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Stranieri: cosa sono e come funzionano le espulsioni amministrative

Istituto centrale della normativa inerente l'allontanamento dello straniero extracomunitario è l'espulsione, provvedimento con cui si intima al destinatario di lasciare il territorio dello Stato


Le espulsioni amministrative: cosa sono e come funzionano

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Le espulsioni - disciplinate dall'art. 13 del Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, c.d. Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (di seguito T.U.) - sono dei provvedimenti di tipo ablativo poiché consistono in un ordine di allontanamento che obbliga il destinatario a lasciare il Paese entro un determinato termine.

Nella maggior parte dei casi l'emissione di detto provvedimento comporta per il destinatario anche un divieto di reingresso nel Paese (fino a 5 anni), salvo autorizzazione speciale da parte del Ministero dell'Interno che ne giustifichi l'ingresso per motivi di giustizia, per ricongiungimento familiare o per autorizzazione del Tribunale dei Minori.

Esistono due diverse tipologie di espulsione amministrativa: quella di competenza del Ministro dell'Interno e quella disposta dal Prefetto.

L'espulsione amministrativa governativa

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I provvedimenti amministrativi d'espulsione sono disciplinati dall'art. 13 T.U. che, al primo comma, attribuisce al Ministro dell'Interno il potere di espellere uno Straniero che sia ritenuto pericoloso per l'ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato (ad esempio un legame con un'organizzazione terroristica). Il decreto di espulsione sarà dunque legittimo laddove la motivazione riporti le condotte concretamente idonee a minacciare il bene giuridico protetto e il sindacato del giudice sarà limitato ad un controllo meramente formale della motivazione stessa, senza giudizio nel merito.

L'espulsione amministrativa prefettizia

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Alla procedura governativa si affianca quella prevista dal secondo comma dell'art. 13 T.U., di competenza del Prefetto, che può disporre l'espulsione nei confronti dello Straniero che abbia fatto ingresso nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non sia stato respinto, ovvero che sia in posizione di soggiorno irregolare (permesso di soggiorno revocato, annullato, rifiutato o scaduto).

Il destinatario del provvedimento, per ragioni di celerità e stante la tassatività delle ipotesi alla base dell'atto, non ha diritto a ricevere la comunicazione di avvio del procedimento, con la conseguenza che le sue garanzie si esauriscono nella conoscenza del presupposto, di fatto e di diritto, che ha portato all'adozione della misura ed esplicitato nella motivazione.

Ai sensi dell'art. 13 co. 2 lett. c), T.U., il Prefetto può disporre, previo accertamento rigoroso dei presupposti e dell'attualità della pericolosità del soggetto, l'espulsione dello straniero che appartenga ad una delle categorie indicate nell'art. 1, L. 1423/1956 e successive modifiche, vale a dire:

· coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi;

· coloro che per la condotta e il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;

· coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

Le impugnazioni

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I provvedimenti di espulsione hanno la forma del decreto e presuppongono un'adeguata motivazione, sia in fatto che in diritto. Trattasi di atti recettizi, vale a dire che producono i loro effetti subito dopo la notifica all'interessato ed immediatamente esecutivi, con la conseguenza che l'eventuale impugnazione non sospenderà l'esecutività del provvedimento. Proprio a tal riguardo la Corte Costituzionale ha però riconosciuto, in caso di opposizione al decreto di espulsione, la possibilità per il giudice di sospendere l'esecutività del provvedimento in via cautelare (C. Cost., 25 maggio 2000 n.161)

Il ricorso avverso il decreto prefettizio va presentato dinanzi al Giudice di Pace del luogo in cui ha la sede l'autorità che l'ha emanato, nel termine di 30 giorni dalla notifica dello stesso (art. 18 D. Lgs. 150/2011).

In caso di accoglimento del ricorso, il giudice revoca il provvedimento, che perde di efficacia; in caso di rigetto, l'ordinanza sarà ricorribile in Cassazione.

Per quanto concerne il decreto di espulsione ministeriale, esso gode di una "fede privilegiata" in virtù delicatezza della materia in questione: risulta essere, infatti, un atto connotato da alta discrezionalità amministrativa che risulta insindacabile nel merito. Ne consegue che sarà impugnabile la sola correttezza formale del provvedimento, presso il TAR Lazio, entro 30 giorni dalla notifica (art. 13 co. 11, T.U.).

I divieti di espulsione

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"In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso altro Stato nel quale non sia protetto da tali discriminazioni" (art. 19, co. 1, T.U.).

Con l'entrata in vigore del D.L. 130 del 21 ottobre 2020 si sono allargate le maglie del divieto di espulsione (e rimpatrio) anche qualora esistano fondati motivi di ritenere che i soggetti espulsi rischino, nel loro Paese, di essere sottoposti a tortura o a trattamenti inumani o degradanti.

Si tratta di divieti assoluti, non bilanciabili con gli interessi di tutela dell'ordine o della sicurezza dello Stato che vorrebbe procedere all'allontanamento dello Straniero e che operano in modo automatico, vale a dire d'ufficio e a prescindere da ogni altro tipo di atto.

Con loro trova piena attuazione il principio di non refoulement del rifugiato (art. 33 Convenzione di Ginevra) e quello del divieto di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti (art. 3 C.E.D.U.).

Salvo che nelle ipotesi di espulsioni ministeriali per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato (art. 13, co. 1, T.U.), non è altresì consentita l'espulsione nei confronti degli stranieri che si trovino in una delle seguenti condizioni (art. 19, co. 2, T.U.):

· Stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto di seguire il genitore o l'affidatario espulsi.

· titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, salvo i casi di cui all'art. 9, T.U.

· Stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado, o il coniuge di nazionalità italiana.

· donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono, nonché il marito convivente con essa.


Dott. Furfaro Matteo

matteo.furfaro@gmail.com

Data: 22/10/2021 11:00:00
Autore: Matteo Furfaro