Farmaci generici: cosa prevede la legge
- Il testo dell'art. 15, co. 11 bis, Dl n. 95/2012
- Il farmaco equivalente
- Il concetto di bioequivalenza (BE)
- La sintetica motivazione
- I doveri del farmacista
- I dati italiani
- Conclusioni
Il testo dell'art. 15, co. 11 bis, Dl n. 95/2012
"Il medico che curi un paziente, per la prima volta, per una patologia cronica, ovvero per un nuovo episodio di patologia non cronica, per il cui trattamento sono disponibili più medicinali equivalenti, è tenuto ad indicare nella ricetta del Servizio sanitario nazionale la sola denominazione del principio attivo contenuto nel farmaco. Il medico ha facoltà di indicare altresì la denominazione di uno specifico medicinale a base dello stesso principio attivo; tale indicazione è vincolante per il farmacista ove in essa sia inserita, corredata obbligatoriamente di una sintetica motivazione, la clausola di non sostituibilità di cui all'articolo 11, comma 12, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Il farmacista, comunque, si attiene a quanto previsto dal menzionato articolo 11, comma 12".
Il farmaco equivalente
La ratio che ha sotteso la scelta dell'adozione dei medicinali equivalenti o "generici", da "generic medicinal product", è stata quella di garantire che validi strumenti terapeutici venissero introdotti sul mercato, liberando allo stesso tempo preziose risorse economiche da destinare alla ricerca di nuovi farmaci, biologici, biotecnologici, terapie avanzate, volti all'eradicazione di patologie per le quali non esisteva o esiste ancora una cura.
Cosa si intende per medicinale equivalente o generico? Medicinale che, oltre ad essere formulato con la stessa quantità di principio attivo, è bioequivalente ad un altro medicinale, noto come medicinale "di marca o griffato", il cui brevetto sia scaduto. Si tratta dunque di una copia di un medicinale autorizzato di cui si è concluso il c.d. data protection previsto dalle normative, ovvero quell'arco di tempo durante il quale il titolare dell'AIC (Autorizzazione all'Immissione in Commercio) del medicinale di marca ha diritto di far valere la proprietà intellettuale sui dati di sicurezza ed efficacia; tale diritto sottende a consentire di rientrare dai costi sostenuti per gli studi di R&S, necessari per la messa a punto del medicinale stesso.
Il farmaco equivalente va considerato in un contesto di garanzia, dal momento che la verifica di sicurezza ed efficacia è implementata da dati implementati anche di tutte le informazioni relative ad effetti avversi o interazioni con altri medicinali o di mancata efficacia, raccolte nel periodo di data protection del medicinale di riferimento; tutto ciò, grazie alle segnalazioni di farmacovigilanza valutate da AIFA e da EMA: La valutazione rischio/beneficio è di conseguenza maggiormente definita e delineata rispetto a qualsiasi nuovo medicinale.[2]
In Italia, nella Legge di conversione 425/1996, testo coordinato del Decreto-legge 20.6.1996 n. 323 - GU n. 191 del 16.8.1996, vengono, per la prima volta, definiti i medicinali generici quali: "Medicinali a base di uno o più principi attivi, prodotti industrialmente, non protetti da brevetto o Certificato Protettivo Complementare (CPC), identificati dalla Denominazione Comune Internazionale (DCI) del principio attivo, seguita dal nome del titolare della AIC. Inoltre, sono in generici branded [o specialità analoghe] e generici unbranded [principio attivo + nome produttore]" [3]
Solo nel 2001, il medicinale generico entra nel framework regolatorio europeo, con la Direttiva 2001/83/CE del Parlamento e del Consiglio, recepito in Italia dal Decreto Legislativo 219 del 2006 che, all'articolo 10 comma 5 lettera b, definisce come medicinale generico: "Un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento, nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità".
Constatato che la traduzione letterale in italiano risultava fuorviante, dal momento che il termine "generico" veniva percepito quale rimedio non dotato di sufficiente specificità per una certa indicazione e, talvolta, come un prodotto di qualità inferiore rispetto ai medicinali di marca, la Legge 149 del 26 luglio 2005 ha di fatto sostituito la denominazione di "medicinale generico" con quella di "medicinale equivalente".
