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Licenziamento ritorsivo: ultime dalla Cassazione

Quando si verte in tema di licenziamento ritorsivo, come va provato, l'impugnazione e le differenze con il licenziamento discriminatorio


Onere della prova

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L'onere della prova del carattere ritorsivo del licenziamento grava sul lavoratore e si tratta di prova certamente non agevole, in quanto diretta a dimostrare un atteggiamento della volontà datoriale, connotato da intento ritorsivo, nonché il ruolo determinante dello stesso alla base della decisione di recesso. La prova può essere fornita attraverso presunzioni, a tale riguardo essendo consentito attribuire valore indiziario all'inesistenza della ragione formalmente addotta a giustificazione del recesso ed, in caso di licenziamento collettivo, anche alla violazione dei criteri di scelta.

Cass. civ. n. 36924 del 26.11.2021

Motivo illecito a carattere determinante

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In base alla previsione normativa dell'art. 18 Statuto dei lavoratori, affinchè si ravvisi un licenziamento nullo perchè ritorsivo è necessario che sussista un motivo illecito a carattere determinante ai sensi dell'art.1345 c.c. Questa Corte ha, poi, chiarito che il motivo illecito addotto, ex art. 1345 c.c., per essere determinante deve costituire l'unica effettiva ragione di recesso, e, inoltre, che lo stesso deve essere esclusivo, nel senso che il motivo lecito formalmente addotto deve risultare insussistente nel riscontro giudiziale.

Cass. civ. n. 32551 dell'8.11.2021

Motivo illecito unico ed effettivo

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In tema di licenziamento nullo perché ritorsivo, il motivo illecito addotto ex art. 1345 cod.civ. deve essere determinante, cioè costituire l'unica effettiva ragione di recesso, ed esclusivo, nel senso che il motivo lecito formalmente addotto risulti insussistente nel riscontro giudiziale; ne consegue che la verifica dei fatti allegati dal lavoratore, ai fini all'applicazione della tutela prevista dall'art. 18, comma 1, st.lav. novellato, richiede il previo accertamento della insussistenza della causale posta a fondamento del licenziamento (Cass. n. 9468 del 2019; cfr. altresì Cass. n. 23583 del 2019 che ha confermato la sentenza impugnata che, solamente dopo avere escluso la sussistenza in concreto del giustificato motivo, aveva posto in relazione tra loro gli elementi indiziari acquisiti al giudizio per valutare il carattere ritorsivo del licenziamento). Il motivo illecito può ritenersi esclusivo e determinante quando il licenziamento non sarebbe stato intimato se esso non ci fosse stato, e quindi deve costituire l'unica effettiva ragione del recesso, indipendentemente dal motivo formalmente addotto. L'esclusività sta a significare che il motivo illecito può concorrere con un motivo lecito, ma solo nel senso che quest'ultimo sia stato formalmente addotto, ma non sussistente nel riscontro giudiziale.

Cass. civ. n. 1514 del 25.01.2021

Intento ritorsivo

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In tema di licenziamento nullo perché ritorsivo, il motivo illecito addotto ex art. 1345 c.c. deve essere determinante, cioè costituire l'unica effettiva ragione di recesso, ed esclusivo, nel senso che il motivo lecito formalmente addotto risulti insussistente nel riscontro giudiziale; ne consegue che la verifica dei fatti allegati dal lavoratore, ai fini all'applicazione della tutela prevista dall'art. 18, comma 1, st.lav. novellato, richiede il previo accertamento della insussistenza della causale posta a fondamento del licenziamento (Cass. n. 9468 del 2019, Cass. n. 24648 del 2015, Cass. n. 24347 del 2010).

