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La famiglia oltre la pandemia

La famiglia è la prima formazione sociale in cui si sperimenta - e che richiede - la solidarietà doverosa o fraterna di cui all'art. 2 della Costituzione


In tempo di pandemia da Covid-19 le famiglie sono state messe a dura prova per cui alcune ne sono uscite corroborate dimostrando ancor di più quanto siano importanti le relazioni familiari, mentre altre si sono strappate o frantumate anche perché non più abituate a stare insieme.

Ma la famiglia cosa può essere o dare ancora nella nostra società digitale e definita post-familiare?

Alcuni ricercatori (l'italiano M. Albertini e gli svedesi M. Gähler & J. Härkönen) hanno verificato -in un'analisi del periodo 2007-2012 - che anche in Svezia, contrariamente ad alcune rappresentazioni culturali che lo considerano un paese all'avanguardia in ogni senso, i legami familiari rimangono comunque molto forti, anche se con modalità diverse da altri Paesi europei. In caso di difficoltà familiari o personali (ad esempio perdita dell'autonomia economica o divorzio) i giovani non rientrano a casa dei propri genitori; tuttavia le reti familiari rimangono una risorsa forte per affrontare le difficoltà, anche se questo non implica il rientro nella propria famiglia/casa di origine (si veda il report «Moving back to "mamma"? Divorce, intergenerational coresidence, and latent family solidatiry in Sweden», febbraio 2018). A conferma che, nonostante divisioni e trasformazioni, la famiglia è e rimane la "cellula fondamentale della società" (Parte I punto n. 16 Carta sociale europea, riveduta nel 1996) e l'"ambiente naturale per la crescita ed il benessere di tutti i suoi membri ed in particolare dei fanciulli" (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia).

Edoardo e Chiara Vian, esperti di famiglie in difficoltà, affermano: "Se riuscissimo a cambiare prospettiva, a smettere di chiederci che cosa vogliamo dalla vita per interrogarci su che cosa la vita vuole da noi, saremmo forse più sereni. Anche in famiglia". La vita di famiglia si pone al di sopra dei bisogni ed interessi dei singoli componenti, è quanto si ricava anche dalla formulazione dei relativi articoli del codice civile dopo la riforma del diritto di famiglia del 1975: "interesse della famiglia" (art. 143 comma 1), "bisogni della famiglia" (art. 143 comma 2), "vita familiare" e "esigenze preminenti della famiglia stessa" (art. 144 comma 1), "esigenze dell'unità e della vita della famiglia" (art. 145 comma 2).

"La famiglia è l'arco e il figlio è la freccia. Il giovane non vuole tutela. Deve fare il salto da solo. Sta invece agli adulti valorizzarne i talenti e le capacità" (citazione che riecheggia quella famosa di K. Gibran) è la traduzione di quanto scritto nel Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia: "Convinti che la famiglia, quale nucleo fondamentale della società e quale ambiente naturale per la crescita ed il benessere di tutti i suoi membri ed in particolare dei fanciulli debba ricevere l'assistenza e la protezione necessarie per assumere pienamente le sue responsabilità all'interno della comunità". I genitori devono prendere come paradigma il binomio "crescita e benessere" ("crescita" è un concetto più individuale, mentre "benessere" ha anche una dimensione interpersonale) e non devono preoccuparsi e occuparsi solo dell'una o dell'altro tenendo conto altresì di essere all'interno di una comunità più vasta, a cominciare da quella parentale.

"Alcune famiglie non sono un progetto di vita, ma società a responsabilità limitata" (cit.): la famiglia è, invece, una società a responsabilità illimitata (come una società in nome collettivo). Famiglia è la parola chiave, semplice, non banale, ma costitutiva e linfa della vita. Il ruolo della mamma e del papà è quello di aprire il libro di una nuova storia e farsene carico. Una storia che i genitori non possono e non devono cancellare, ma possono e devono (perché frutto di una loro scelta o, comunque, esperienza) assumere per portarne insieme il peso.

