Cassazione: stalking non giustificato dal lavoro del paparazzo
Condannato per stalking il paparazzo insistente e aggressivo
Confermata la condanna per stalking nei confronti del paparazzo che, al fine di ottenere servizi fotografici e intercessioni con i calciatori per realizzare i suoi servizi, ha assillato la vittima a tale punto da costringerla a cambiare le sue abitudini di vita, chiaro segnale della intrusività del reo nella vita altrui.
Questo quanto emerge dalla Cassazione n. 42856/2022 (sotto allegata).
Il cambiamento delle abitudini di vita è sintomo dell'intrusività
La Cassazione conferma la condanna per il reato di atti persecutori di cui all'art. 612 bis c.p. disposta in sede di appello, respingendo la diversa qualificazione della condotta da parte dell'imputato nel reato di natura contravvenzionale di cui all'art. 660.
Le condotte del "paparazzo" non pongono dubbi sulla loro riconducibilità al reato di stalking, visto che hanno comportato una alterazione delle abitudini di vita della persona offesa.
Nel giudizio sono stati provati frequenti appostamenti all'ingresso dell'ufficio e in altri luoghi frequentati dalla vittima per motivi di lavoro, telefonate insistenti per avere notizie sui calciatori, inseguimenti in auto, pretese moleste affinché la stessa si adoperasse per ottenere servizi fotografici dei calciatori e insulti pubblici e aggressivi per non aver ottenuto quanto richiesto.
Correttamente la Corte ha valutato l'impatto di tali comportamenti nella vita quotidiana della persona offesa, che ha dovuto cercare luoghi diversi e più tranquilli per ricevere i clienti, bloccare le telefonate in entrata e non utilizzare più la sua auto per recarsi nei luoghi che doveva frequentare per lavoro.
Del resto la Consulta ha precisato che "il riferimento del legislatore alle abitudini di vita costituisce un chiaro e verificabile rinvio al complesso dei comportamenti che una persona solitamente mantiene nell'ambito familiare, sociale e lavorativo, e che la vittima è costretta a mutare a seguito dell'intrusione rappresentata dall'attività persecutoria, mutamento di cui l'agente deve avere consapevolezza ed essersi rappresentato, trattandosi di reato per l'appunto punibile solo a titolo di dolo."
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Data: 12/11/2022 07:00:00Autore: Annamaria Villafrate