Cass. civ. n. 16927 del 12.8.2020

Licenziamento ritorsivo provato con presunzioni

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In particolare, si è osservato, come il licenziamento ritorsivo sia stato ricondotto dalla giurisprudenza di legittimità "data l'analogia di struttura, alla fattispecie di licenziamento discriminatorio, vietato dalla L. n. 604 del 1966, art. 4, L. n. 300 del 1970, art. 15 e della L. n. 108 del 1990, art. 3, interpretate in maniera estensiva, che ad esso riconnettono le conseguenze ripristinatorie e risarcitorie di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18 (cfr., da ultimo, Cass. 18 marzo 2011 n. 6282). Ciò posto, va ribadita la regola che l'onere della prova della esistenza di un motivo di ritorsione del licenziamento e del suo carattere determinante la volontà negoziale grava sul lavoratore che deduce ciò in giudizio. Trattasi di prova non agevole, sostanzialmente fondata sulla utilizzazione di presunzioni, tra le quali presenta un ruolo non secondario anche la dimostrazione della inesistenza del diverso motivo addotto a giustificazione del licenziamento o di alcun motivo ragionevole.

Cass. civ. n. 11705 del 17.6.2020

Licenziamento ritorsivo nozione

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Secondo i principi enunciati il licenziamento per essere considerato ritorsivo deve costituire "l'ingiusta e arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore"; il lavoratore ha l'onere di "indicare e provare i profili specifici da cui desumere l'intento ritorsivo quale motivo unico e determinante del recesso".

Cass. civ. n. 1195 del 17.01.2019

La rilevanza del motivo illecito

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La rilevanza del motivo illecito determinante ex art. 1345 cod. civ., ma non anche necessariamente unico, a fini di nullità del licenziamento è stata prevista con il nuovo testo dell'art. 18 legge n. 300 del 1970 (come novellato ex lege n. 92 del 2012). Affinché resti escluso il carattere determinante del motivo illecito ex art. 1345 cod. civ. non è sufficiente, invero, che il datore di lavoro alleghi l'esistenza d'un giustificato motivo oggettivo, ma è necessario che quest'ultimo risulti comprovato e che, quindi, possa da solo sorreggere il licenziamento, malgrado il concorrente motivo illecito parimenti emerso all'esito di causa.

Cass. civ. n. 30429 del 23.11.2018

Impugnazione licenziamento ritorsivo

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Occorre premettere come l'impugnazione del licenziamento per carattere ritorsivo costituisca domanda diversa da quella di illegittimità del licenziamento, in particolare per tardiva contestazione degli addebiti o di non immediatezza della sanzione (Cass. 9 marzo 2011, n. 5555; Cass. 16 gennaio 2015, n. 655): sicchè essa esige, siccome integrante una diversa causa petendi non esaminata, la sua riproposizione ai sensi dell'art. 346 c.p.c., sia pure senza una rigida formalizzazione della deduzione, purchè con modalità sufficiente a manifestare la volontà della parte di provocarne il riesame, così da escluderne una rinuncia, esplicita o implicita.

Cass. civ. n. 28926 del 12.11.2018

Licenziamento ritorsivo e licenziamento discriminatorio

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Il quinto comma dell'art. 18 I. 300/1970, quanto all'ipotesi dedotta di licenziamento ritorsivo, postula, a differenza della nullità del licenziamento discriminatorio (che deriva direttamente dalla violazione di specifiche norme di diritto interno, quali l'art. 4 della I. 604/1966, l'art. 15 I. 300/1970, l'art. 3 della I. 108/1990, nonché di diritto europeo, quali quelle contenute nella direttiva n. 76/207/CEE sulle discriminazioni di genere: Cass. 5 aprile 2016, n. 6575), la sussistenza di un motivo illecito determinante a norma dell'art. 1345 c.c., il quale deve avere appunto un carattere di illiceità ed essere l'esclusiva ragione di intimazione del licenziamento: non bastando l'esistenza di un giustificato motivo oggettivo, ma essendo necessario che questo risulti comprovato e che possa da solo sorreggere il licenziamento.

Cass. civ. n. 21162 del 24.8.2018

Data: 03/01/2022 06:00:00
Autore: Redazione