Il concetto di bioequivalenza (BE)
Bioequivalenza è la caratteristica che permette ad un medicinale, detto appunto equivalente, di rilasciare con la stessa modalità, frequenza e concentrazione il medesimo principio attivo del farmaco di marca; in altre parole, è la dimostrazione dell'eguaglianza terapeutica tra due formulazioni contenenti lo stesso principio attivo. Ne consegue che si dicono bioequivalenti due medicinali che hanno la stessa biodisponibilità, definita come l'indice del grado e della velocità con cui la forma attiva di un farmaco, il farmaco stesso od un suo metabolita, raggiunge la circolazione sistemica, acquisendo così la capacità di accedere al suo sito d'azione, o sito bersaglio, ed esplicare il suo effetto terapeutico. Il principio attivo deve raggiungere il sito bersaglio entro un determinato tempo ed essere disponibile sul sito stesso per una durata definita. Un medicinale somministrato per via endovenosa avrà biodisponibilità pari al 100%, mentre nel caso di farmaci somministrati per altre vie, ad esempio per via orale, rettale, transdermica o sottocutanea, si avranno valori inferiori di biodisponibilità, causa il parziale assorbimento e gli effetti del metabolismo.[4] Due medicinali sono bioequivalenti quando, a parità di dose, rilevano profili di concentrazione nel sangue rispetto al tempo così simili che è improbabile che essi possano produrre differenze rilevanti negli effetti di efficacia e sicurezza.
La sintetica motivazione
Le modalità prescrittive previste dal comma 11-bis dell'articolo 15 del decreto-legge n. 95/2012 ineriscono solo ai casi in cui ricorrono entrambe le seguenti condizioni:
I. Il paziente viene curato per la prima volta per una patologia cronica o per un nuovo episodio di patologia non cronica mediante l'impiego di un determinato principio attivo;
II. Esistono sul mercato più medicinali equivalenti a base del principio attivo scelto dal medico per il trattamento
Se tali condizioni sono verificate, il medico ha l'obbligo di prescrivere il medicinale mediante l'indicazione del suo principio attivo. In aggiunta, il medico ha la facoltà di indicare in ricetta il nome di uno specifico medicinale a base di quel principio attivo, sia esso un medicinale di marca o un medicinale con denominazione generica, quest'ultima compresa di denominazione comune internazionale o scientifica, accompagnata dal marchio o dal nome del titolare dell'AIC. Non è conforme alla legge la ricetta che, nei casi sopra descritti, indichi soltanto il nome di uno specifico medicinale.
Il medico può rendere vincolante la prescrizione di uno specifico medicinale, che dovrà comunque scrivere in ricetta, in aggiunta al principio attivo e mai da solo), quando lo ritenga non sostituibile per la cura del paziente. La clausola di non sostituibilità deve essere obbligatoriamente accompagnata da una sintetica motivazione. Tale motivazione, che non può riferirsi alla presunta o dichiarata volontà del paziente, non può inerire a generiche valutazioni di ordine clinico o sanitario, dovrà, anche sinteticamente, indicare specifiche e documentate motivazioni a supporto della somministrazione al paziente di quel determinato medicinale, anziché di un altro ad esso equivalente. L'assenza della motivazione, così come una motivazione non idonea, rende la ricetta non conforme alla legge.
Il medico è comunque tenuto ad informare il paziente della presenza in commercio di farmaci di uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario uguali.
I doveri del farmacista
Se nella prescrizione medica è indicato il solo principio attivo, oltre naturalmente a forma farmaceutica e dosaggio, il farmacista, dopo aver informato il cliente, dovrà consegnargli il medicinale avente il prezzo più basso. Nel caso in cui vi siano più medicinali con un prezzo corrispondente al prezzo più basso, il farmacista deve tenere conto delle preferenze del paziente. Qualora invece, quest'ultimo richiedesse in maniera espressa un medicinale a prezzo maggiore, il farmacista dovrà richiedere la corresponsione di una somma pari alla differenza fra il prezzo del medicinale richiesto e quello del medicinale erogabile a totale carico del SSN.
Se nella prescrizione medica viene indicato, oltre al principio attivo, anche la denominazione, di marca o generica, di uno specifico medicinale, il farmacista, se nella ricetta non risulta l' indicazione di non sostituibilità da parte del medico, è obbligato a dispensare il medicinale prescritto solo quando nessun medicinale equivalente ha prezzo più basso; in caso di esistenza sul mercato di medicinali a minor prezzo rispetto a quello del medicinale prescritto, il farmacista è tenuto a fornire il medicinale/i avente prezzo minore, eccezion fatta per l'eventuale richiesta espressa del paziente di ricevere comunque il farmaco prescritto dal medico, previo pagamento della differenza di prezzo Se nella prescrizione del medico, oltre alla denominazione di un medicinale specifico, risulta apposta l'indicazione della non sostituibilità del medicinale, sia nella forma utilizzabile per la prosecuzione di trattamenti in corso, sia nella forma corredata di sintetica motivazione, il farmacista è obbligato a chiedere al paziente, previa spiegazione delle ragioni della richiesta, di pagare la somma pari alla differenza fra l'eventuale prezzo più alto del medicinale prescritto e quello del medicinale erogabile dal SSN. [5]
I dati italiani
Nei primi sei mesi dell'anno 2021 (6), nel canale delle farmacie aperte al pubblico, i farmaci generici hanno registrato il 23,36% del totale del mercato a confezioni, + 0,9% rispetto a Gennaio/Giugno 2020) e il 15,3% del mercato a valori, +0,8%. L'89% delle confezioni vendute classificato in classe A, ovvero totalmente rimborsabile dal SSN. Su un totale di 0,8 miliardi di confezioni di farmaci venduti in farmacia, i generici equivalenti hanno rappresentato il 20,8% delle vendite in classe A, il 2,3% in classe C e appena lo 0,3% nell'area dell'automedicazione.
