Famiglia sommersa dai debiti, salvata dal giudice
Decreto apertura liquidazione per oltre 1 milione di euro
Dal Tribunale di Trani, con la firma del G.D., dott. Gaetano Labianca, arriva un decreto di apertura di una liquidazione per oltre un milione di euro (sotto allegato).
La famiglia pagherà solo il 10% dell'intera debitoria accumulata, ponendo in liquidazione il loro immobile, su cui già gravava un'ipoteca in favore della Banca erogante il mutuo ed inoltre, se lo stipendio lo consentirà, verseranno una provvista mensile, in favore della procedura, quindi in favore di tutti i creditori, per l'importo corrispondente alla differenza tra il reddito dichiarato indisponibile per decreto e la retribuzione percepita dal debitore.
Ad oggi non sono prevedibili provviste mensili.
La vicenda
Un ex imprenditore, socio e amministratore di una S.r.l. poi fallita, aveva accumulato debiti, per garanzie concesse in favore della società, nonché per accertamenti ricevuti da Agenzia delle Entrate, sempre nella qualità di socio della fallita S.r.l., per oltre un milione di euro.
Egli aveva inoltre, nel 2008, acquistato un immobile, del valore di circa € 140.000,00, sottoscrivendo un mutuo in favore di Banca Intesa San Paolo, mutuo che, nonostante altra debitoria di gran lunga più elevata, il debitore stava regolarmente pagando.
Certamente i debiti accumulati non consentivano al pater familias di dormire sonni tranquilli e la famiglia non vedeva più alcuna via di uscita, pensando di essere ormai condannati a vita a causa dei debiti accumulati per la cessata attività fallita.
Tuttavia, è opportuno ricordare, che la legge 3/2012, nota a tutti come legge "salva suicidi", ha riconosciuto ai debitori l'opportunità di avere una seconda chance, ovvero una seconda opportunità di vita, cancellando vecchi debiti accumulati in passato, sul presupposto tuttavia che ci sia stata assoluta assenza di colpa nel sovraindebitamento e che non siano stati commessi atti in danno dei creditori (tecnicamente non siano stati commessi atti in frode ai creditori ).
Questo era certamente il caso del debitore trattato dalla scrivente, debitore che sottoponeva istanza, presso il Tribunale di Trani, al fine di ottenere la nomina di un gestore della crisi d'impresa, chiedendo infine di avviare la procedura di liquidazione del patrimonio.
Dopo aver esaminato gli atti e fatte le dovute richieste di certificazione del credito, la sottoscritta, nominata gestore, redigeva la relazione particolareggiata, in cui evidenziava l'assenza di atti in frode in danno dei creditori da parte del debitore.
A supporto della meritevolezza dell'istante, veniva evidenziava inoltre che il debitore non intendeva sottrarre alcun bene dalla liquidazione, quindi includeva in essa anche l'immobile di sua esclusiva proprietà, su cui vi era una garanzia ipotecaria per mutuo concesso, che era in regolare ammortamento, ed inoltre veniva evidenziato che sull'immobile era stato trascritto finanche un fondo patrimoniale nel 2008, ma chiaramente il debitore rinunciava ad ogni possibile tutela di esso.
L'immobile tuttavia, è doveroso precisarlo, con riferimento all'ipoteca di primo grado, trascritta dalla Banca che aveva concesso il mutuo per l'acquisto dello stesso, registrava un residuo debito di circa € 55.000.
Domanda di liquidazione dei beni ammissibile
In primis bisogna evidenziare che il Dott. Labianca rimarca quanto ormai consolidato orientamento ritiene possibile, ovvero:" è ammissibile la presentazione di una domanda di liquidazione dei beni, ai sensi dell'art. 14-ter e ss. della legge n. 3 del 2012, anche nell'ipotesi in cui il debitore sia privo di beni mobili ed immobili, quantunque ciò appaia un'antinomia giuridica. In tal senso, infatti, si rileva come l'istituto della liquidazione, mutuato dalla procedura fallimentare, non richiede necessariamente la presenza di quella tipologia di beni, potendosi svolgere anche in presenza di un attivo costituito da crediti o denaro, ovvero di beni già liquidi (cfr. Tribunale Rovigo, 31/01/2018, in www.fallimentiesocietà.it; cfr. anche Trib. Matera, 24.7.2019, in www.ilcaso.it).
Veniva inoltre richiesto, dal gestore nominato, di escludere dalla liquidazione un congruo reddito pari ad € 1.500,00 per il sostentamento dignitoso della famiglia.
Il debitore che depositava istanza liquidazione, percepiva effettivamente una retribuzione pari esattamente a quanto veniva richiesto di riservare alla famiglia.
Il giudice delegato nella procedura del sovraindebitamento così scrive: "sono esclusi dalla liquidazione: eventuali redditi del ricorrente nei limiti di quanto occorra al mantenimento, che si determina in €.1.500,00 mensili, salve successive variazioni".
Si legge inoltre nel decreto: "si dà atto che, per effetto dell'apertura della presente procedura ed a partire dal momento in cui avverrà la comunicazione del presente provvedimento da parte del liquidatore, dovrà cessare il pagamento del mutuo dovendo i relativi importi andare ad integrare la provvista a disposizione del liquidatore per il soddisfacimento dei creditori concorsuali", rispondendo infine all'istanza sottoposta dal debitore, di essere autorizzati, per effetto dell'apertura della liquidazione, a non pagare più il mutuo per la par condicio creditorum.
Questo chiaramente è un effetto automatico della procedura di liquidazione, seppur non capita abitualmente che un debitore, in una situazione di conclamato sovraindebitamento, riesca a pagare regolarmente il mutuo, atteso che, soprattutto quando vi è un debito nei confronti dello Stato, come nel caso trattato, le cartelle hanno efficacia esecutiva e ciò significa che, potendo lo Stato pignorare direttamente il conto e/o lo stipendio del debitore, non dà modo, al debitore stesso, di pagare le rate di mutuo accordate.
Se il debitore, nei prossimi 4 anni, non si indebiterà in maniera colposa, potrà ottenere la cancellazione del debito di oltre un milione di euro, a fronte di un pagamento di 100.000 euro circa che verserà in favore della procedura a seguito della vendita dell'immobile.
Data: 19/05/2022 13:00:00Autore: Floriana Baldino