La famiglia è una democrazia, per cui il pedagogista Daniele Novara scrive: "I nostalgici dell'autoritarismo possono solo mangiarsi le unghie, urlare contro il '68, denigrarlo in ogni occasione, farlo passare per un movimento politico a sfondo comunista, ma la realtà è un'altra. Dopo cinquant'anni si può ben dire che «indietro non si torna», che la società del comando ha lasciato il posto a quella della condivisione e dello scambio. Furono i grandi educatori del '68 a capire cosa stava veramente succedendo. Don Milani con Lettera ai giudici («l'obbedienza non è più una virtù»), Danilo Dolci con la critica dei leader, ma anche Mario Lodi che crea la storia di Cipì assieme ai suoi bambini". Lo spirito di condivisione e scambio è stato introdotto nella disciplina della famiglia con la riforma del diritto di famiglia del 1975 che ha democratizzato la famiglia. Condivisione è considerazione dell'altro, confronto con l'altro che può pure comportare contrasto, conciliazione anche dei tempi di vita e di lavoro (si veda il Testo unico d.lgs. n. 80 del 15 giugno 2015 e successivi aggiornamenti), mentre non è concitazione di vita (tanto da dimenticare i figli sull'auto e dover essere resi obbligatori sulle auto i seggiolini e i dispositivi anti-abbandono con la legge n. 157 del 19 dicembre 2019) o connessione al mondo virtuale sino alla dipendenza. Le pietre miliari della condivisione in famiglia sono date dai tre articoli del codice civile letti durante il rito del matrimonio, artt. 143, 144 e 147, in particolare l'art. 144, quel concordato "indirizzo della vita familiare" cui si è tornati o si è stati costretti a tornare durante l'isolamento e le restrizioni a causa della pandemia.

"Capita a volte che il padre si occupi della prole, un fenomeno abbastanza frequente fra i pesci" (la filosofa Simone de Beauvoir). Un padre che si occupa dei figli non è frutto di una "società capovolta" o della "famiglia capovolta", ma deve essere esplicazione della paternità adeguatamente intesa, vissuta e condivisa come "proteggere, nutrire, mantenere, sostenere la famiglia" (secondo l'etimo di "padre"). La madre solitamente dà cura e cure e così col padre realizza quel binomio di cura e protezione (di cui all'art. 3 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia) che è l'anima della genitorialità, che è connaturalmente bigenitorialità, sia con i genitori sotto lo stesso tetto sia con i genitori separati tra di loro. In molti casi si è passati dai papà assenti o monolitici a quelli mielosi (o pietosi). Tanto, per non dire tutto, dipende dalle donne in base al ruolo che rivestono loro e che, poi, consentono all'uomo che hanno accanto percorrendo la stessa linea educativa e genitoriale. Univocità non deve significare essere fotocopia l'uno dell'altra, altrimenti la famiglia diventa "monogenitoriale". "[…] ogni fanciullo ha il diritto di avere dei genitori o, in loro mancanza, di avere a sua disposizione persone o istituzioni che li sostituiscano; il padre e la madre hanno una responsabilità congiunta quanto al suo sviluppo e alla sua istruzione; è loro obbligo prioritario procurare al fanciullo una vita dignitosa e assicurargli, nella misura consentita dalle loro risorse finanziarie, i mezzi per soddisfare le sue necessità" (punto 8.11 Carta europea dei diritti del fanciullo, 1992).

"In che modo Internet, smartphone, tablet e tutti i device di uso quotidiano cambiano la vita delle famiglie e le relazioni tra i loro vari componenti? Quanto incide il divario tecnologico tra le generazioni? Come amarsi ed educare i figli nella nuova era cibernetica? Siamo a un passo dall'ibridazione delle famiglie, in un mondo in cui virtuale e reale fatalmente si sovrappongono?". Sono le domande chiave del Rapporto Cisf 2017 "Le relazioni familiari nell'era delle reti digitali", ma dovrebbero essere pure le domande orientanti l'operato dei genitori e di altre figure con responsabilità, come per esempio il legislatore e i politici che determinano la politica legislativa che appare trascurare la famiglia. La famiglia ha bisogno di ogni attenzione e tanta attenzione da parte di tutti e ciascuno, dagli interessati ai politici.

Sei i modelli di famiglia (rispetto ai consumi mediali dei figli) evidenziati nel capitolo del Rapporto Cisf 2017 «Media digitali e social, educazione e famiglia»:

«1 - Famiglia restrittiva

Alto livello di controllo dei genitori (che leggono mail e messaggi dei figli, controllano la navigazione sul web) ma basso livello di educazione.

2 - Famiglia permissiva

È caratterizzata da un basso livello di educazione e da un basso livello di controllo (i genitori lasciano fare, non si pongono il problema).

3 - Famiglia affettiva

I genitori controllano poco quello che fanno i figli nel digitale ma hanno un alto livello di presenza educativa, che si manifesta attraverso l'aiuto costante nei confronti del figlio, la condivisione del consumo, la forte convivialità.

4 - Famiglia luddista

Poco frequente, è la famiglia che elimina i media dall'universo familiare, procrastinando sine die il momento dell'acquisto del primo smartphone ai figli. L'atteggiamento di controllo in questo caso è spinto alle estreme conseguenze, fino a configurare forme di vera e propria iconoclastia.

5 - Famiglia lassista

Anch'essa non molto rappresentata, non vede come i media digitali e sociali rappresentino un problema educativo, lascia fare, confida che comunque i propri figli siano sufficientemente attrezzati per cavarsela.

6 - Famiglia mediattiva

Rispetto alla famiglia affettiva, questo modello di famiglia è molto più attento alle pratiche dei figli, soprattutto alla loro elaborazione nella direzione dello sviluppo del pensiero critico».

