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Femminicidio: la gelosia non scrimina e non altera la capacità

Condanna della Cassazione per l'uomo che da mesi annuncia l'intenzione di uccidere la moglie e poi mette in atto il suo proposito quando la moglie gli confessa il tradimento


La gelosia non scrimina se determinata da violenza e autoritarismo

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Con la sentenza n. 28561/2022 (sotto allegata) la Cassazione rigetta il ricorso presentato dal difensore un soggetto ritenuto responsabile di femminicidio nei confronti della moglie. La premeditazione emerge dalle modalità dell'omicidio, annunciate e confidate a diversi conoscenti alcuni mesi prima dell'accaduto.

La gelosia inoltre non scrimina la condotta se non rientra in un disturbo della personalità, ma è solo il frutto di una personalità violenta e autoritaria, poco incline a riconoscere come errata la propria condotta, ma solo quella della vittima, solo perché ha manifestato il desiderio di separarsi.

La vicenda processuale

La Corte di assise d'appello conferma la sentenza del Gip e dichiara l'imputato colpevole del reato di omicidio della moglie non legalmente separata e lo condanna alla pena di trent'anni di reclusione stante l'opzione per il rito abbreviato.

In base alla ricostruzione, l'uomo ha studiato occasioni ed opportunità per l'omicidio della moglie, confidando a più persone tale desiderio e nella mattina al 23 dicembre 2018, dopo aver affidato il figlio minore alla sorella, si è recato a casa della persona offesa, l'ha minacciata con un coltello al fine di farle confessare presunti tradimenti e ha tentato di strangolarla a mani nude e, caduto a terra con la vittima, che ha cercato di difendersi, ha preso un laccio, l'ha posizionato sul collo della vittima e lo ha stretto fino a quando la donna non ha smesso di respirare.

Omicidio premeditato per gelosia, nessuna incapacità

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L'imputato, a mezzo difensore, ricorre in Cassazione sollevando tre motivi di impugnazione.

Il legale contesta il mancato riconoscimento di un disturbo della personalità del suo assistito nonostante la consulenza della difesa abbia dimostrato il contrario. La Corte non ho considerato inoltre quale fattore precipitante dell'azione, l'uso concomitante e sproporzionato di farmaci e alcol.

Il proposito criminoso dell'uomo è stato erroneamente desunto dalle confidenze espresse a più persone qualche mese prima dell'omicidio, legato al movente della gelosia, trascurando che le parole sono state pronunziate in un periodo di indiscutibile sofferenza psicologica dell'uomo. Tale quadro risulta ben lontano dal rivelare, secondo la difesa, un programma finalizzato all'omicidio. Le suddette confessioni devono considerarsi meri sfoghi occasionali, tanto che in seguito, per un lungo periodo, l'uomo non ha tenuto condotte violente. L'omicidio infatti è stato cagionato dopo l'ultima discussione con la moglie, quando quest'ultima ha confessato il tradimento. La condotta concreta rivela l'assenza di una predisposizione preventiva all'omicidio.

Con l'ultimo motivo si contesta infine l'erronea applicazione della legge penale e difetto di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 62 bis del codice penale, ossia "l'aver agito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui", che sommato al disagio mentale dell'imputato e alla sua condotta collaborativa dovevano condurre a una decisione meno severa.

Gelosia determinata dalla condotta violenta: negata la provocazione

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La Cassazione rigetta il ricorso, per le ragioni che si vanno ad esporre.

In relazione al primo motivo la Cassazione precisa che la sentenza impugnata ha motivato con argomentazioni prive di vizi logici e contraddizioni le ragioni per le quali ha optato per i risultati dell'accertamento eseguito dal consulente del pubblico ministero e in linea con lo stesso ha ritenuto l'imputato "non affetto da malattie mentali o disturbi della personalità di rilevante gravità, ma con personalità caratterizzata da stile antisociale.

"Lo sconvolgimento emotivo provocato da tali eventi negativi (decisione della moglie di separarsi) peraltro già vissute in passato e superate, è assimilabile, una volta esclusa l'infermità, agli stati emotivi e passionali, che, ai sensi dell'articolo 90 cod. pen., non escludono né diminuiscono la personalità."

Manifestamente infondato il secondo motivo, con il quale si contesta la premeditazione. La sentenza precisa la persistenza di un intervallo temporale tra il momento in cui nell'imputato è sorto il proposito criminoso e l'attuazione dello stesso. Tale lasso di tempo è significativo perché avrebbe consentito una ponderata riflessione del gesto e quindi la rinuncia al suo compimento.

Rilevanti poi per la Cassazione i propositi criminosi manifestati dall'uomo ai conoscenti, dettati non da propositi di vendetta generici, ma finalizzati a precise modalità di esecuzione dell'omicidio, poi realizzato. Più volte infatti lo stesso aveva manifestato l'intenzione di strangolare e accoltellare la moglie nel momento in cui avrebbe avuto la certezza del tradimento. Proposito criminoso realizzatosi esattamente come lo stesso aveva anticipato, infatti prima si è servito di un coltello con il quale ha ferito le mani della moglie e l'ha infine strangolata a mani nude e con l'aiuto di una fettuccia per vincere la resistenza della donna.

Manifestamente infondato infine il motivo con il quale è stato contestato il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La Corte ha valutato "quanto alla gelosia e al disagio mentale " che l'imputato ha agito perché spinto non da sofferenza interiore, ma "da un deprecabile sentimento possessivo, concependo l'uccisione della moglie come un intervento punitivo reso ineluttabile dal comportamento riprovevole della vittima, reo di averlo tradito e di volersi separare.

La Cassazione non può fare a meno di rilevare altresì l'assenza di segnali anche minimi di pentimento dopo il delitto. In tutte le sue esternazioni l'imputato non ha mai mostrato pentimento o un segnale di vicinanza ai figli e ai parenti della vittima, al contrario ha sempre cercato di giustificare il proprio gesto e di colpevolizzare chi l'ha subito.

"Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la gelosia costituisce uno stato passionale di per sé inidoneo a diminuire o ad escludere la capacità di intendere o volere dell'autore di un reato, a meno che la stessa non derivi da un vero e proprio squilibrio psichico tale da incidere sui processi di determinazione e di auto inibizione: il che però postula uno stato delirante, che nell'incidere sul processo di determinazione o di inibizione, travolge l'agente in una condotta abnorme ed automatica."

La Cassazione non nega che la gelosia, così come altri stati emotivi o passionali, possa essere preso in considerazione ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche "tuttavia, la gelosia, se collocata nell'ambito di un ingiustificato autoritarismo derivante dalla personalità violenta dell'imputato, da di per sé ragione del diniego delle attenuanti generiche."

Data: 25/07/2022 06:00:00
Autore: Annamaria Villafrate