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Straining: definizione e tutele

Cos'è lo straining dal punto di vista giuridico, che cosa lo distingue dal mobbing, come ci si può tutelare e quando la condotta può integrare reato


Cos'è lo straining

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Il termine straining deriva dal verbo inglese "to strain" che letteralmente significa stringere, mettere sotto pressione, distorcere.

Il termine straining in ambito giuridico non ha ricevuto in questi anni un riconoscimento legislativo. La definizione infatti è di natura giurisprudenziale e il primo giudice che ha colmato questo vuoto è stato il Tribunale di Bergamo, grazie a una decisione del 2005, in cui ha chiarito che lo straining è: "costituito da una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno una azione che ha come conseguenza un effetto negativo nell'ambiente lavorativo, azione che oltre ad essere stressante è caratterizzata anche da una durata costante".

Lo straining in psicologia

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Il Dott. Harald Ege, psicologo americano, specializzato in psicologia del lavoro e delle organizzazioni definisce lo straining come una situazione di stress che la vittima subisce sul posto di lavoro in modo forzato, cagionato almeno da un'azione ostile che gli provoca una condizione di disagio permanente sul posto di lavoro.

La vittima di straining viene ridotta in una condizione d'inferiorità permanente rispetto al soggetto che tiene nei suoi confronti la condotta vessatoria. Comportamento che avviene in modo del tutto discriminatorio.

Si parla di straining infine quando il lavoratore vive una situazione conflittuale a causa di condotte limitate nel tempo e nel numero in grado però di modificare in peggio e in modo costante la sua condizione lavorativa.

Straining e mobbing a confronto

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Lo straining quindi è una condizione di stress la cui gravità sta a metà strada tra il semplice stress occupazionale e il mobbing. A distinguere lo straining dal mobbing è la modalità con la quale viene messa in atto l'azione vessatoria nei confronti della vittima.

Per ritenere ingrata una condotta di mobbing è necessario infatti che le molestie perpetrate al lavoratore siano continue, durature, frequenti nel tempo e tali da cagionare un danno alla salute riconducibile a questi comportamenti.

Lo straining invece è una condizione di stress, che può essere provocata anche da una sola azione, in grado però di produrre effetti duraturi nel tempo, che causano nella vittima disturbi psicosomatici e uno stato di malessere che può essere definito come una condizione di stress superiore, tale da peggiorare le sue condizioni sul posto di lavoro.

Esempi di straining

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Abbiamo visto che lo straining può essere conseguenza anche di una sola azione. Rappresentano esempi tipici di straining le seguenti condotte:

Sintomi dello straining

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Il soggetto vittima di straining spesso presenta diversi sintomi di natura psicologica e fisica, riconducibili alla condizione di stress sul lavoro, che nei casi più gravi sfociano in vere e propri patologie.

Non è infrequente il lavoratore soffra di depressione, attacchi di panico, ipertensione arteriosa, aritmie cardiache, dermatosi di vario tipo, cefalee, mal di schiena, dolori di stomaco, vertigini e sensazioni improvvise di caldo o freddo.

Come difendersi dallo straining

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La prima forma di difesa che il lavoratore ha a disposizione contro lo straining è l'azione civile finalizzata a ottenere il giusto risarcimento per i danni subiti. La Cassazione in diverse sentenze ha chiarito che per riconoscere i danni da straining, che possono identificarsi con un danno biologico, oltreché esistenziale e patrimoniale, è necessario dimostrare che il carnefice abbia posto in essere un'azione contraria a quanto sancito dall'art. 2087 c.c e dalla normativa, anche comunitaria in materia.

L'art. 2087 c.c. pone infatti in capo all'imprenditore l'obbligo di "adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro."

La responsabilità che deriva dalla violazione della norma predetta è di natura contrattuale, ma non può escludersi anche una responsabilità extracontrattuale, considerato che la salute è un diritto assoluto di rango costituzionale.

Il lavoratore che vuole ottenere dal datore il risarcimento dei danni da straining deve quindi provare:

Da parte sua il datore, per liberarsi dalla responsabilità collegata alla condotta di straining, deve dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie per impedire l'evento che ha cagionato i danni lamentati dal lavoratore.

Quando lo straining diventa reato

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La tutela primaria dello straining, come abbiamo visto, è di natura civilistica. Essa offre al dipendente la possibilità d'intraprendere un'azione risarcitoria per chiedere i danni subiti a causa della condizione di stress prodotta dalle condotte vessatorie messe in atto nei suoi confronti.

Non è escluso tuttavia che tali condotte possano assumere la veste di un illecito penale. I più comuni sono il reato di lesioni personali contemplato dall'art. 582 c.p, la violenza sessuale di cui all'art. 609 bis c.p, la violenza privata prevista dall'art. (art. 610 c.p.), le minacce minaccia punite dall'art. 612 c.p., la molestia o disturbo alle persone contemplato dall'art. 660 c.p. e l'abuso d'ufficio (art. 323 c.p).

Leggi anche:

- Cassazione: anche lo straining va provato

- Tutela delle condizioni di lavoro: mobbing e straining

Data: 16/11/2021 11:00:00
Autore: Annamaria Villafrate