Modelli che si addicono alla famiglia in qualsiasi ambito educativo.

Tra le nuove psicopatologie (i cui segnali o sintomi sfuggono ai genitori) cui possono essere soggetti i ragazzi vi sono il ritiro sociale web-mediato e l'uso compulsivo di videogiochi, il cyberbullismo e le sue interazioni, il poliabuso di sostanze e il gioco d'azzardo, come spiegato dallo psicologo Federico Tonioni (nel Rapporto Cisf 2017) e anche da altri esperti, tra cui don Antonio Mazzi. "La salute è creata e vissuta dalle persone all'interno degli ambienti organizzativi della vita quotidiana: dove si studia, si lavora, si gioca e si ama. La salute è creata prendendosi cura di se stessi e degli altri, essendo capaci di prendere decisioni e di avere il controllo sulle diverse circostanze della vita, garantendo che la società in cui uno vive sia in grado di creare le condizioni che permettono a tutti i suoi membri di raggiungere la salute" (da "Entrare nel futuro" della Carta di Ottawa per la promozione della salute, 1986). La famiglia è il primo ambiente organizzativo della vita quotidiana dove si ama, si gioca, si lavora, si studia: la salute e l'educazione alla salute passano anche e soprattutto mediante i gesti e riti quotidiani. E i genitori non si possono (e non si devono) deresponsabilizzare o accontentare che il figlio stia comunque in casa o che non faccia male ad altri o che non gli succeda di peggio in confronto ad altre situazioni. Famiglia e educazione è un binomio imprescindibile: quando si rompe questo binomio si hanno "lacerazioni" personali e sociali. "Contrastare le pratiche tradizionali lesive della salute e del benessere dei minori, che includono tutte quelle pratiche inumane, degradanti e crudeli condizionate o prodotte da fattori socioculturali, religiosi ed estetici (tra cui mutilazioni genitali femminili, tortura, schiavitù sessuale, poligamia forzata, aborto selettivo contro le bambine, matrimonio precoce, delitto d'onore, rapimento a fini di schiavitù), attraverso interventi mirati a modificare i modelli di comportamento sociali e culturali degli uomini e delle donne e che coinvolgano famiglia, scuola, comunità e società, in azioni di informazione, formazione, sensibilizzazione ed inoltre di sostegno a educazione, prevenzione sanitaria e terapia e profilassi delle conseguenze fisiche e fisiologiche e psicologiche, tutela legale dei diritti del minore leso" (dal punto 4.8 delle "Linee guida sull'infanzia e l'adolescenza", a cura dell'AICS, Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, 2021). E i "fattori socioculturali, religiosi ed estetici" che possono ledere i diritti dei bambini non riguardano solo le "culture altre" ma anche quelle occidentali e vicine.

A proposito di "modelli di comportamento sociali e culturali", secondo Daniele Novara: "[…] non c'è bisogno di barattare la paghetta con l'aiuto casalingo: quest'ultimo deve essere una necessità imprescindibile di collaborazione da parte di ogni figlio". Famiglia: essere al servizio l'uno dell'altro, senza se e senza ma, oltre tutto e nonostante tutto. La famiglia dovrebbe essere culla di gratuità, gratitudine e graziosità, perché anche questo caratterizza la naturalità della famiglia di cui si parla nelle fonti normative tra cui la Costituzione: "[…] famiglia come società naturale" (art. 29 comma 1 Cost.). La famiglia deve essere "auditorium" e "laboratorium" di vita, in cui ci si mette l'uno nell'ascolto e al servizio dell'altro. Quando la famiglia perde questa connotazione possono intervenire quelle professioni che svolgono "relazioni di aiuto" (consulenza di coppia, mediazione familiare, orientamento familiare, …) per ripristinare le connaturali funzioni della vita, come fa la protezione civile. Nonostante tutto e tutti, la famiglia ha dei suoi connotati che si evincono anche dalla tutela penalistica (artt. 556 e ss. c.p. "Dei delitti contro la famiglia") e che sono riemersi preponderanti durante la pandemia: esistenza di legami, domicilio domestico, ordine o morale riconoscibile, responsabilità non solo giuridica.

"C'è una sorta di legge sociale che fa sì che quel che non circola muore, come è per il Mar Morto e per il Lago di Tiberiade, che pur formati dallo stesso fiume, il Giordano, sono l'uno morto e l'altro vivo, perché il primo consegna tutta l'acqua per sé, il secondo la dà ad altri fiumi" (l'antropologo Jacques Godbout, 1992). Ogni famiglia deve farsi (e deve esserne consapevole) vivaio e non acquario.

La famiglia, "in-si-e-me", "fa miglia".

Data: 08/12/2021 06:00:00
Autore: Margherita Marzario