I farmaci generici/equivalenti rappresentano il 23,36% del totale del mercato farmaceutico, quasi pari a quelli a brevetto scaduto, al 24,08%. I farmaci esclusivi, ovvero protetti o privi di generico corrispondente, assorbono il restante 52,56%. Per quanto concerne il comparto complessivo dei farmaci fuori brevetto, i generici/equivalenti assorbono il 30% del mercato, mentre il 70% è detenuto dai farmaci di marca a brevetto scaduto.
Il ricorso ai farmaci equivalenti si conferma superiore nel Nord del Paese, 38,2% a unità e 30,6% a valori, rispetto al Centro, 27,5% a unità e 23,2% a valori, e al Sud, 22,6% a unità e 19,1% a valori, con una media nazionale del 30,5% a confezioni e del 25,2% a valori.
Conclusioni
I farmaci equivalenti hanno mediamente un prezzo inferiore al 20% rispetto ai medicinali di riferimento, quale conseguenza diretta della scadenza del brevetto concesso al medicinale innovativo, derivandone un duplice vantaggio: per il cittadino che può acquistare a minor costo i farmaci non rimborsati dal SSN, e per quest'ultimo che vede liberarsi risorse da utilizzare per l'acquisto di specialità medicinali innovative, dai costi elevati. Nonostante il quadro normativo sia favorevole all'uso dei farmaci equivalenti, in Italia rimane al di sotto della media europea.
Uno studio condotto nel 2018 [7] ha confermato, da parte di una componente di professionisti, medici e farmacisti, scarsa fiducia verso il medicinale equivalente; tra le cause principali vi è l'errata convinzione che il profilo di qualità, sicurezza ed efficacia non sia paragonabile a quello dell'originale. Medici e farmacisti si sono dimostrati particolarmente scettici nei confronti dei farmaci equivalenti delle classi terapeutiche più frequentemente utilizzate per il trattamento delle malattie croniche (i.e. ipertensione, aritmie, cardiopatie e diabete mellito), oltre ad essere emerso un certo grado di impreparazione nell'educare i pazienti all'uso dei generici e nelle risposte a eventuali dubbi sull'efficacia degli equivalenti. Nonostante negli ultimi anni si siano condotte numerose campagne a sostegno dell'uso di tali farmaci, ancora troppi professionisti del settore sanitario li ritengono inferiori agli originali in qualità, sicurezza ed efficacia, derivandone un negativo effetto sulla propensione dei pazienti ad impiegarli. La sostituzione tra diversi medicinali equivalenti viene anche ritenuta causa di confusione per i pazienti sottoposti a politerapia, a causa delle differenze nel packaging delle confezioni, nel colore, ecc. È emersa prudenza sia da parte dei medici che dei farmacisti verso il c.d. fenomeno dello switching incontrollato, con tendenza verso scelte terapeutiche lineari, ovvero lo/gli stessi medicinali assunti dai pazienti per tutta la durata del protocollo terapeutico. È quindi evidente come sia importante divulgare informazioni chiare, univoche e corrette estese e fruibili per tutti gli attori coinvolti.
Dott.ssa Luisa Claudia Tessore
Note bibliografiche
[2] Fonte AIFA
[3] Legge di conversione 4251996, testo coordinato del Decreto-legge 20.6.1996 n. 323 GU n.191 del 16.8.1996 allegato
[4] Goodman & Gilman. Le basi farmacologiche della Terapia. Il Manuale Seconda edizione 2015
[5] Fonte: Ministero della Salute
[6] Egualia - Il mercato italiano dei farmaci generici: dati primo semestre 2021 allegato
[7] Marassi C., et al., Equivalent medicinal products in Italy: the reasons for the prudence of physicians and pharmacists, GIHTAD 11:5 1, 2018 Data: 12/03/2022 23:00:00Autore: Luisa Claudia Tessore