Cognome della moglie nel codice civile: norma discriminatoria e maschilista
- Il cognome dei coniugi nella disciplina italiana
- Il cognome della moglie secondo l'art. 143 bis del Codice civile
- Il cognome nelle Unioni Civili
- Il cognome dei coniugi in caso di divorzio
- Il cognome dei coniugi in caso di separazione
- Conclusioni
Il cognome dei coniugi nella disciplina italiana
Dopo che la Corte Costituzionale, con il comunicato del 17 aprile 2022, ha anticipato la sua posizione sulla illegittimità di tutte le norme dell'ordinamento italiano che regolano l'attribuzione del cognome dei figli (discriminatorie nei confronti della donna e lesiva della dignità del figlio), occupiamoci della questione del cognome all'interno del matrimonio.
Sul punto la normativa giuridica italiana è stata aggiornata solo nel 1975 e a ben vedere permangono diversi punti nella normativa, simbolo di una cultura maschilista, sintomatici di un retaggio patriarcale che ancora oggi tende a rimanere insoluto.
A dispetto infatti della riforma del diritto di famiglia del 1975, che ha sancito la parità dei dritti e dei doveri tra moglie e marito, l'art. 143 bis del nostro Codice civile prevede ancora, per quanto riguarda il cognome della moglie, un trattamento deteriore nei confronti di quest'ultima. Vediamo in modo più approfondito di cosa si tratta.
Il cognome della moglie secondo l'art. 143 bis del Codice civile
Secondo quanto stabilito dalla legge italiana, dopo il matrimonio, al cognome della moglie va aggiunto il cognome del marito, esso viene conservato anche durante lo stato vedovile. Lo stesso può essere dismesso ufficialmente solo dopo che la stessa ha contratto nuovo matrimonio.
Questa norma, secondo molti giuristi, richiede una rivisitazione urgente. Il diritto e dovere di aggiungere al proprio il cognome del coniuge vale infatti solo per la moglie, in violazione del principio di uguaglianza tra coniugi. Per la legge italiana quindi, al momento, alla moglie non è consentito derogare a questa disposizione.
Il cognome nelle Unioni Civili
Secondo quanto stabilito dalla Legge Cirinnà sulle unioni civili la regola suddetta, sancita dall'art. 143 bis del Codice civile invece non trova applicazione.
Il comma 10 dell'art. 1 sancisce infatti che: "Mediante dichiarazione all'ufficiale di stato civile le parti possono stabilire di assumere, per la durata dell'unione civile tra persone dello stesso sesso, un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi. La parte può anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome, se diverso, facendone dichiarazione all'ufficiale di stato civile."
La legge, improntata alle regole dell'ordinamento europeo, decisamente più moderno rispetto al nostro, prevede che siano i componenti della coppia, formalizzando il loro rapporto, a scegliere liberamente quale dei due cognomi assume l'altro o se ciascuno può mantenere il proprio o aggiungere l'altro nell'ordine che desidera.
Il cognome dei coniugi in caso di divorzio
La situazione del cognome per la donna è deteriore anche in caso di divorzio. La legge prevede infatti che la moglie perda il diritto/dovere di conservare il cognome del marito poiché il vincolo coniugale si scioglie in modo definitivo. La normativa italiana però prevede anche che la moglie possa richiedere espressamente al Tribunale di conservare il cognome del marito, in aggiunta al proprio, in presenza di un interesse meritevole di tutela, di carattere personale o verso la prole.
Qualora un Tribunale non sancisse il diritto per la moglie di continuare a usare il cognome del marito, ma questa continuasse comunque a portarlo, l'ex marito potrebbe sempre chiedere a un giudice di inibirne l'uso, oltre ai danni conseguenti a comportamenti considerati lesivi. Un altro sbilanciamento quindi, visto che la regola vale ovviamente solo per l'uomo e non per la donna.
Il cognome dei coniugi in caso di separazione
La situazione non è migliore in caso di separazione. in questo caso sappiamo bene che il vincolo del matrimonio non viene spezzato definitivamente, esso sussiste ancora, per cui la moglie continua ad essere gravata dal diritto/dovere di portare, in aggiunta al proprio, il cognome del marito.
Qualora la questione del cognome passi tramite un giudice, costui, su richiesta, potrà esprimersi in due modi:
- autorizzare la moglie a non utilizzare il cognome del marito nel caso in cui ciò sia pregiudizievole per lei;
- inibire alla moglie l'utilizzo del cognome del marito nel caso contrario, ovvero se tale uso risulti pregiudizievole per lui.
Conclusioni
Da quanto detto finora emerge un punto molto chiaro: l'obbligo o il diritto di utilizzare il cognome del coniuge è previsto solo ed esclusivamente a carico della moglie. La normativa italiana, pur avendo sancito la parità dei coniugi all'interno del matrimonio con la riforma del 1975, a distanza di quasi 50 anni non ha ancora previsto, in materia di cognome, un aggiornamento e ammodernamento normativo, come invece, si è verificato per le unioni civili.
Nonostante questo, rimangono fermi i punti della soggettività giuridica. Per identificare un soggetto è necessario infatti indicare il suo nome e cognome come dichiarato alla nascita. Per cui non ha alcuna validità l'identificazione della donna con il solo cognome del marito. Si affretti il legislatore, anche alla luce delle recenti pronunce della Consulta, a mettere mano alla materia.
Data: 06/05/2022 06:00:00
Autore: Sergio Mancuso