Revoca assegno di mantenimento e restituzione delle somme percepite
Gli ultimi orientamenti della Corte di Cassazione sulla revoca dell'assegno di mantenimento e la restituzione delle somme percepite
- Revoca assegno di mantenimento
- Gli orientamenti della Cassazione
- Insussistenza del diritto all'assegno divorzile
Revoca assegno di mantenimento
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In caso di riforma del provvedimento che ha disposto l'assegno divorzile, ove sia revocata l'originaria statuizione per la mancanza ab origine dei presupposti di legge, il coniuge che ha versato il mantenimento ha diritto alla restituzione integrale delle somme versate e agli interessi.Non rileva lo stato soggettivo di buona o mala fede, poiché chi ha ricevuto, lo ha fatto con la consapevolezza della provvisorietà e modificabilità del titolo, realizzando un arricchimento senza giusta causa.
Gli orientamenti della Cassazione
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La Corte di Cassazione con l'ordinanza 13-18 ottobre 2021, n. 28646 ha affrontato il tema della restituzione di quanto ricevuto dall'ex coniuge a titolo di assegno divorzile, ove venga accertato che esso assegno non era dovuto.L'obbligo scatta fin dal giorno del primo pagamento se è accertata l'insussistenza del diritto ab origine.
Nel caso in esame il giudice di primo grado aveva concesso a favore della moglie richiedente un assegno divorzile in virtù della forte sproporzione reddituale tra le parti. La Corte di Appello confermava la decisione. Il marito ricorreva quindi in Cassazione.
La Corte suprema, disponeva il rinvio ai giudici territoriali affinché si attenessero ai principi affermati dalla sentenza 11504/2017 con la quale si escludeva, ai fini del riconoscimento dell'assegno divorzile, l'utilizzo del parametro del tenore di vita goduto dall'ex coniuge.
I giudici del rinvio disponevano la revoca dell'assegno divorzile condannando la donna alla restituzione di quanto percepito con decorrenza dalla data di deposito dell'ordinanza della Cassazione, poiché il mutato orientamento giurisprudenziale avrebbe posto la donna in una situazione di buona fede.
Anche contro la seconda sentenza, il marito ricorreva in Cassazione.
Il ricorso si basava sulla decorrenza della condanna di restituzione. Avendo la Corte accertato ab origine, la carenza del presupposto per il riconoscimento dell'assegno, avrebbe contraddittoriamente disposto la restituzione solo di una piccola parte delle notevoli somme percepite dall'ex coniuge, che non poteva essere considerato in buona fede.
Il ricorso incidentale della moglie si basava, al contrario, sulla mancata applicazione nel corso del giudizio di rinvio, del criterio composito elaborato dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 18287/2018 secondo cui all'assegno divorzile deve essere attribuita natura assistenziale, compensativa e perequativa.
Il ricorso della ex moglie è stato ritenuto inammissibile. La Cassazione ha stabilito che il giudice del rinvio, in seguito ad annullamento della decisione di merito, deve rigorosamente attenersi al principio stabilito dalla Corte di Cassazione. Tale principio si basava sull'attuale orientamento interpretativo che si basava sulla distinzione tra criteri attributivi e determinativi per il riconoscimento dell'assegno divorzile in forza del quale se è carente il presupposto dell'an debeatur – la mancanza di autosufficienza economica – non si passa alla seconda fase dell'accertamento, quella del quantum debeatur.
Pure essendo intervenuta in seguito l'interpretazione delle sezioni unite del 2018, in assenza di fatti nuovi sopravvenuti, il cambiamento di orientamento di per sé non può essere posto a base delle decisioni.
La Corte di Appello aveva accertato che i mezzi economici dell'ex coniuge fossero idonei a mantenere uno stile di vita dignitoso.
Insussistenza del diritto all'assegno divorzile
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Secondo la Cassazione, l'insussistenza del diritto all'assegno divorzile comporta che lo stesso non sia dovuto dal momento in cui il beneficiario ha iniziato a ricevere dette somme, risultate poi non dovute.Nel caso di restituzione di somme versate in adempimento di una sentenza o di un provvedimento provvisoriamente esecutivo modificato in sede di gravame, non rileva lo stato di buona o mala fede, poiché chi ha ricevuto lo ha fatto con la consapevolezza della provvisorietà e modificabilità del titolo, determinando un arricchimento senza giusta causa.
Autore: Matteo Santini