa, specificando che, a tal fine, il giudice deve tener conto, "tra i fattori che ne possono escludere la gravità, della limitatezza delle conoscenze scientifiche, al momento del fatto, sulle patologie derivanti dall'infezione da SARS-CoV-2 e sulle terapie appropriate, nonché della scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, oltre che del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato, impiegato per far fronte all'emergenza".

Nella relazione dell'Onorevole Cataldi, tale previsione è stata giudicata idonea a bilanciare il rapporto tra l'interesse del paziente e quello del medico.

Data: 24/05/2021 22:00:00
Autore: Valeria Zeppilli