Risarcimento danni alla figlia rifiutata, anche dopo 25 anni
- Danni non patrimoniali da deprivazione genitoriale
- Prescrizione del diritto risarcitorio della figlia
- L'abbandono della figlia integra un illecito endofamiliare permanente
Danni non patrimoniali da deprivazione genitoriale
Non si prescrive dopo 25 anni il diritto della figlia al risarcimento del danno per deprivazione genitoriale. Tale illecito è infatti permanente perché coinvolge la sfera emotiva e psicologica della persona offesa la quale, proprio a causa dell'abbandono genitoriale, vede pregiudicata la propria formazione, soprattutto se l'abbandono avviene fin dalla nascita. L'illecito si realizza infatti momento per momento fino a quando il dolore viene elaborato e la figlia abbandonata raggiunge una sua indipendenza psicologica, che convenzionalmente viene fatta coincidere con quella economica e ritiene di avere diritto al ristoro per il danno subito. Queste le importanti precisazioni contenute nell'ordinanza della Cassazione n. 40335/2021 (sotto allegata).
La vicenda processuale
Una giovane donna si rivolge al Tribunale, che accoglie in parte la domanda avanzata nei confronti del padre naturale, riconoscendo in suo favore il risarcimento di € 40.997,50 per i danni esistenziali e patrimoniali patiti a causa dell'abbandono da parte del genitore.
Nell'impugnare la decisione in sede di appello parte attrice si duole della mancata applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano per la liquidazione del danno non patrimoniale che, se applicate, le avrebbero riconosciuto un risarcimento di € 164.000,00. Parte avversa, nel resistere, ritiene che la domanda non possa essere accolta per prescrizione dei termini e per difetto dell'elemento soggettivo dell'illecito contestato.
La Corte di Appello accoglie solo in parte l'appello principale, riconoscendo a parte attrice la somma di € 61.497,50 alla luce del tempo trascorso, ritenendo ampiamente provato il disinteresse del padre e precisando che il danno da deprivazione della figura genitoriale è frutto di un illecito permanente che si verifica "momento per momento, fino al maturare di un termine fissato ed individuabile non nel raggiungimento della maggiore età, ma nel raggiungimento della indipendenza psicologica del figlio che per convenzione viene fatta coincidere con il conseguimento dell'indipendenza economica."
Prescrizione del diritto risarcitorio della figlia
Il padre naturale ricorre in Cassazione sollevando i seguenti due motivi.
- Con il primo lamenta la violazione dell'art. 2947 c.c. che contempla la prescrizione del diritto al risarcimento, ritenendo che la figlia avrebbe dovuto esperire l'azione entro e non oltre il 14.12.2005 ossia dopo il raggiungimento della maggiore età, mentre in questo caso la domanda è stata notificata solo nel gennaio del 2009. Solo con la maggiore età infatti, per il padre, si acquista la piena capacità di agire. In ogni caso inoltre non è stato dimostrato che la stessa abbia avuto in passato problemi d'inserimento sociale o disturbi gravi di natura psicologica.
- Con il secondo motivo ritiene che la decisione violi altresì l'art 2043 c.c. che prevede il risarcimento conseguente all'illecito acquiliano o extracontrattuale, non avendo la Corte accertato la presenza dei necessari presupposti in grado d'integrare questa fattispecie. L'abbandono non ha infatti danneggiato psicologicamente la ragazza, che si è diplomata, ha superato l'esame di ammissione a medicina e vive in autonomia. Dalle prove è emerso inoltre che lo stesso negli anni si è interessato alla giovane, ma che la figlia non è mai andata a trovarlo neppure quando è stato ricoverato in ospedale. Sottolinea inoltre come la perizia di parte non ha rivelato problematiche psicologiche della ragazza riconducibili alla sua condotta.
L'abbandono della figlia integra un illecito endofamiliare permanente
La Cassazione rigetta il ricorso ritenendo il primo motivo infornato e il secondo immeritevole di accoglimento.
Gli Ermellini ricordano che l'illecito endofamiliare relativo al protratto abbandono del minore si caratterizza per il fatto che la capacità di percezione del danno da parte del danneggiato assume in questo caso un particolare rilievo, ma anche perché il danno psicologico esistenziale investe la formazione dell'intera personalità, condizionando le capacità di difesa e di comprensione del minore.
Tale danno, proprio per il coinvolgimento emotivo e psicologico che comporta, richiede il raggiungimento, da parte della persona offesa, di una certa maturità, capacità di elaborazione e accettazione della condotta illecita genitoriale. La natura di questo illecito incide quindi inevitabilmente sul dies a quo della prescrizione, che coincide con l'indipendenza psicologica, che per convenzione viene fatta coincidere con quella economica. Corretta quindi la decisione della Corte di Appello, che ha escluso l'estinzione del diritto alla pretesa risarcitoria, proprio in ragione delle suddette condizioni.
Non merita di essere accolto neppure il secondo motivo perché già formulato nello stesso modo in appello e già respinto. In pratica con questa doglianza il padre critica la valutazione delle prove per far emergere che in realtà lo stesso non si è disinteressato della figlia, che non ha coltivato il rapporto per gli eccessivi impegni di lavoro e per le condizioni di salute e anche per privare di efficacia probatoria la perizia di parte, il cui contenuto non è stato neppure illustrato alla Corte di legittimità. Manca infine l'indicazione specifica dell'errore in cui sarebbe incorsa la Corte di Appello, privando così di fondamento la doglianza.
Data: 18/12/2021 06:00:00Autore: Annamaria Villafrate