Tabelle milanesi o tabelle romane: la scelta in sentenza
- Danno non patrimoniale: tabelle milanesi o romane?
- L'applicazione delle tabelle romane
- I motivi di impugnazione
- Le tabelle milanesi
- La Cassazione riconosce la centralità delle Tabelle milanesi
Danno non patrimoniale: tabelle milanesi o romane?
Con l'ordinanza n. 38077 depositata il 2 dicembre 2021 (sotto allegata) la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha affermato che le tabelle del Tribunale di Milano sono da ritenersi un punto di riferimento per i giudici di merito chiamati a pronunciarsi sull'entità del danno non patrimoniale.
Ciò stante, il giudice che intenda discostarsene dovrà fornire in sentenza adeguata motivazione.
Il caso
La vicenda giunta sino in Cassazione riguarda un sinistro stradale e la conseguente richiesta di risarcimento del danno promossa dalla parte danneggiata nei confronti del responsabile civile, nonché della compagnia assicurativa.
L'applicazione delle tabelle romane
La Corte di Appello di Roma con sentenza del 18.12.2018, chiamata a decidere sull'impugnazione della sentenza pronunciata dei giudici di prime cure (cfr. Tribunale di Roma 15194/2016), accoglieva parzialmente il gravame proposto dalla compagnia assicurativa rideterminando in diminuzione l'importo precedentemente liquidato in favore della parte danneggiata a titolo di risarcimento del danno, con applicazione delle Tabelle romane.
La danneggiata propone dunque ricorso per cassazione affidandolo a sette motivi ai quali resiste la compagnia assicurativa.
I motivi di impugnazione
Il ricorrente denunzia l'errore in cui la Corte di Appello di Roma è incorsa nell'aver affidato la liquidazione del danno non patrimoniale alle Tabelle romane descrivendole quali riferimento per la liquidazione omnicomprensiva del danno non patrimoniale. La ricorrente infatti evidenzia nel proprio motivo di ricorso che non esiste alcuna tabella di tale carattere che sia stata formalmente approvata ed utilizzata dal Tribunale di Roma per la liquidazione omnicomprensiva del danno non patrimoniale.
Il ricorrente contesta altresì l'esito liquidatorio di cui alla sentenza impugnata, pari ad euro 48,752,00, contro ad euro 91.195,00 che avrebbe avuti riconosciuti in caso la Corte avesse fatto applicazione delle Tabelle milanesi e dunque avesse tenuto conto del danno biologico e di quello da sofferenza allo stesso tipicamente riconducibili. Allo stesso modo, prosegue il ricorrente la Corte di Appello ha fatto uso delle Tabelle romane senza fornire alcuna idonea motivazione, tanto più in ragione della diminuzione del risarcimento registrata a causa della inadeguata personalizzazione del danno, nonché della mancata valutazione della voce dinamico relazionale del danno. Al contrario, sottolinea il ricorrente che con l'applicazione delle tabelle milanesi per la percentuale di danno biologico contestata e un'adeguata personalizzazione del danno, si sarebbe giunti ad una liquidazione di euro 90.680,00.
Lamenta inoltre nei motivi di ricorso che la Corte di Appello abbia confuso il danno biologico-psichiatrico, pur accertato e liquidato dal CTU, con il danno derivante dalle sofferenze psichiche, dal turbamento interiore e dinamico relazionale costituto dalla menomazione avuta alla sfera sessuale, quali sofferenze particolari.
Le tabelle milanesi
La Cassazione riconosce la centralità delle Tabelle milanesi
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso proposto dalla danneggiata tornando ad affermare il ruolo di centralità svolto dalle tabelle milanesi nella liquidazione del danno non patrimoniale, anche nel caso in cui si adoperino criteri differenti di liquidazione, facendone utilizzo a riscontro della correttezza della valutazione.
La Corte definisce, pertanto, incongrua la motivazione resa dai giudici di appello che non motivi adeguatamente la scelta di diversi criteri di liquidazione del risarcimento del danno, come le tabelle di Roma, che diano luogo, come nel caso in esame, a una quantificazione sproporzionata rispetto a quella che sarebbe stata con l'applicazione delle tabelle milanesi, citando le precedenti pronunce dello stesso tenore (cfr. Cass. 28.6.2018, n. 17018; Cass. 30.6.2011, n. 14402).
Non essendosi attenuta a tale principio più volte affermato dai giudici di legittimità, la sentenza della Corte di Appello deve essere cassata con rinvio alla stessa perché proceda a nuovo esame.
Avv. Silvia Cermaria
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Data: 09/12/2021 06:00:00Autore: Silvia Cermaria